giovedì 29 settembre 2005

Algida

Algida
Sillabazione/Fonetica : [àl-gi-da]
Etimologia: Dal lat. algi°du(m), deriv. di algìre 'avere freddo, essere freddo.

Definizione:
agg. 1 (lett.) freddo, gelato 2 (med.) si dice di stato patologico che comporta forte abbassamento della temperatura superficiale (p. e. nel colera, nel tifo).


Una donna algida si avvicina, è bella con i capelli fluenti, è giovane con la pelle incredibilmente liscia.
Sta seduta in una posizione di tre quarti rispetto a me, le sue braccia sono vicine alle mie.

Improvvisamente un gesto; compaiono fra le sue mani un paio di manette e con un rapido movimento le fa scattare sui miei polsi.
...Ha provato a farle scattare sui miei polsi, qualcosa non ha funzionato, le catene sono rimaste in mano sua, il suo gioco è stato scoperto ed io sono ancora libero.

Il controllore controllato

Il meccanismo per il controllo è pienamente dispiegato. Gli agenti segreti sono sguinzagliati, le spie scelte sono infiltrate, gli strumenti per la raccolta dei dati ambientali, le cimici e le microtelecamere, sono state piazzate con cura.
Dalla sua sala di regia il "controllore" è soddisfatto, gli sembra che la trappola sia pronta, osserva compiaciuto le pareti piene di monitor e di strumentazione. Lui è comodamente seduto nella sedia girevole e da lì sarà in grado di mantenere il suo potere.

In un altro punto della città, in un'altra stanza, la donna parla con il suo amico; il suo tono è rilassato e decisamente ironico e rivolgendosi al presunto controllore come se fosse lì vicino e potesse ascoltarla, dice: "In realtà siamo noi che controlliamo te. Finchè te ne stai lì in quel bunker a guardare i tuoi monitor, siamo noi che sappiamo dove sei e cosa fai, noi abbiamo ingannato te e non viceversa, ti abbiamo confinato in uno spazio chiuso, lì rimarrai con le tue inutili sofisticate apparecchiature".

(sogno)

L'eredità disputata

(sogno)

Un uomo molto ricco è morto. Sono veramente molti quelli che vorrebbero prendere possesso della sua eredità. Ci sono dispute, discussioni legali, ricerche di prove, pile di documenti che passano di mano in mano.
Fra quei fascicoli c'è il pezzo di carta giusto, quello che farebbe diventare milionario il suo possessore, se solo sapesse di averlo davanti agli occhi, ma non è facile riconoscerlo, la fortuna passa di mano in mano, da ufficio ad ufficio senza essere riconosciuta.
Ma la ricerca continua tra sospetti e diffidenze che trasformano gli eventi in una caccia, fra inseguimenti per le strade e le piazze del borgo, irruzioni in appartamenti arrampicati sui tetti e pedinamenti.

Uno di questi uomini, improvvisamente si ferma al centro della piccola piazza circondata da antiche case ristrutturate con tenui colori e ornate da balconi fioriti.
Si ferma e improvvisamente una grande rivelazione lo illumina, più che altro una grande consapevolezza: c'è l'amore della sua vita e sa chi è; contemporaneamente mettendo insieme tutte le informazioni raccolte fino a quel momento, capisce che l'eredità che sta cercando non ammonta a due milioni, ma una cifra ancora più astronomica, una cifra che potrebbe totalmente cambiare la vita: duemila milioni!

domenica 25 settembre 2005

Ogni giorno introdurre qualcosa di nuovo

Dovete continuare a crescere e a progredire. Ogni giorno dovete introdurre qualcosa di nuovo nella vostra vita. La vostra responsabilità principale è nei confronti di voi stessi. Se non la pensate così, non potete dare niente a nessuno. Potete dare soltanto ciò che avete. Se diventate vivi, se attraversate il mondo a passo di danza, facendo cose pazze, diventate affascinanti. È l'affinità che ci avvicina, ma è la novità che ci tiene insieme. Siate saggi, siate stimolanti, siate eccitanti, condividete idee nuove, crescete, progredite, evolvetevi. Non siate mai prevedibili!

By Leo Buscaglia

Secondo me occorre però una precisazione: il "dovete continuare a crescere..." non può essere un imperativo interno, altrimenti diventa perfezionismo e onnipontenza, che si trasforma in frustazione e ansia per poi lasciare depressione e sfiducia.
In altri parti del suo messaggio Buscaglia esalta il valore della CONSAPEVOLEZZA verso se stessi.
E' attraverso questo canale che ogni giorno si può introdurre qualcosa di nuovo nella propria vita.
Sapete a cosa penso?
Cambiare i biscotti con cui si fa colazione, una piccola deviazione nel percorso abituale per andare al lavoro, salire a piedi al terzo piano invece che aspettare l'ascensore, uscire a portare la spazzatura invece di delegare un figlio...

venerdì 23 settembre 2005

Un piano che salta

Ecco una prospettiva di cambiamento non prevista!
Un collega sul quale hai puntato, che hai cercato di motivare in vista dei progetti futuri, rifiuta l'aumento (!) perchè non gli sembra adeguato, decide di mettersi in contrasto con l'azienda, si capisce che vuole trovare il modo per farsi dimettere ricavandone il massimo risultato.

I tuoi piani saltano; occore tamponare la situazione, impedire che si crei un buco che impedisca al sistema di funzionare o di paralizzarsi, trovare una nuova strategia, cercare un possibile sostituto. La paura di fare una brutta figura e di essere ritenuto responsabile della piega che prendono gli avvenimenti, si affaccia...

Appunto, non tutti i cambiamenti sono voluti o amati.
L'importante è che scatti il meccanismo di adattamento, il vecchio status non c'è più e rimpiangerlo porta solo frustrazione, il nuovo non c'è ancora e ancora bisogna elaborarlo; si sta nel mezzo del guado, bisogna lasciare spazio alla creatività interna...

Nella tecnologia informatica ci sono delle tecniche di ridondanza per salvaguardare la continuità di funzionamento dei sistemi e per la salvaguardia delle informazioni contenute.
Per quanto riguarda gli hard disk, per esempio, si utilizza il RAID.
Ogni disco contiene, per così dire, un pezzetto di informazione già memorizzato negli altri; si fa in modo che se uno o più dispositivi si rompino, gli altri siano in grado di ricostruire, tutti insieme, il contenuto originale.
Se questo fosse possibile per gli uomini, sarebbe MATRIX.
Non è così non siamo intercambiabili, allora bisogna saper navigare anche nei mari dell'incertezza, del temporaneo, del divenire, nel non ancora pronto.
Ce la posso fare.

sabato 17 settembre 2005

Autosservazione

un brano di Anthony de Mello

"Qual è la cosa più importante in assoluto? Si chiama autosservazione. [...] Non significa essere assorti nei propri problemi, essere preoccupati di sé. Non è di questo che sto parlando: parlo dell'autosservazione. E cosa sarebbe? Significa osservare tutto ciò che è all'interno di noi stessi e intorno a noi, fino al punto più estremo, e osservarlo come se accadesse a qualcun altro.Cosa significa quest'ultima frase? Significa che non si personalizza quel che ci accade. Significa guardare alle cose come se non si avesse alcun legame con esse. Il motivo per cui soffrite a causa della vostra depressione e delle vostre ansie è che vi identificate con esse. Dite: «Sono depresso». Ma ciò è falso. Voi non siete depressi. Se voleste essere precisi, potreste dire: «In questo momento sto attraversando una fase di depressione». Non è invece corretto dire: «Sono depresso». Voi non siete la vostra depressione. Non si tratta che di una sorta di inganno della mente, uno strano tipo di illusione. Siete stati indotti a pensare - pur non essendone consci - che siete voi la vostra depressione, che siete voi le vostre ansie, che siete voi la vostra gioia e le emozioni che provate. «Sono contento!». Di certo non siete contenti. Può darsi che la contentezza sia dentro di voi in questo momento, ma aspettate un po', e le cose cambieranno; non durerà: non dura mai; le cose cambiano di continuo, cambiano sempre. Le nubi vanno e vengono: alcune sono nere e altre bianche, alcune grandi, altre piccole. Se vogliamo seguire l'analogia, voi sareste il cielo, intento a osservare le nubi. Sareste osservatori passivi, distaccati. So che questo atteggiamento può essere per voi assurdo, soprattutto nella cultura occidentale. Non interferite. Non dovete farlo. Non «fissate» nulla. Guardate! Osservate! Il problema della gente è che si affanna a fissare cose che non riesce nemmeno a capire. Siamo sempre lì a fissare delle cose, non è vero? Non ci viene mai in mente che le cose non hanno bisogno di essere fissate, assolutamente. Questa è una grande illuminazione. Le cose devono essere capite: se le si capissero, cambierebbero".

Rileggere De Mello è sempre una grande emozione, il suo insistere sulla Consapevolezza attraverso la quale arriva, il Cambiamento: un cambiamento non costretto, non violentemente voluto, non passeggero, non lacerante, ma graduale, libero da tensioni e soprattutto profondo, anzi profondamente concordato con se stessi.

giovedì 15 settembre 2005

Separazione

In questo periodo quando penso alla "separazione" mi vengono in mente due tipi di distacchi, per così dire, sani.

Il primo distacco sano è quello dei figli: ecco mi immagino Marianna che ad un certo punto si staccherà dalla famiglia di origine, andrà in una sua casa, formerà il suo nuovo nucleo familiare.
[Veramente, quello con i figli è un distacco che è cominciato poco dopo la loro nascita (e non sono la mamma!)].
E', secondo me, un distacco sano; se i genitori hanno maturato il loro amore perchè sia fecondo non possessivo e se i figli hanno perdonato o sono sulla strada per perdonare i loro genitori.
Ma non è un distacco definitivo; mi immagino ancora Marianna che una volta alla settimana, o in qualche festa e comunque ogni volta che lo desidera, torna, per un po', alla sua vecchia famiglia, che comunque non smetterà di accoglierla, e lì potrà consumare un pasto senza indaffararsi in cucina, o potrà contare su un'ora di ricordi con i fratelli, o misurare attraverso oggetti e spazi familiari i confini della bambina che è ancora in lei e così via.
Il secondo distacco sano è la morte dei propri genitori. Purtroppo qui non si torna indietro, non c'è più un pasto caldo, o una spalla pronta a prescindere.
Ma è un distacco sano se il figlio ha perdonato i suoi genitori (vedi "Figli per sempre") e lo è ancora di più se il genitore ha potuto o saputo preparare i figli a questo distacco.
Idealmente, ma tanto idealmente, penso ad una mamma, nel letto di casa, che chiama i figli e comunica gli ultimi segreti con quali saranno pronti a completare il loro futuro.
"E' l'ultima volta che ci vediamo, ma state sereni, è certo che ce la farete, io rimango in voi per sempre".
Poco spesso le cose vanno così, ma anche in questo caso, c'è spazio e tempo per ricostruire dentro di sè, prima o dopo, questo ideale dialogo. Renderlo vero anche se il papà e la mamma non ci sono più.

Il mio nome

Anche dietro il mio nome, c'è una storia.
Al battesimo e all'anagrafe, risulto essere Vincenzo Ferdinando.

Sul primo nome non poteva essere diversamente, Vincenzo è il nonno paterno, il papà di Toledo. La mia famiglia d'origine non poteva certo sottrarsi alle precise leggi della tradizione siciliana.
Ferdinando non è il nome del papà materno (che era Emanuele) ma del bisnonno da parte dei Trichini.
Il secondo nome si è subito arenato nelle pagine delle anagrafi e non è mai uscito da lì, non ha storia.
Per quanto riguarda Vincenzo invece interviene il carattere della mamma Salvina che mal sopportava i diminutivi del dialetto siciliano che producevano storpiature dei nomi veramente dissonanti.
E allora devo aprire un'altra parentesi: il vero nome della mamma era Salvatrice, che in siciliano diventa Turidda o Turuzza (Salvatricina o Salvatricella!). Effettivamente sa di chiuso e gretto, inapplicabile alla vitalità e alla esuberanza di quella ragazza che poi sarebbe diventata la mia mamma. Così come tante altre coetanee decise di farsi chiamare Salvina.

Putroppo per lei il problema le si ripresentò quando nacqui io. Vincenzo diventa automaticamente Vincenzuzzo. Mi immagino l'orrore della Salvina!
Allora nacque il compromesso di casa Trichini. Ufficialmente, Vincenzo, nome reale utilizzato tassativamente e senza deroghe: Enzo.
Enzo, per tantissimi anni mi sono conosciuto solo con questo nome.
Anche l'impatto con la scuola non cambiò la situazione; Vincenzo era un'appendice alla quale non prestavo attenzione, anche perchè ero impegnato anno per anno e persona per persona (lo sono ancora) a correggere e specificare che mi chiamo Trìchini e non Trichìni.
C'è da stare certi che se qualcuno avesse chiamato Vincenzo Trichìni, non avrei neanche alzato la testa...

Sono arrivato all'età adulta con lo stesso assetto, spingendo tutti gli amici a chiamarmi Enzo e relegando Vincenzo solo alle occasioni ufficiali e alla "business card".

Ma il cambiamento è sempre dietro l'angolo e ad un certo punto, si fa strada l'idea che le condizioni non sono più quelle del 1953, che nessuno potrà storpiare in Vincenzuzzo il mio nome, che Vincenzo non è affatto male. Pensa, Vincenzo di Vittoria, il Vincente di Vittoria. Vincente di non so che, ma tant'è suona bene.
Anche qualche conoscenza lavorativa di persone di lingua inglese ha contribuito alla riabilitazione: Vìn-gèn-zoù. Ridicolo ma intrigante.

Oggi sono in grado di gestire il doppio nome, chiamatemi Enzo o Vincenzo mi girerò ad ascoltarvi.
Se poi qualcuno in vena di affetto mi chiama Enzino, gongolo, un po' di nascosto.

Tradizionalista o Progressista

Non voglio parlare di politica!
In passato, ho sempre pensato a me stesso come a una persona tradizionalista, un po' perchè così si viene catalogati quando si crede in valori come la famiglia o la fede, ma soprattutto perchè consideravo la mia necessità di avere punti di riferimento costanti.
Parlo di piccole cose che fanno la vita quotidiana: comprare il giornale nella stessa edicola, alzarsi eseguendo gli stessi gesti, affezionarsi ad una trasmissione radiofonica, scaldare l'acqua del the nello stesso pentolino, e così via.
Poi ho dovuto rivedere questa mia autovalutazione, non fosse altro per il numero di abitazioni cambiate, per il numero di aziende in cui ho lavorato, per aver messo alle spalle una esperienza spirituale troppo aggressiva, per aver saputo buttare uno, due, tanti occhi sul risvolto interno della mia testolina. Quindi parlo di grossi cambiamenti, mica di bruscolini!
Di fronte a nuove forti motivazioni ho sempre trovato lo stimolo per affrontare le discontinuità.
E' un tema che mi è caro perchè mi riporta a quello delle separazioni, argomento sul quale sono ricco di bagaglio...
Insomma tra le mie qualità in un autocurriculum aggiungerei: capacità di gestire il cambiamento, capacità di adattarsi alle nuove situazioni che si presentano.
Ho una mia teoria sul perchè: forse che dentro di me non continua a vivere "Enzo mangialegnate"?
Chi è "Enzo mangialegnate"?
Io personalmente, non lo ricordo, ma è il soprannome con cui mi chiamava la mamma quando ancora abitavamo in Sicilia (fino a quattro anni).
Dicono che fosse un terremoto unico, con campionari di topi morti portati per la coda in casa, incendio di fascine, ferite con attrezzi pericolosissimi.
Amici vicini e lontani, sappiate che dietro quella persona spesso così disponibile, abitudinaria, qualche volta pignola e tanto a buon modo, c'è "Enzo MangiaLegnate".
Ogni cambiamento è possibile (almeno fino a 98 anni).

venerdì 9 settembre 2005

Robot

Nel laboratorio tutto è pronto per il collaudo dell'ultima generazione di robot.
Si distinguono dalle precedenti serie per la loro dimensione ridotta e la loro versatilità. Ma la vera novità è la messa a punto degli algoritmi che permetteranno loro di modificare il comportamento adattandosi alle mutevoli condizioni esterne.
Qualcuno dubita, qualcuno ha paura perchè intuisce il pericolo.



Sono passati pochi istanti dall'accensione e già tutti i dubbi sono svaniti, è vero sanno cambiare la loro forma, anzi sanno evolvere con grande, troppa rapidità.
Sono piccoli ma il loro atteggiamento è inequivocabile: sono ostili.
"Spegni tutto" grida qualcuno,
"Taglia i contatti" conferma un altro scienziato.
C'è una esitazione di troppo, un moto di curiosità che fa ritardare di pochi secondi ancora l'operazione di disattivazione.
Poi un silenzio denso di paura, forse di sollievo, un breve sollievo perchè le macchine si rimettono in moto autonomamente; in quei pochi attimi avevano già elaborato una strategia di adattamento e ora ricominciano a muoversi, crescono in numero e dimensione, evolvono.
Sono diventate piccole macchine volanti che qualcuno potrebbe scambiare per modellini di aereo. Volano, volano intorno agli scienziati, si preparano ad una nuova mossa.

Qualcuno riesce a catturarne uno a imprigionarlo nelle sue mani. Per farne cosa? Non c'è tempo, il robot sta già mutando, ha preso atto della nuova situazione e sviluppa nuove articolazioni, nuove armi di offesa.

Panico: situazione fuori controllo.

Per la loro distruzione occorrerà l'intervento delle astronavi, ci sarà un duro prezzo da pagare.

giovedì 8 settembre 2005

Il viale del tramonto


L’uomo passeggia lungo un viale del grande giardino all’italiana, in lontananza si intravvedono le forme del lago e la lunga catena dei monti che raccolgono le sue acque; le foglie delle piante ornamentali hanno già il colore caldo dell’autunno e nella voce dell’uomo c’è una forte venatura di tristezza.
Accanto a lui una donna ascolta il suo lamento.
Lui sta raccontando quanto sia difficile separarsi da lei, ma è una nenia che non finisce più.
Allora lei rompe gli indugi: non è più il tempo di trascinare così a lungo questa situazione, questo sarà l’ultimo loro incontro.
L’uomo non si aspettava questa svolta; in un attimo una forte emozione attraversa il tutto suo corpo, come un brivido capace di risvegliare dal torpore che aveva lasciato l’estate.
Segue un breve ma intenso silenzio; quello che parla pochi secondi dopo è un uomo che ha cambiato tonalità nella voce e nell'aspetto, l’autunno improvvisamente sembra fare meno paura.
Ora l'uomo sembra più disponibile ad ascoltare e la donna può raccontagli qualcosa che riguarda il giardino in cui continuano a passeggiare. Le siepi opportunamente tagliate e sagomate compongono delle parole che rimangono scolpite: sono i messaggi lasciati da tutti quei musicisti che, al termine della loro carriera, sono approdati in questo luogo dorato.
Sono parole piene di poesia e di tenue felicità.

(sogno)

La vecchina

La vecchina viveva ai margini del bosco in un radura circondata da alti alberi e radici invadenti, il suo nome era Marisa, la sua casa era una baracca di legno oramai malandata e cadente. Con lei non c’era nessuno, era completamente sola, malata e senza più niente.
Purtroppo è stata trovata senza vita.

Mi sono svegliato con la certezza che la vecchina del sogno fosse Marianna. Il tempo della sua completa autonomia si avvicina…e il papà ha paura di perderla.

(sogno)