mercoledì 26 settembre 2007

Pessimismo e Felicità

Fra i tanti, ancora un racconto con protagonista Nasruddin per riflettere che cambiare atteggiamento nei confronti della vita è sempre possibile. Che nessuno è condannato a convivere con il pessimismo.

Alla fine della sua vita Mulla Nasruddin dichiarò che aveva sempre vissuto nella tristezza, ma che ora, all'improvviso, si sentiva felice. Tutti gli abitanti del villaggio rimasero sconvolti, stupiti da quella notizia: quell'uomo era sempre stato depresso, triste, aveva sempre visto il lato oscuro delle cose, come mai ora era tanto allegro. Era sempre stato un pessimista, vedeva sempre spine in ogni cosa. Una volta ebbe un raccolto eccellente: tutti i suoi meli erano carichi di frutta, e un vicino gli disse: "Ora, finalmente, non potrai lamentarti. Questo raccolto farà cadere su di te una pioggia d'oro, che mi dici, Nasruddin?" E Nasruddin, immerso nella tristezza più nera disse: "Va tutto bene, ma dove troverò ora mele marce per nutrire i maiali?" Un uomo simile sarà sempre infelice, perfino di fronte a un raccolto eccellente vede difficoltà. All'improvviso quest'uomo divenne felice, era naturale che tutto il villaggio fosse incuriosito, per cui gli chiesero in coro cosa mai fosse successo, e Nasruddin rispose: "Ho imparato a collaborare con l'inevitabilità della vita. Dopo anni di lotta, ho compreso qualcosa. Ora ho deciso che ciò che deve essere, deve essere. D'ora in poi collaborerò con l'inevitabile, per cui non ho più motivo di essere infelice. Ecco perché sono felice!"

martedì 25 settembre 2007

Verità

Nasruddin è il protagonista di una lunghissima serie di racconti della tradizione Sufi. A volte viene calato nella parte dell'idiota o dello sciocco, altre volte in quella di un grande saggio.
Comunque sia le sue storie servono sempre per riflettere.

A proposito della "Verità" argomento che ho trattato nel mio racconto "Il prisma cangiante", ecco la versione che vede protagonista Nasruddin.


Un giorno Mullah Nasruddin e il Diavolo stavano camminando e conversando amabilmente quando sul loro sentiero Nasruddin vide un frammento di Verita'. Non disse niente al Diavolo per impedire che cadesse preda dei suoi artigli, ma il Diavolo capi' e disse a Nasruddin che per lui non valeva la pena di raccogliere una scheggia cosi' piccola per nasconderla "tanto, se la raccolgono gli uomini, ci fanno subito una Chiesa ed io non corro alcun pericolo".


lunedì 24 settembre 2007

Incertezza

Eì una giornata che si preannuncia con un cielo azzurro elettrico e l'aria tersa.
Di buon mattino sono già sul molo dove intendo trascorrere qualche ora in compagnia di un avvincente libro, sotto il sole che abbronza.
Non c'è ancora nessuno, posso scegliere il posto migliore!
Sì, qui può andare bene. Qualche minuto e decido di spostarmi in un'altra posizione.
Cominciano ad arrivare persone.
Mi sposto ancora, non sono sicuro di avere sfruttato al meglio la possibilità di scegliere dove sistemermi.
Individuo dall'altra parte un buon sito, mi alzo e vado in quella direzione. Purtroppo qualcuno arriva prima di me. Rimango lì fermo, a qualche metro, a rimuginare con disappunto la mia poca prontezza.
Poi mi giro per tornare al mio posto ma oramai anche quello è occupato. Mi rendo conto che devo prendere velocemente una decisione, sono rimaste ormai poche zone libere a altra gente continua ad arrivare.
Mi affretto verso una sporgenza. Eccomi ci sono. Questo posto l'ho conquistato.
Sono effettivamente un po' stretto fra una grassa signora e un bambino invadente, ma riprendo in mano la lettura appena iniziata e provo a concentrarmi.
Un senso di fastidio mi pervade. Improvvisamente mi rendo conto che, il sole, ancora basso ad est è già sparito. Sono completamente in ombra.
Mi alzo, scuoto la fastidiosa sabbia che mi ha riempito una scarpa e me ne vado.

(sogno 20/9)

Qualcosa del genere mi è successo nella vita reale, al cinema.
MariaTeresa ed io, siamo andati a vedere Cento Chiodi di Olmi, in un piccolo cinema d'essai. Siamo entrati con qualche minuto d'anticipo e con stupore abbiamo scoperto che c'eravamo solo noi.
Abbiamo valutato dove sederci con grande calma e poi ci siamo predisposti ad una visione privata, già un po' sparapanzati.
A pochissimi minuti dall'inizio della proiezione è arrivata una nuova coppia di persone, poi ancora un'altra che si è piazzata proprio davanti a noi...
Ci siamo spostati, nel frattempo una coda di persone ininterrotta è andata riempiendo la sala e morale della favola...ho visto il film da una posizione laterale con la testa e il corpo piegati a cercare un varco visibile verso il grande schermo!

venerdì 21 settembre 2007

Sir Biss

Sir Biss diventa improvvisamente dolcile e sorridente.
Qui a sinistra il suo miglior risultato.

"O me l'ha fatta o me la deve fare"

mercoledì 19 settembre 2007

Cibo

  • Pretendere un cibo diverso da quello servito nel self-service e poi consumarlo in piedi, isolato dal resto delle persone.
  • Arrabbiarsi perché il cibo non è sufficiente per tutti i componenti della famiglia e allora procurarsi grande padella in cui friggere qualcos'altro, da soli.
  • Partecipare ad un banchetto con tante portate, dilungarsi sulla preparazione del risotto all'erba luisa, ma comprendere solo alla fine che il salone era affittato "a tempo".

(tre sogni sparsi nell'ultima settimana)



L'azione del mangiare fa parte dei bisogni primari.
I miei figli quando hanno un problema sentimentale, dicono di sentire lo stomaco chiuso.
Io invece sotto stress mangio di più, mangio male, più in fretta, non mastico.

C'è una sensazione di vuoto che il cibo può colmare. A seconda delle circostanze è possibile una reagire con un diverso tipo di eccesso.

Ma in questi tre episodi di sogni sul cibo, mi sembra prevalere il rapporto con chi il cibo lo prepara (figura che alla fine può sempre ricondursi al ruolo protettivo di una mamma).

Vedo la presenza di un bambino capriccioso:
"Voglio un cibo diverso, che sia mio e solo mio e vado a consumarlo sa solo, lontano dagli altri".
"Non hai preparato abbastanza cibo, io sono rimasto senza, è la dimostrazione che non mi ami".
E nell'ultima situazione, ancora un risentimento:
"Il cibo è buono e abbondante ma, per tutto questo, io sto pagando un prezzo troppo alto".

A proposito di risotto all'erba luisa. Ho cercato in rete se esiste una ricetta, io non l'ho trovata. Scartando i liquori e i decotti, quello che si avvicina di più sono "raviore" una ricetta del ponente ligure che prevede la preparazione di fagottini di pasta, ripieni di erbe selvatiche tra cui, appunto l'erba luisa.

venerdì 14 settembre 2007

Il Prisma

Il prisma cangiante

E' lì visibile a tutti, non si nasconde.
Tutti ne parlano, chi lo guarda, chi lo venera, chi ironizza, chi lo studia, chi ne scrive.
C'è una sola certezza: ognuno lo vede diverso.
Voglio dire, se davanti a te hai una tazza gialla e chiedi al tuo vicino cos'è, ti dirà che è una tazza, tutt'al più la forma gli potrà sembrare bizzarra, ma entrambi direte che è gialla, che è capiente o non lo è affatto, e su questo punto, eventualmente, ci sarà solo bisogno di mettersi d'accordo su cos'è capiente rispetto a che cosa.
Ma se davanti ad una tazza gialla, un'altro comincia a dire che è un coltello, un altro che è un armadio, e così via, la cosa non vi sembrerebbe affatto normale.
Ebbene le cose stanno proprio in questi termini.
In quel mondo, in quel tempo, quel particolare oggetto ha questa proprietà: ognuno lo vede diverso!
Così, succede che, coloro che condividono la stessa percezione, si aggregano per fare gruppo e si sentono solidali fra loro.
Più sono, più si sentono rafforzati nelle loro certezze, si radicalizza e si rafforza in loro quel particolare tipo di percezione. Si tramandano la loro verità sul prisma, attraverso scuole, libri, parlatori-girovaghi.

Ma come spiegare la differenza fra chi vede il prisma come una cosa vagamente sferica e chi invece si indigna perchè è inequivocabilmente assimilabile a un cubo?
Oppure, come conciliare le posizioni di chi, avendolo toccato, riceve al tatto la stessa sensazione di morbidezza di una spugna immersa nell'acqua o di chi ne avverte la forza, l'impenetrabilità, la durezza?
Sarà vero che emana calore o bisognerebbe credere a quelli che insegnano ad assaporarne i lievi profumi? C'è da fidarsi della propria percezione più di quella degli altri?

Mi chiedete se c'è qualcuno che bara. Certo che c'è qualcuno che bara! Qualcuno che per convenienza, per debolezza, per tornaconto, per superficialità si schiera di qui o di là, più in sa o più in drè.
C'erano perfino ciechi che dicevano di vederlo in tutta la sua opacità e sordi che giuravano di sentire l'emissione di un sibilo provenire dalle sue profondità.
Ma il fenomeno era troppo vasto per essere spiegato con un complotto o con la malafede generale!

Veramente, bisogna ammettere che, in buona fede, quel prisma si manifestava in maniera differente alla gente, indipendentemente che fosse colta o analfabeta, che provenisse dalle antiche regioni del centro o dai nuovi popoli del dentro.
La questione andava avanti da molto tempo.
Molto tempo significa: migliaia di anni.
Generazioni di individui si succedevano perdendo la memoria delle proprie origini, delle proprie radici culturali, dei propri usi, dei propri eroi, ma la disputa sul prisma continuava ad infiammare senza sosta gli animi.

Che io, al quale tocca raccontare questa storia, il prisma, possa definirlo cangiante è già una interpretazione che, se fossi in quel mondo e in quel tempo, mi attirerebbe parecchi guai.
"Il prisma non è cangiante, il prisma è sempre se stesso, immutabile nel tempo, nello spazio, punto di riferimento ineffabile. Sarebbe meglio scrivere il Prisma con la "P" grande, pretendono o rassicurano alcuni gruppi.

Forse dovrei ripartire dal titolo:

Il prisma (o il Prisma) che per qualcuno è cangiante e per qualcuno no.
O se preferite:
Il Prisma (o il prisma) che per qualcuno non è cangiante per qualcuno sì.
O se preferite...
... capisco che mi devo fermare e correre qualche rischio altrimenti il mio racconto si arena appena iniziato.

Un P(p)risma. Voi pensate a un cristallo. Quegli agglomerati di materia cristallina che colpiti dalla luce del sole sparpagliano i colori come un mazzo di carte da ramino posato sul tavolo da gioco. Ma non è così, è solo la mia approssimazione, la mia incapacità di trovare le parole nel vocabolario che mi costringe ad usare questa metafora.
Cos'altro potrei dire? Che il prisma è una cosa, è un'idea, forse è viva, magari è inanimata, è un'opinione, è soprannaturale, è magica, è antica. E' colorata senza avere colori, ha forma senza avere forma, la si prova interiormente e la si descrive esteriormente. Altro non faccio che confondervi le idee.

Parlerò allora dei gruppi che si sono creati intorno alla sua definizione, anche se, in verità, non mancano i battitori liberi.
La fazione dei "caleiodoscopi" è quella che sostiene una natura deterministica dell'oggetto. Ci sono leggi ben precise, sconosciute ma rigorose che rendono il prisma cangiante. Un giorno, loro ne sono convinti, sapranno prevedere il suo stato attuale con assoluta precisione e forse, a quel punto, potranno anche controllarlo a loro piacimento, per ripetere le loro parole. E' il partito dei ricercatori neo-scientifici, secondo il loro punto di vista l'unico modello di interpretazione aperto e razionale.
Ma i membri di un'altra aggregazione, pur apprezzando la posizione dei "caleiodoscopi" perché riconosce esplicitamente il "cangiamento" sono forti assertori di una interpretazione molto più relativistica. Il prisma "è ciò che ognuno pensa che è". Bisogna, secondo loro, accettare una visione soggettiva. Per questi adepti è la sensibilità che emerge giorno per giorno dalla cultura e dal progresso, che determina l'interpretazione attuale di cosa il prisma è.
Oggi, dicono i "lanternini" (così si chiamano), emerge con assoluta evidenza che il prisma è di forma "osburgalenga" che la sua superficie è "proto matricepilena", domani si vedrà, ma sia ben chiaro che ognuno può esprimere liberamente una interpretazione differente. I "lanternini plus" aggiungono: "Purché non si pretenda di mettere la "P" grande, che non ci si intestardisca con quella vecchia tradizione della immutabilità, coloro che la sostengono sono irrimediabilmente intransigenti e intolleranti e per questo vanno messi alla gogna, sbeffeggiarti e umiliati fino a ridurli a vivere nei loro buchi e ficcargli... ".
Il gruppo a cui si riferiscono è quello dei "persemprini" che in realtà non è un gruppo compatto, ma estremamente variegato. L'unica cosa che li unisce è la "P" grande e l'immutabilità della loro interpretazione.
Il Prisma è una sfera perfetta. No, il Prisma è molti Prisma che formano un tutt'uno. Ma quando mai! Il Prisma è mio. Vecchie idee, il Prisma è l'essenza della Tenue-Energia.
E non finisce qui. E' difficile da credere, ma in quel mondo scoppiano guerre perché al grido di "Il Prisma è Grande" si uccidono gli infedeli, i quali infedeli, da parte loro, non si sentono affatto tali, perché sono convinti che il Prisma stesso ha rivelato loro la sua natura e la strada per conoscerlo.

Ora mi state chiedendo di trarre le conclusioni, di dire la mia.
Il prisma è...è prima di tutto scomodo. Perché comunque lo rigiri, trovi nuove domande e se lo guardi senza pregiudizi devi ammettere che qualunque cosa tu dica è frutto di qualche convinzione che sta a monte e che ti condiziona nel descriverlo.
Il prisma puoi solo...amarlo. Ecco, per quello che ho capito io, è l'unica cosa di veramente sensato che puoi fare. Amarlo. Amarlo perché in quell'anelito c'è tutto e ci sono tutti (con e senza "T" grande).
Solo l'Amore può contenere l'incapacità di conoscere il P(p)risma.

Ma per fortuna queste cose non succedono nel nostro mondo. Da noi non ci sono guerre che scaturiscono da diverse ideologie, religioni e tradizioni. Noi abbiamo imparato a rispettarci. Se un prisma comparisse nel nostro mondo, sapremmo accettare senza intolleranze il differente punto di vista di ognuno.
E se questo nostro punto di vista avesse delle implicazioni sociologiche o morali o economiche, sapremmo tener conto uno dell'altro. Non abbiamo bisogno di essere rigidi, di salvare a tutti i costi i principi e la faccia. A noi interessa l'uomo, il suo benessere profondo, la sua salvezza per sempre. Come siamo fortunati, noi.

PS: Vorrei pubblicare la foto del prisma ma purtroppo essendo "cangiante" e/o "immutevole", la fotocamera è riuscita a fissare solo questa immagine poco significativa.

martedì 11 settembre 2007

Ritrovarsi

"Lui è diverso, adesso. Sta trovando una strada. Con fatica ma la sta trovando (...)"
"Le persone non cambiano, Charlie". Il vecchio si girò a guardarla.
"Hai ragione. Nessuno cambia. A volte però qualcuno si ritrova".

[G.Faletti - Fuori da un evidente destino]

Sì, può essere che parlando di cambiamento interiore, questo sia in realtà, un viaggio all'interno del proprio essere per ritrovarsi e qualcuno ci riesce.

giovedì 6 settembre 2007

Santi specializzati

Visitando il museo all'aria aperta di Teodone (Brunico), mi sono imbattuto in questa riproduzione (chiedo scusa la foto è proprio venuta male).
Si potrebbe chiamarla gruppo di Santi.
La particolarità sta nella didascalia attraverso la quale il turista può imparare a rivolgersi al Santo giusto.

Ecco l'elenco completo:
1. San Dionisio (mal di testa)
2. San Biagio (mal di gola)
3. Sant'Erasmo (mal di ventre)
4. sant'Acazio (angoscia mortale)
5. San Ciriaco (demoni)
6. San Cristoforo (della buona sorte)
7. Sant'Egidio (mal caduco)
8.San Pantaleone (doglie del parto)
9. San Giorgio (morso di serpente)
10. Sant'Eustachio (colpi del destino)
11. San Vito (rabbia)
12. Santa Barbara (patrona dei militari)
13. Santa Caterina (patrona degli insegnanti)
14. Santa Margherita (patrona dei contadini)

Per quanto mi riguarda, al momento mi affido, allora, a San Cristoforo e Sant'Eustachio.

mercoledì 5 settembre 2007

L'accento al posto giusto

Nel mese di Agosto i quotidiani e telegiornali, a corto di notizie, hanno informato gli italiani che il bichìni è minacciato dal trichìni.
Premesso che il nuovo tipo di costume da bagno è molto elegante, a scanso di equivoci, preciso ufficialmente quanto segue:


Non sono io che minaccio il più famoso abbigliamento da mare. Io sono Trìchini con l'accento sulla prima vocale.

martedì 4 settembre 2007

Il commissario

Il commissario vuole sviare l'attenzione, nascondere le sue vere intenzioni.
Organizza una squadra di uomini, con gran schiamazzo li equipaggia e li avvia lungo un sentiero ben visibile.
Tra di loro solo due persone conoscono il vero scopo della messinscena.
Ad un bivio prestabilito si sfilano dal fondo del gruppo, percorrono un breve tragitto e si ricongiungono al commissario.
Il vero viaggio comincia ora. L'automobile si inoltra lungo strade desolate di aperta periferia.
Palazzi fantasma, figure geometriche ripetitive e opprimenti, si alternano ad ampi piazzali deserti.
Una campagna ferita a morte agonizza tutt'intorno. Alberi dai rami secchi e immobili, sterpaglie rinsecchite dal sole e dal degrado. Terra brulla incapace ad opporre resistenza ad qualsiasi folata di vento solleva una polvere secca.
Abbandono. Ma non è un posto disabitato, qualcuno ha dovuto adattarsi, ha dovuto fare di quell'orrore la sua casa.
La macchina si sposta lentamente, come un corpo estraneo trasporta al suo interno il commissario e i suoi uomini. Forse per la prima volta uomini che rappresentano la legge percorrono quelle strade. Lì la legge non arriva.

Cosa voleva fare il "commissario" addentrandosi in quella zona? Risanare? Sembra improbabile, sarebbe impresa al disopra le sue forze. Arrestare qualche malvivente? Non sembra plausibile, ci sarebbe voluto un esercito.
Forse voleva solo capire. Vedere con i propri occhi per sapere.
O forse, probabilmente voleva incontrare qualcuno, ma voleva farlo senza testimoni benpensanti che non avrebbero capito il suo viaggio. Lo avrebbero criticato, accusato, emarginato.
Lui è un commissario alla Montalbano che si muove fra le contraddizioni della sua Sicilia. Con amore e con dolore, vuole incontrare il lato nascosto.

(scritto impastando un sogno del 2/9)

Dentro ogni uomo c'è un posto nascosto dove i pensieri molesti, quelli asociali o quelli inconfessabili alla ragione, si accumulano. Si rifugiano, si nascondono, si raggruppano fra loro, riconoscendosi indesiderati. Ci vuole prudenza per inoltrarsi in quella desolazione. Occorre essere accompagnati, è indispensabile essere attrezzati per riconoscere lo scempio e non esserne travolti. Può solo essere un viaggio di amore e dolore.