giovedì 31 gennaio 2008

pozzanghere

"Non pestare i piedi nell'acqua delle pozzanghere!"

Cos'è che istintivamente attira i bambini - e confessiamolo - anche gli adulti, dentro le pozzanghere che la pioggia lascia agli angoli dei marciapiedi?
Certamente è un atto di ribellione e di libertà, ma è una questione di coinvolgimento dei sensi:
il rumore delle scarpe al primo contatto con il liquido: clash, sciaff;
la leggera sensazione di spofondamento sotto la superficie quando si esegue il gesto lentamente; la vista degli schizzi che esplodono in tutte le direzioni quando si assestano i colpi definitivi.
Che goduria! Che voglia di ripetere centinaia di volte quell'esercizio. Di provarlo in tutte le sue varianti possibili.
Famolo strano: con un piede, all'indietro, a piedi uniti, a singhiozzo, duro o morbido, alternato o strisciante...
Secondo me si sperimenta il "cambiamento".

Io ho sognato di fare questo gesto in un sogno del 18/1.
Magari è perchè in questo periodo faccio fatica ad accettare alcuni cambiamenti in corso...

Qui, dove ho trovato l'immagine a fianco, trovate una poesia veramente carina in inglese.


La notte dopo ho sognato le corde della palestra.
Ricordo che quando frequentavo le medie inferiori, ogni tanto, il prof di ginnastica ci proponeva l'esercizio alle funi. Non ero affatto un ragazzino atletico ma il gesto non presentava particolari difficoltà, arrivare quasi in cima era facile. Quasi, perchè impossibile era superare gli ultimi cinquanta centrimetri: Dove lo spessore della corda aumentava non sentivo più la sicurezza della mia presa. Improvvisamente temevo di poter cadere e mi fermavo ad un passo dalla sbarra superiore.

mercoledì 23 gennaio 2008

Da Zero a Tre

















C'è un modo per visualizzare con un colpo d'occhio l'evolvere di una persona durante sua esistenza?
Non sto per enunciare un trattato scientifico, ma solo provando a giocare con le parole e pochi numeri.
Secondo una mia personale visione si potrebbe riassumere il percorso di maturazione in questo modo:
  • Da 0 a 1
  • Da 1 a 2
  • Da 2 a 3

Troppo ermetico? Provo a spiegarmi.


Il primo obiettivo della vita dovrebbe essere trovare la propria identità. Certamente rappresentare la propria individualità attraverso il numero uno è spontaneo.
Si comprende così il primo cambiamento. Da zero, che è sinonimo del sentirsi un niente, di auto svalutazione, di sfiducia verso se stessi, di poca considerazione nelle proprie capacità, fino alla completa consapevolezza delle proprie risorse, capacità e valore. Essere uno è essere totalmente presente a se stesso.

Poi la vita propone un altro cambiamento. E' il passaggio dall'uno al due. Coincide con il momento in cui si avverte l'esigenza di non bastare più a se stessi: aver bisogno di una figura accanto con cui continuare il cammino. Una persona che si affianca senza togliere niente al proprio uno ma con la quale inizia una nuova fase dove all'io si aggiunge il "noi".
Non è solo questione di sesso e affetto, non è solo questione di figli, non è solo sostegno economico reciproco. E' un arricchimento di prospettive diverse; è un allargarsi degli orizzonti mentali, è la diversità accolta (sì perché la diversità, cioè i "diversi", sono la coppia uomo-donna, mentre altre unioni sono omo-qualcosa; omo=uguali).

Potrebbe sembrare abbastanza per riempire una vita, ma manca ancora un passaggio: dal due al tre. Questo cambiamento consiste nel prendere coscienza della dimensione sociale, dell'appartenenza ad un gruppo e a tanti gruppi diversi che alla fin fine racchiudono tutto il genere umano.
Non è sufficiente creare una piccola nicchia formata dalla propria famiglia; occorre partecipare alla crescita collettiva, condividere valori comuni, rinfocolare tradizioni sane, progettare cambiamenti futuri per il bene di chi verrà, migliorare le strutture, concretizzare la solidarietà e così via.

Mi piace associare a questi passaggi e cambiamenti, un brano del Vangelo, spesso mal interpretato: "Ama il prossimo come te stesso" (Mt 19,16-19).
Non vuol dire: dimenticati di te stesso (il "nada" di certi mistici è un'altra cosa), annientati per gli altri, immolati come sacrificio perenne.
Ma vuol dire: amati, stimati, cerca il tuo bene, persegui il meglio che puoi immaginare, non smettere mai di puntare alla tua felicità e nello stesso tempo fai tutte queste cose, né una di meno, né una di più, anche per il tuo prossimo.
Il concetto di prossimo, come quello dei cerchi formati da un sasso che cade nell'acqua, si allarga passo dopo passo e non esclude nessuno.

lunedì 21 gennaio 2008

La tredicesima storia

Quante storie bisogna raccontare prima di arrivare alla verità?

La tredicesima storia, ti avvince fin dalle prime righe perché è ben scritta, la lettura scorre senza sussulti e la trama è intrigante.
Sono i segreti che affiorano come fantasmi nelle vite dei personaggi a lasciarti continuamente in attesa della verità.
Suggestione e mistero avvolgono i racconti della scrittrice Vida Winter e della libraia Margaret che, chiamata a scrivere la sua biografia, reclama: "Mi racconti la verità".
E la storia comincia il suo corso attraverso i ricordi di Vida:
"Comincerò dall'inizio. Anche se l'inizio non è mai dove si pensa. Attribuiamo una tale importanza alle nostre vite da essere portati a pensare che la loro storia cominci con la nostra nascita. Prima non c'era niente, poi sono nata io...Ma non è così. Le vite umane non sono pezzi di corda che si possono districare dal groviglio delle altre e distendere separatamente".

I fatti si succedono ma il senso di incompletezza, durante tutta la lettura, non ti abbandona mai. Il "doppio" è stato separato, la gemella aspetta e si protende verso l'agognato ricongiungimento.

Forse, aggiungo io, anche chi non è gemello, aspetta la verità su se stesso, aspetta di potersi ricongiungere con quelle parti di sé che rimangono segrete per tanto tempo.

sabato 19 gennaio 2008

La scacchiera

La scacchiera: 64 tasselli ben allineati, la perfetta alternanza di chiaro e scuro. Tutto intorno un bordo rialzato che protegge il campo di sfida. Nascosto alla vista sotto la superficie di gioco, il vano che contiene i pezzi.
Pronti alla loro missione e disposti secondo le regole, stanno i cavalli, le torri, gli alfieri...
Ma questa scacchiera ha qualcosa di speciale. L'ho progettata io a 17 anni insieme ad un amico che studiava al liceo artistico, poi il papà Toledo l'ha costruita in legno per me.


Come giocatore di scacchi non valgo proprio niente, anche se a quei tempi avevo imparato le aperture standard e alcuni finali classici, ma giocare con gli amici era una sfida appassionante.
Perdere era sempre uno smacco malcelato. Non tanto perché ero una di quelle persone che non accetta mai la sconfitta, quanto perché perdere mi rendeva evidente quanto difficile fosse controllare ogni mossa e prevedere quelle successive. Mi faceva sentire un po' scemo, tutta quella concentrazione sulla mia prossima mossa e su quella ancora oltre, quando in realtà la mia torre o la mia regina erano sotto minaccia.


Comunque sia quella scacchiera per me è importante è un manufatto denso di ricordi.

Questo spiega perché qualche notte fa mi sono svegliato di soprassalto come nei peggiori incubi. Stavo infatti sognando la mia graziosa figlia, già sposata, che ridendo beatamente, attorniata da amici e amiche, si divertiva a piantare lunghi chiodi nella superficie del gioco.

Già. Chi è riuscito a far rimanere i figli dentro le regole del proprio gioco? Ma tant'è, il nascosto pensiero di vederli crescere secondo un nostro, ben studiato, progetto non ci abbandona facilmente. E allora eccoli, pronti a farci sentire degli imbecilli che concentrati sulle prossime mosse non si rendono conto che il Re, la Regina e tutta la truppa hanno già abbandonato il campo di gioco. La loro partita è da un'altra parte.

(sogno 6/01)

Amburgo

Navi dove non te le aspetti

Veliero sospeso in cielo

Risveglio

Verso il grattacielo

Altre foto e il mio breve diario nel blog come si cambia Amburgo e Amburgo(2)

mercoledì 16 gennaio 2008

Amburgo (2)

Martedi 15 Gennaio
La birra era buona, la compagnia dei colleghi anche. Se avessi potuto decidera la serata per conto mio mi sarei spinto fino al fiume Elba. Sarà per la prossima volta.
Intanto ho preso una visione di cosa vuol dire lavorare per una multinazionale. Al tavolo con me c'erano: un olandese, un malese, un brasiliano, un brasiliano che vive in Germania, un tedesco che vive in Brasile e finalmente un tedesco doc originario di Amburgo.
Se vi capita di passare di qui, il locale è JOH. ALBRECHT.


Mercoledi 16 Gennaio
L'dea buona è stata quella di saltare il pranzo con una scusa. Sono invece andato a farmi un giro nei dintorni e scattare qualche foto. Domani sera sono a casa e posso scaricarle.

Altre foto qui

lunedì 14 gennaio 2008

Amburgo

*Aggiornato con foto mie

Domenica 13 Gennaio
Terza visita ad Amburgo, stavolta sono solo, forse riesco a gestire in autonomia qualche ora serale.
Alle undici di sera ci sono 2 gradi, le strade sono deserte anche se mi trovo in una zona centrale. Punto diritto verso la piazza del municipio, il Rathouse, che ben illuminato fa proprio un bel vedere, poi mi dirigo verso il lago. Sembra di essere a Ginevra, i palazzi illuminati raddoppiano la loro luce specchiandosi nell'acqua nera.



Lunedi 14 Gennaio
Anche stasera sono in libera uscita, ne approfitto perchè il programma di domani sera prevede di visitare una fabbrica di birra insieme ai colleghi che vengono da altri paesi e dopodomani sarà una serata ufficiale.
Ne approfitto significa camminare senza meta per quasi due ore. Lungo i canali formati dal fiume Elba che si intersecano fra di loro; sbirciando da lontano le vetrine nelle lussuose vie dello shopping, passeggiando lungo il lago dove gruppi di anatre starnazzano e un paio di battelli illuminati sono pronti a ricevere i clienti in vena di una serata romantica.
Amburgo è forse la città più ricca della Germania ma anche qui, nella zona del teatro, incontro un nutrito gruppo di barboni, uno sta già dormendo accanto al suo cane all'addiaccio. Di entrare in un ristorante non se ne parla neanche, troppo rilassante questa passeggiata, mi accontento di un panino e di una bibita acquistati in un chiosco ben fornito. Poi lungo i portici del canale mi avvio verso il mio albergo.
Di lavoro è meglio non parlare.

domenica 13 gennaio 2008

La cucina

La cucina.
La cucina di una casa attira su di sé delle parole chiave che vanno svelate a se stessi.
  • Luogo di trasformazione.
  • Mangiare, digerire.
  • Utilizzo delle risorse: acqua, fuoco, aria.
Luogo di trasformazione:
Stiamo parlando di cibo, l'elemento fondamentale per la sopravvivenza di un individuo, in cucina entrano elementi commestibili base ed escono prodotti complessi. Il topino Remi nel film di animazione Ratatouille rende bene l'immagine.
Le cipolle, l'olio, le verdure, le uova, la carne e così via si legano fra loro, grazie al lavoro del cuoco/a e lo stufato, o l'arrosto, o la frittata che ne escono non sono la semplice sovrapposizione dei gusti originali. Non tutti gli elementi base si possono associare fra loro, bisogna conoscerli, sapere come si comporteranno quando saranno cotti o marinati o lessati o semplicemente amalgamati con altri componenti. Appunto: trasformazione. Trasformazione è cambiamento. La cucina è la stanza del cambiamento.
Triste l'alimentazione fatta di precotti, di buste di plastica che devono essere semplicemente scartate, scongelate e ingoiate. Manca qualcosa di fondamentale: la trasformazione. Chi non si misura con il cambiamento è vivo come un morto. In una delle lettere che si sono tramandare da un paio di millenni di anni, Paolo, scrivendo agli amici che aveva nella città di Roma diceva, più o meno: "Non adagiatevi alla mentalità corrente, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente".
Non a caso, lì in quel crogiolo che è la cucina, si sviluppano le relazioni familiari più profonde di una famiglia, quando si è disponibili a farsi "cucinare dagli altri" o si consumano le disgregazioni più laceranti, quando non si è capaci o non si riesce a preservare i legami d'amore.

Mangiare, digerire:
E' il passo successivo alla trasformazione del cibo, ed esso stesso è una trasformazione il cui fine è crescere, mantenersi vivi.
Il cibo, in qualche maniera, dona se stesso e si fa digerire. Proprio come il messaggio che l'altro mi sta inviando e che io cerco di digerire attraverso l'ascolto, le mie risposte, i fatti che seguiranno.
Penso ai miei pranzi e cene di quando torno dal lavoro stressato. La forchetta attacca implacabile il contenuto del piatto con un ritmo impersonale. Pochi colpi di mascella, il tempo per sentire superficialmente un gusto e poi giù nell'esofago a grossi bocconi. Una frenesia inarrestabile che è premessa per una cattiva digestione, per l'arrivo di qualche disturbo di alimentazione, della necessità di assumere medicinali. Insomma un vortice negativo.
Mangiare e digerire è come uno specchio virtuale attraverso il quale riconoscere la propria disponibilità a metabolizzare ogni cambiamento, a farlo proprio, per quello che serve: non di più, non di meno, scartando i residui inutili, quelli tossici, quelli vecchi.


Utilizzo delle risorse:
E' un'altra prospettiva dalla quale guardare cosa succede in una cucina.
Mettiamo in gioco delle risorse che non sono solo i componenti da cucinare, ma anche l'acqua che serve per pulire, per lavare. L'acqua che è da sempre il simbolo della vita, ma anche dei sentimenti che ci muovono internamente a volte senza che noi ce ne rendiamo conto.
Il fuoco per scaldare, per ammorbidire le parti più dure e più fredde per trasformare dal di dentro, per scaldare.
L'aria (senza la quale non esisterebbe neppure il fuoco) che diffonde nello spazio circostante messaggi: odori, clima, profumo. Una casa nella quale la cucina, per qualche motivo, rimane inutilizzata per molto tempo, si riconosce subito, appena entrati: sa di albergo, di distaccato, o peggio, di tristezza, di malattia, di abbandono.

mercoledì 9 gennaio 2008

La banca dei Favori

Paolo Coelho, nel libro Lo Zahir, la chiama la "Banca dei Favori".
Non ha sportelli dove versare e prelevare e neppure uffici virtuali on-line.
La Banca dei favori è quella intricata e vischiosa rete di movimenti in dare ed avere creata da relazioni interpersonali dove chi conta o vuol contare gestisce versamenti e prelievi in termini di "favori". Coelho fa dire al suo protagonista: "...Penso di rispondergli che questo genere di domande esula dalle indagini, ma mi serve la sua complicità, forse avrò bisogno di lui in seguito – in definitiva, esiste comunque un’istituzione invisibile di nome “Banca dei Favori”, la quale mi è stata sempre molto utile".

E' vero, il primo pensiero va ai personaggi che popolano la nostra vita politica, ma a ben guardare chi può sentirsi veramente estraneo a questo comportamento?
E poi sono veramente un po' saturo dell'Italia che si lamenta di tutto, dell'Italia che solo pretende dagli altri, quella sempre pronta a gridare "No", quella che scivola verso l'insolidarietà, nell'incapacità di guardare dentro di sé per crescere.

Allora preferisco rivedere questo argomento e perdermi qualche minuto di silenzio per rimuginare la prospettiva di Carlos G.Valles in "Ti amo ti odio" [un vecchio libro edito da Città Nuova nel 1996].

"Oggi, faccio qualcosa per te e questo, esteriormente, ha tutta l'aria di un atto di altruismo disinteressato e, nel mio intimo, se ci penso, anche a me la cosa appare così; ma sotto sotto, negli archivi occulti del mio subcosciente, ho preso nota del mio sacrificio, l'ho registrato, e un giorno esigerò da te un adeguato compenso per esso, oppure, il che sarà anche peggio, ti farò pagare il mio aiuto generoso di oggi con il rancore perennemente represso che conserverò contro di te".
"A questo mondo le fatture si pagano e i favori non sono mai del tutto gratuiti". "Può darsi che fossimo convinti che quel sacrificio lo facevamo per puro amore ma...il servizio prestato aveva in sé un gancio nascosto per ricavare, più tardi, dei vantaggi quale legittimo compenso"...
"E' segno di profonda sanità morale, poter dire di tutto ciò che facciamo nella vita: 'lo faccio perché sono io che voglio farlo'. Niente imposizioni dall'esterno, niente obblighi coercitivi, niente proteste represse...tutto ciò che faccio, lo faccio perché sinceramente e personalmente voglio farlo e non perché debbo farlo.
E' vero che molte delle cose che faccio non mi piacciono, non le approvo.
Ma nel contesto più ampio, profondo della mia vita, della società, delle circostanze, dei pubblici potersi, della storia, del futuro, del cielo e della terra, vedo che quella penosa opzione può essere, in definitiva, la meno dannosa per tutti gli interessati...la faccio mia con piena consapevolezza e libera volontà".

domenica 6 gennaio 2008

Camogli: particolari (2)


Nuvole e mare

Riflessi e colori

Masterview

Camogli: particolari

Dopo giorni di maltempo, neve e freddo che hanno stravolto il programma dei giorni di riposo che avevo studiato, è tornato il sole. Niente di meglio che una passeggiata vicino al mare.

Intanto ieri MariaTeresa ed io abbiamo festeggiato l'anniversario di matrimonio numero 28.















Mare pungente
















"Per favore, il lato destro è quello che preferisco".















Camogli col velo.




















Muro bianco

Altri segni particolari, qui.

sabato 5 gennaio 2008

I primi sogni del 2008

Non credo che l'inconscio si preoccupi si separare il proprio materiale onirico in anni, mesi, giorni.

Mar 1/1
La sagra paesana attira persone dal circondario; lo spettacolo sta per iniziare e un gruppo di spettatori si aggira fra i posti alla ricerca della migliore visuale. Qualcuno di loro è soddisfatto di poter vedere il gruppo del sommergibile, qualcun altro no.

il sommergibile: serve per viaggiare dentro il mare dei propri sentimenti.

Mer 2/1
Mia figlia continua a ridere e far rumore insieme alla sua amica. Vado con passo deciso nella sua camera e suggerisco all'amica di tornare a casa sua, è tardi. E infatti lei si avvia...al piano superiore.
"Come" - mi dico - "per andare a casa sua passa da una scala interna?" Suonano alla porta, apro: è il suo papà; saluta e sale per le scale.
Sono improvvisamente inquieto. Come è possibile? Non mi ero mai reso conto che le due case avessero in comune lo stesso ingresso. Degli estranei possono avere accesso alle mie stanze private.

Gio 3/1
Provo a gonfiare il pallone aerostatico e assemblare le varie parti, ma alla fini fine non so come fare per metterlo in movimento e pilotarlo. Chiedo ad una mio vecchio conoscente, se mi spieghi il meccanismo, ma anche lui sembra non saperlo.
pallone aerostatico: non vola, rimanere con i piedi per terra; un antico cattivo consigliere, meglio non ascoltarlo.

mercoledì 2 gennaio 2008

Le sirene si prendono la rivincita

E' quello che succede nel libro di Camilleri "Maruzza Musumeci".
Anche se Ulisse non è il furbo navigante dell'Odissea che si fa legare dai suoi marinari per poter ascoltare il canto delle sirene senza lasciarsi travolgere, ma un contadino che abita nelle vicinanze di Vigata e per giunta non è neppure il protagonista del "cunto".

Sì, perchè il vero eroe è Gnazio Manisco. Un uomo buono, profondamente onesto, a suo modo creativo, una vita dura da emigrante nella Merica e il ritorno a Vigata a coltivare un lembo di terra che per tre lati si affaccia sul mare.
Proprio lui che odiava il mare e amava la terra, "pirchì il sciauro della terra cangiava via via che le ore passavano", non si rende conto di innamorarsi di una Sirena, ammaliato da "'na canzuna senza parole" che "diciva quant'era bello quanno dù pirsune si piacino, s'incontrano, si taliano, po' s'incontrano novamenti e si ritaliano e capiscino che sunno fatti per stari 'nzemmula per tutta la vita...".
Nonostante le stranezze che avvengono nelle femmine della sua famiglia, del tutto inconsapevolmente, diventa l'uomo della svolta che, per così dire, traghetta le mitiche Sirene ad un nuovo rapporto con gli uomini, non più da uccidere e divorare, ma esseri da amare, soccorrere, consolare nel momento della morte.

martedì 1 gennaio 2008

Le nuvole di Genova

2008, è un numero che si scrive bene, la penna scorre facilmente sul foglio e anche a guardarlo, con tutti quei tondi, fa una bella figura.
Ora si tratta di riempirlo, giorno per giorno.
Da parte mia mi ripropongo di migliorare la capacità a vivere meglio i cambiamenti.
Lo sappiamo: f
acendo sempre le stesse cose si ottengono sempre gli stessi risultati; questo ci dà sicurezza e ci spinge a opporre resistenza alle novità; spesso la paura di quello che si potrebbe perdere è superiore all'impegno e alla creatività che possono essere messe in gioco dai cambiamenti: sia che essi siano desiderati o che siano imposti dalle circostanze.

Il Film di Soldini "Giorni e Nuvole", l'ultimo che ho visto nell'anno appena passato, mi ha dato qualche spunto di riflessione.

Le nuvole di Genova, fanno da cornice e commento di questa semplice storia che in definitiva parla della capacità interiore di gestire gli imprevisti della vita.

Elsa e Michele sono una coppia affiatata con una situazione economica più che rassicurante: non si fanno mancare viaggi costosi, una barca, la domestica, una casa in un quartiere esclusivo.
Ma il cambiamento è in agguato sottoforma di uno di quegl'incubi che agitano il sonno di tanti dirigenti alle prese con la globalizzazione: Michele perde il lavoro.
Il reinserimento appare subito difficile: un po' per l'età, un po' per una certa rigidità mentale, un po' per la vischiosità del passato.
Inizia per lui una discesa inesorabile verso l'abbruttimento personale, lo sconforto, la depressione. E per lei una frenetica ricerca di alternative, di fatica, di frustrazione.
La coppia sembra non reggere l'urto e rischia di sgretolarsi.
Invece la speranza per il futuro, nasce proprio dal loro rapporto di coppia, qualcosa che non si può improvvisare e che si è consolidato negli anni anche attraverso gli errori.
Pur senza miracoli, il dialogo fatto più di reciproco ascolto che di chiarimenti e buoni propositi, segna un nuovo inizio; uno scatto in avanti per entrambi, un atteggiamento diverso; ricominciare non ha età.