lunedì 26 novembre 2007

Gli esami

esiste un modo di dire: "Gli esami non finiscono mai".
Non dovrebbe essere così, al contrario, sono sempre troppi gli esami a cui siamo sottoposti, o ai quali ci sottoponiamo da soli in una sorta di accanimento molesto.
Anche senza essere esperti è fin troppo facile associare ad un sogno sugli esami da superare, un momento di incertezza, l'idea che quello che si sta facendo è legato ad un giudizio esterno che condizionerà il proprio futuro.
E' un sogno che cade in un periodo di attività lavorativa frenetica legata alla contingenza di una cessione d'azienda: un nuovo ruolo da trovare, nuovi interlocutori, il desiderio di essere apprezzato.

Comunque un messaggio dall'interno a cui rispondere, rispolverando le tecniche della lentezza, moltiplicando le micro occasioni per svincolarsi dalla prigione del "rendimento" a cottimo.
Che meraviglia quando si riesce a dire a se stessi : "E finalmente basta esami!".


L'orologio sulla parete dell'aula che ospita gli esaminandi scorre inesorabile. Il mio elaborato è ancora in bianco, non riesco a capire neppure il significato della domanda, figuriamoci abbozzare una soluzione. Mi decido a intraprendere l'unica strada percorribile: copiare. Estraggo un foglio nascosto fra le pieghe di un libro, contiene passo-passo tutti i passaggi per completare l'esercizio. E' incredibile ma anche così, anche con i risultati davanti agli occhi, il quesito e il procedimento mi risultano completamente oscuri. Procedo come se dovessi ricalcare un disegno con la carta velina e copio schemi e formule incomprensibili. Un membro della commissione si avvicina al mio banco, precipitosamente nascondo con un braccio il foglietto, mentre l'esaminatore scruta il mio elaborato e compiaciuto mi incoraggia: "Bravo, sei sulla strada giusta". Già ma ora ci vorrebbe, da parte mia, una domanda, un'osservazione qualsiasi per confermare la mia capacità. In realtà rimango assolutamente muto incapace di commentare un qualcosa sul quale non ci capisco niente.
(sogno 26/11)

giovedì 22 novembre 2007

Come sei diventato blogger?

Come sei diventato blogger?

Ricevo da Riccardo e rispondo con piacere alle domande, di questo "meme" il cui percorso inverso è il seguente:
ricevuto da P|xeL , lui lo ha ricevuto da Napolux, che lo ricevuto da Julius

Cosa ti ha spinto a creare un blog?

Ad un certo punto della mia vita pensavo di aver fatto delle scelte definitive. Pensavo che non sarei più cambiato (e neanche lo desideravo). Ma grazie ad una grande difficoltà, ho riscoperto le mie radici. Ad un certo punto ho sentito il bisogno di fissare da qualche parte le idee che mi bollivano dentro e trovandomi più a mio agio con una tastiera che con una penna, ecco che il blog mi è parso lo strumento giusto. Inoltre il blog mi permette di condividere i miei "cambiamenti" con quelle poche persone che mi seguono ma a cui tengo molto.

Il tuo primo post?
Risale al Giugno 2005, sfogliando il blog il primo post sembra questo disegno di papà regalo di mia figlia nel 2000 (l'originale è in vista sul mio comodino), in realtà il primo post scritto per essere un post è un sogno: l'angelo dei sogni

Il post di cui ti vergogni di più

In tutta onestà, nessuno.

Il post di cui sei più fiero

Tanti, perchè nei miei post rivelo spesso parti nascoste e ilmio lato debole, cose che di persona direi solo ad un amico di lunga data: i miei sogni, i miei ricordi d'infanzia (per esempio il tram), le mie idee.

Il prossimo livello, se desiderano rispondere, è per Paolo, MariaTeresa, Carlo, poi non mi dimentico dei miei vicini di 2000blogger jackventura, michelinux (al suo nuovo blog), Alessandro Corsini, e ioamofirenze

domenica 18 novembre 2007

Di che indirizzo sei?

Quando compili un modulo facilmente arrivi al riquadro in cui devi compilare un indirizzo.
Spesso la casella, sbrigativamente, viene etichettata con "Via", e allora tu, che abiti in un "lungoqualcosa" o in "spianata", devi barrare con la penna o specificare diversamente negli appositi spazi -che non bastano mai-.
Oppure, se il modulo è on-line, puoi aprire una cosidetta "list box" dove puoi scegliere fra varie alternative, dove non troverai mai "Scaletta" nè tanto meno "Varco". Niente di grave direte, ma un po', in fondo in fondo, infastidisce che non sia stato contemplato il tuo stradario.

Quando poi mi sono reso conto che per qualcuno esiste una specie di gerarchia sociale nel dichiarare il proprio indirizzo, allora ho capito che il problema è più serio del previsto.
Vuoi mettere - ragiona qualcuno - abitare in "Corso" o in "Viale", quanto sia socialmente qualificante rispetto all'anonimità di una "Via", "Strada", "Piazza"? Senza neanche confronto con chi dovrebbe sottovoce dire che abita in "Vicolo" o "Fossato".
Seguendo la stessa logica, chi si sente molto ambientalista dovrebbe ambire abitare in un "Poggio", al "Belvedere" o alla "Marina", affinchè la sua consapevolezza sia certificata anche all'anagrafe.
Mentre invece dovrebbe provare un senso di transitorietà e precarietà chi deve accontentarsi di "Rampa", "Accesso", "Distacco", roba da aggiungere a lato l'indirizzo di uno psicologo.

Mi sono divertito a guardare lo stradario di Genova e, salvo dimenticanze, ecco quello che ho trovato.
Ho provato a raggruppare secondo un criterio di libera associazione mentale.

viale, corso: decisamente i primi della classe, distinzione signorile e garbata.
via, strada, piazza: la banalità di tutti i giorni.
stradone: quell'accrescitivo, non inganna nessuno, anzi svela il senso di inferiorità.
piazzetta: molto trend, quando viene buio si comincia a vivere, ti spacci da giovane anche oltre i quarant'anni.
piazzale, piano, spianata, rotonda, largo: ma che convivi con i camionisti?
parco, villetta, giardini: un altro mondo, che non si abbassa a competere.
molo, calata, isola, diga, pontile marina, porticciolo: scusate ma voi sapete cos'è il mare? Fatevi la coda per venire a vederlo.
galleria, portici: la ricchezza di un tempo, quando non c'erano i centri commerciali.
sentiero, viottolo, fossato, poggio, belvedere: "là dove c'era l'erba ora c'è una città".
passo, traversa, varco, accesso, rampa, distacco: già detto, se mi scrivete vi passo l'indirizzo di un buon psicologo.
sottopasso, sottopassaggio, cavalcavia: mi spiace davvero tanto, tutto il mio cordoglio.
lungofiume, lungomare, lungoparco, lungotorrente: signori, sarà lungotorrente ma cercare di intrufolarsi con il lungomare è proprio da sfacciati!
salita, discesa, scalinata, scaletta: e va beh, ma ve la siete cercata voi, ora per la spesa alla coop non venite a disturbarmi.
crosa, crosino: se non siete di Genova domandatemi cosa sono.
vicolo, vico: il fascino della città vecchia, con le case che si scaldavano una attaccata all'altra.
porta, mura, viadotto: le vestigia del passato.

giovedì 15 novembre 2007

Roba vecchia

Le terrazze, nei tetti della citta vecchia, sono uno spettacolo nello spettacolo. Si aprono oltre porte di alluminio o di legno spesso sgangherate; panni, stesi con corde improvvisate, si alternano ad antenne tv semiarrugginite; sopra mattonelle barcollanti ondeggiano ombrelloni rabberciati; oltre la ringhiera, nei cornicioni, ciuffi d'erba consolidano le loro radici nella terra che il vento ed il tempo accumulano; altre terrazze, più in là, altri abbaini, altri panni stesi, cavi che scendono e si intersecano disordinatamente.
Magicamente l'insieme assume un aspetto affascinante, armonico e profondamente vissuto.

Nel mio sogno salgo sulla terrazza e mi guardo intorno in questo variopinto paesaggio; il mio sguardo si ferma sugli oggetti accatastati accanto al muro: roba vecchia, materassi macchiati, divani scoloriti dall'acqua e sfondati, sedie di legno sgretolate, pezzi di bicicletta sparpagliati.
Un disordìne che sa di abbandono e stride con la povera e pulita dignità degli altri tetti.

Vorrei portare via tutto questo ciarpame ma non so da dove cominciare, non so come fare...


Di quale parte vecchia di me stesso, mi devo disfare?

martedì 13 novembre 2007

domenica 11 novembre 2007

Ratatouille e... come si cambia

Ratatouille, pur essendo un cartone animato (con una animazione sbalorditiva), offre tanti spunti di riflessione.
Riporto un dialogo fra il topino Remy e il suo papà che cerca di dissuaderlo.

-> No, non ci credo, mi stai dicendo che il futuro può essere soltanto questo?

-> Sì, è così che stanno le cose, non puoi cambiare la natura.
-> Cambiare, fa parte della natura, è quella parte della natura che possiamo influenzare, e comincia solo quando lo decidiamo noi.
-> Dove vai?
-> Con un po' di fortuna, avanti!


Qui un sito per leggere Commenti, recensioni, frasi celebri ed altro.

Qui invece la La ricetta.

venerdì 9 novembre 2007

Cambiamenti azionari... e non solo

Ecco, ora la notizia è pubblicata: dal 1° Dicembre sarà pienamente operativo il passaggio di Costa Container Lines in Hamburg Sud.

Le prime voci interne in primavera, poi gli articoli sulla trattativa in corso, a partire da Agosto; da Settembre la due-diligence che precede la definizione finale della trattativa.

Mi posso un po' sbottonare e, forse, si capiscono molti sogni ansiogeni che ho cercato di fissare, nel blog, nei mesi scorsi.

E' proprio il caso di dire: Opportunità o Problema?

Ma in questo contesto non voglio affrontare l'argomento dal punto di vista professionale ma da quello strettamente umano.

Il resto lo affido al mio blog Informatica e Organizzazione.

Se c'è una cosa difficile è stare nel guado, in una di quelle situazioni in cui non hai più quello che avevi prima, le tue certezze costituite dal ruolo, dalle abitudini consolidate, dagli equilibri nei rapporti, e non hai/sai ancora il quello che verrà dopo.

Il verbo più azzeccato, secondo me è "stare".

Occorrerebbe stare. Non farsi prendere dall'ansia, non precipitare le cose, non trarre affrettate conclusioni.

Occorrerebbe continuare a proporsi positivamente. Non concentrasi sul cestino che qualcuno ti sta chiedendo di posare a terra, e neppure soffermarsi troppo su quel momento più o meno lungo in cui in mano non hai niente, ma guardare oltre per individuare il prossimo cestino che potrebbe anche essere migliore.

Appunto bisognerebbe...potrebbe...Vuol dire che qualche volta ci si riesce e qualche volta no.

Questo vale come atteggiamento interiore, perchè poi il risultato finale dipende anche da altri che decidono per te, qualche volta senza di te.

In questi giorni la morte di Enzo Biagi e la citazione di una sua frase: "Una delle cose peggiori che un uomo può fare è togliere il lavoro ad un'altra persona".


domenica 4 novembre 2007

Du iu nnou London?

Finalmente Londra!
Aggiungo un'altra bandierina alla lista delle nazioni "visitate".
E' proprio come si dice in giro. Londra è una citta cosmopolita. In questi giorni di elevata densità di turismo si sentiva parlare napoletano, veneto, romano ed emiliano!
Scherzi a parte, più dei monumenti, per quanto famosi e imponenti siano, rimane impresso soprattutto il contatto con l'ambiente: non solo etnie diverse ma anche sovrapposizione di culture completamente differenti.
Con assoluta naturalezza si incontrano donne chiuse nel loro velo islamico o avvolte dai vestiti tradizionali indo-pachistani oppure calibrate dentro strepitose minigonne mozzafiato.
Ragazzi con pantaloni penzolanti e uomini in perfetto stile "city of London". Affollati negozi di fama internazionale e poveri appiattiti contro il muro.
Perfino l'interpretazione del clima è assolutamente personale, per cui convivono nello stesso istante, indipendentemente dalla temperatura esterna, maniche corte e abbottonati giubbotti in pelle.

La cosa più complicata: comprare i francobolli.
La cosa più semplice: girare con la metropolitana.
La cosa più scontata: la cabina telefonica rossa.
Il posto più affollato: Portobello road.
Il posto più tranquillo: lungo il Tamigi.
Il posto più lontano: l'albergo ad Epping.

giovedì 1 novembre 2007

2 Novembre: le cose dei morti

Halloween: la festa più antipatica dell'anno si avvicina.
Sì, antipatica perchè piovuta dal niente, senza radici, venuta come un alieno da un altro pianeta a cancellare la ricorrenza dei "morti", la ricorrenza della commemorazione dei defunti.
Nella mia Sicilia, questa festa era molto sentita dai bambini. A casa mia i regali non arrivavano con Gesù Bambino ma con il giorno dei morti, il 2 Novembre.
La parola "morti" non aveva nessun riferimento spaventoso, nessun incubo, nessuna maschera da indossare per esorcizzare la paura.
I "morti" erano i bisnonni, i nonni, gli zii e le zie che ci avevano dato il loro affetto e che, anche se erano non più fra noi, continuavano ad amarci.
Scusate se è proprio un'altro messaggio educativo rispetto ad Halloween.

Il pathos era enorme, i preparativi dei genitori erano segreti e misteriosi c'era anche una poesia da recitare:
"Armi santi, armi santi/ io sugnu unu e vuatri tanti/ Mentri sugnu 'ni stu munnu di guai/ cosi ri morti mittitimìnni assai".
(anime sante, anime sante, io sono uno voi siete tante, mentre sono qui in questo mondo di guai, "cose dei morti" mettetemene tante)
"Le cose dei morti", sono i regali. Quella parola: "cose" è dolce e profonda come il tempo, spalanca e allarga il significato di regalo perchè racchiude tutti i valori, tutta la fatica, tutta la riconoscenza.

Ma oltre a raccogliere regali, la festa era un'occasione per mangiare dolci speciali fatti di frutti di marzapane, di marmellata solida di mele cotogne, di "canistreddi", di biscotti "crozzi ‘i mottu", (ossa di morto) e di frutta secca.

Attingo ai miei ricordi.
Trovo le corse verso la casa di Zi' Peppina, una donnina bassa e ricurva perennemente vestita di nero, che mi accoglieva sempre con grande tenerezza e mi regalava una manciata colma di dolcissima uva passa.

Trovo il racconto della Zia Mariuzza che con la voce, imita la nonna Salvatrice che dice: "Sono i morti e non gli abbiamo preso niente, la mamma è in campagna, andiamo noi a comprargli qualche cosa". Poi, segue un impreciso elenco di regali, tra cui spicca una trombetta per suonare, un carrozzino, un cavallino e tanti altri giocattoli (la zia ha delle incertezze, non ricorda più). Infine l'imitazione della mia voce di piccolo "Enzo mangialegnate" che con tono stridulo, saltellando per lo stupore e per l'eccitazione del momento, esclama: "...e sono tutti miei, sono tutttti mieeei".

per saperne di più: qui, qui, qui.