martedì 21 febbraio 2006

Il Mostro

(Sogno del 20/2)

L’orrenda creatura, penetrava nell’edificio abbattendo mobili, specchi e tramezze come se fossero fatti di polistirolo. La sua furia era implacabile. Come si poteva arginare quell’avanzata senza armi? Cosa serviva accatastare oggetti davanti alle porte per ostacolare la sua avanzata se era in grado di abbattere un muro di mattoni con pochi colpi? Alto oltre due metri, con un grugno vagamente umanoide, ricoperto di peli, sembrava la brutta copia di un mostro da un film fantasy.

Nella continua ritirata di stanza in stanza, lo si poteva vedere in azione attraverso il cortile interno. Prima al piano di sotto, poi nell’ala di fronte: dietro di lui solo macerie.
Una stanza con le armature medioevali, poteva essere l’ultima disperata difesa: le lame rotanti, gli elmi e i corpetti luccicanti, le catene con le mazze appuntite.

Ma è un’illusione di un attimo; ormai è troppo tardi, bisogna sgombrare in fretta: le colonne portanti e i tetti crollano sotto i colpi senza tregua del brutale ominide.

Pochi minuti dopo, riparato da quel che rimaneva in piedi di una parete, guardavo l’inquieta creatura dimenarsi nella spiaggia sassosa, ancora affamata di distruzione, in cerca di altro materiale su cui placare la sua distruttività.

Ora non ho più niente, nessuna idea, nessun mezzo per contrastarlo.
Accanto a me brandelli di carne attaccati ad un osso di un grosso animale abbattuto; senza pensare al perché, senza riflettere sulle conseguenze di un gesto che mi avrebbe messo allo scoperto e avrebbe potuto attirare l’attenzione del mostro verso di me, scaglio con tutte le mie forze quell’avanzo, verso di lui.
La mira è sbagliata, il bersaglio mancato; l’osso e quello che ci rimane attaccato finiscono nell’acqua.

Il bestione, alza lo sguardo vede la traiettoria, forse sente l’odore di un possibile pasto, allora si tuffa, all’inseguimento della sua improvvisa selvaggina. Uno spruzzo d’acqua gigantesco, contemporaneo al tonfo del suo impatto con l’acqua, un tramestio, un dimenarsi scomposto.
Il silenzio.
Sulla superficie del mare ritornata piatta, non c’è più nulla.
Il mostro è stato inghiottito. Non sapeva nuotare e non sapeva valutare il pericolo, è annegato.
Proprio quando non sapevo più cosa fare, la soluzione è arrivata quasi da sola.
Quasi.

Prima ho pensato che questo sogno fosse un segnale interiore di questo tipo: "Vedi? Quando tutto sembra perduto, non bisogna disperare; bisogna lasciarsi andare perchè da qualche parte le capacità per sconfiggere i mostri della vita ci sono".
Poi però ho pensato: "Chi è il mostro del sogno?"
Oh, oh! Ma sono io!
Ma sì, più ci penso più me ne convinco: sono io; quella parte di me che vorrebbe risolvere tutte le controversie e gli intralci, abbattendoli!
Sai che la prospettiva cambia?
In fondo non era mica così cattivo quel mostro! Anzi direi che casomai era un po' imbranato, con quel suo dimenarsi continuo, senza una reale strategia di malvagità, capace solo di fare un po' di confusione e danni. Sembra il lupo cattivo della fiaba di cappuccetto rosso, quello che ingoia le sue vittime senza masticarle così che il cacciatore può estrarre dalla sua pancia sane e salve bimba e nonna.
In fondo bastava solo lasciargli lo spazio necessario a sfogarsi e poi basta una polpetta per farlo ritornare negli abissi.

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