domenica 13 gennaio 2008

La cucina

La cucina.
La cucina di una casa attira su di sé delle parole chiave che vanno svelate a se stessi.
  • Luogo di trasformazione.
  • Mangiare, digerire.
  • Utilizzo delle risorse: acqua, fuoco, aria.
Luogo di trasformazione:
Stiamo parlando di cibo, l'elemento fondamentale per la sopravvivenza di un individuo, in cucina entrano elementi commestibili base ed escono prodotti complessi. Il topino Remi nel film di animazione Ratatouille rende bene l'immagine.
Le cipolle, l'olio, le verdure, le uova, la carne e così via si legano fra loro, grazie al lavoro del cuoco/a e lo stufato, o l'arrosto, o la frittata che ne escono non sono la semplice sovrapposizione dei gusti originali. Non tutti gli elementi base si possono associare fra loro, bisogna conoscerli, sapere come si comporteranno quando saranno cotti o marinati o lessati o semplicemente amalgamati con altri componenti. Appunto: trasformazione. Trasformazione è cambiamento. La cucina è la stanza del cambiamento.
Triste l'alimentazione fatta di precotti, di buste di plastica che devono essere semplicemente scartate, scongelate e ingoiate. Manca qualcosa di fondamentale: la trasformazione. Chi non si misura con il cambiamento è vivo come un morto. In una delle lettere che si sono tramandare da un paio di millenni di anni, Paolo, scrivendo agli amici che aveva nella città di Roma diceva, più o meno: "Non adagiatevi alla mentalità corrente, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente".
Non a caso, lì in quel crogiolo che è la cucina, si sviluppano le relazioni familiari più profonde di una famiglia, quando si è disponibili a farsi "cucinare dagli altri" o si consumano le disgregazioni più laceranti, quando non si è capaci o non si riesce a preservare i legami d'amore.

Mangiare, digerire:
E' il passo successivo alla trasformazione del cibo, ed esso stesso è una trasformazione il cui fine è crescere, mantenersi vivi.
Il cibo, in qualche maniera, dona se stesso e si fa digerire. Proprio come il messaggio che l'altro mi sta inviando e che io cerco di digerire attraverso l'ascolto, le mie risposte, i fatti che seguiranno.
Penso ai miei pranzi e cene di quando torno dal lavoro stressato. La forchetta attacca implacabile il contenuto del piatto con un ritmo impersonale. Pochi colpi di mascella, il tempo per sentire superficialmente un gusto e poi giù nell'esofago a grossi bocconi. Una frenesia inarrestabile che è premessa per una cattiva digestione, per l'arrivo di qualche disturbo di alimentazione, della necessità di assumere medicinali. Insomma un vortice negativo.
Mangiare e digerire è come uno specchio virtuale attraverso il quale riconoscere la propria disponibilità a metabolizzare ogni cambiamento, a farlo proprio, per quello che serve: non di più, non di meno, scartando i residui inutili, quelli tossici, quelli vecchi.


Utilizzo delle risorse:
E' un'altra prospettiva dalla quale guardare cosa succede in una cucina.
Mettiamo in gioco delle risorse che non sono solo i componenti da cucinare, ma anche l'acqua che serve per pulire, per lavare. L'acqua che è da sempre il simbolo della vita, ma anche dei sentimenti che ci muovono internamente a volte senza che noi ce ne rendiamo conto.
Il fuoco per scaldare, per ammorbidire le parti più dure e più fredde per trasformare dal di dentro, per scaldare.
L'aria (senza la quale non esisterebbe neppure il fuoco) che diffonde nello spazio circostante messaggi: odori, clima, profumo. Una casa nella quale la cucina, per qualche motivo, rimane inutilizzata per molto tempo, si riconosce subito, appena entrati: sa di albergo, di distaccato, o peggio, di tristezza, di malattia, di abbandono.

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