giovedì 19 gennaio 2006

Un terrazzino inondato di sole

Era il 1957 quando lasciammo la Sicilia.
Il papà mi raccontava che riuscire a mantenere la famiglia con il suo lavoro di ebanista diventava sempre più difficile. Costruiva mobili ma i contadini non avevano i soldi per pagarlo se il raccolto andava male, e poi lui non si sentiva tagliato per il lavoro in proprio.
Un conoscente aveva già fatto il grande salto e aveva aperto un laboratorio di falegnameria a Genova, anzi per la precisione a Nervi.
Appunto a Nervi! Poteva andare peggio: una periferia degradata o un centro storico fatiscente.
Qualche giorno fa ho scattato una foto dall'esterno di quella che era stata la nostra prima casa in affitto; intendo dire che per un intero anno avevamo girovagato da una camera ad un'altra e nonostante avessi meno di cinque anni, ricordo il nostro armadio fatto da un bastone in legno appoggiato sullo schienale di due sedie, le cucine da condividere con antipaticissime padrone di casa, la costrizione di rimanere spesso chiuso in camera (per favore senza fare troppo rumore), io che ero abituato a scorazzare per le strade impolverate e sconnesse di Vittoria, io irrefrenabile bambino soprannominato Enzo Mangialegnate.

Ecco, finalmente avevamo una casa nostra!
Però non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze, quella che oggi è una deliziosa villetta ristrutturata, allora era una vecchia casa scolorita, nella quale noi abitavamo l'ultimo piano, cioè due minuscole stanze; io penso che non saranno stati più di trenta metriquadrati, un gabinetto un metro per un metro, alla turca che, come spesso succedeva allora, si apriva direttamente sulla cucina.
L'unica cosa di veramente impagabile era il terrazzino, inondato di sole, dal quale si vedeva tutto il golfo del Paradiso. Non so quanto tempo ho passato a giocarci con le mie macchinine di latta e i soldatini. E sotto, il vicoletto, dove non passavano le macchine e dove, finalmente, potevo tornare a trascorre qualche ora all'aperto senza pericoli.

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