Dicono che c'è dentro di noi c'è un bambino interiore.
E' la parte vitale di noi che sa godere della vita, che riconosce gli aspetti ironici nelle difficoltà, che guarda al futuro con speranza, che crede nelle cose "invisibili", che ha fede.
Il mio bambino interiore ha anche un nome: Enzo-Mangialegnate.
Ho già scritto di lui nel settembre del 2005.
Poche sere fa i miei figlioloni mi hanno visto rientrare a casa dal lavoro, stanco e giù di morale. Non so perchè mi hanno apostrofato: "Ehi ci racconti di nuovo di Mangialegnate?"
Il ricordo ha contribuito ad alleviare le ferite...
E' un soprannome che mi aveva dato la mamma Salvina perchè, per placare la mia irruenza, la vivacità eccessiva e i troppi capricci, non trovava evidentemnete altro metodo se non assestare qualche scapaccione "dove va, va".
Dopodichè quando la pace tornava, in uno dei tanti momenti di tenerezza, mi chiedeva: "Come ti chiami?" e io rispondevo "Enzo Mangialegnate".
Tra le performance vantate ci sono: un'ascia sulla fronte (è vero, ho ancora una piccola cicatrice); topi morti raccattati per strada e trascinati in casa; principio di incendio nel forno.
Quando ci siamo trasferiti a Genova, avevo poco meno di 5 anni", quel bambino si è ritirato da qualche parte lasciando spazio a un ragazzino timido, con tante paure, "buonino buonino".
Ma Enzo Mangialegnate c'è e quando viene fuori è il benvenuto, è l'altro lato, non-oscuro, di un rispettabile dirigente sempre disponibile, affidabile ed equilibrato.
Appunti sparsi per documentare come si cambia; non perchè il tempo che passa ci invecchia, ma perchè ognuno può assecondare un profondo e intimo movimento interno. Cambiare è svelare progressivamente se stessi, essere consapevole delle proprie passioni, illuminare le relazioni con le persone che si amano.
lunedì 28 settembre 2009
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