martedì 28 marzo 2006

La macchina da cucire Singer

La macchina da cucire Singer sferragliava rumorosamente come un locomotore a vapore e, dalla mia prospettiva di osservazione, sembrava veramente un ingranaggio del locomotore; con la sola differenza che invece di avanzare in un binario il locomotore rimaneva immobile nel tinello della casa.
Io giocavo sul pavimento nelle vicinanze dei piedi di mamma Salvina; piedi che, con grande regolarità, azionavano il pedale che alimentava il moto della ruota che a sua volta determinava il movimento in su e in giù dell'ago. Ma quello che accadeva al livello superiore, dove il cucito si componeva, non faceva parte del mio mondo.
Il mio ricordo dev'essere legato ad una giornata d'inverno: fuori il buio precoce del pomeriggio; dentro la stufetta elettrica a parabola con la resistenza infuocata dal calore e una sensazione di caldo esagerato che arrivava riflesso dal pavimento, ma limitato alla ristretta zona del cono di irraggiamento; i soldatini disposti staticamente in due eserciti schierati uno in fronte all'altro che combattevano l'ennesima battaglia le cui sorti erano già scritte nella mia mente.
La mamma cuciva per conto di una sartoria da uomo ed era specializzata in pantaloni. Li produceva con una rapidità incredibile, anche perché la sua paga era a cottimo. Anche quelli che indossavo io erano il risultato del suo lavoro. Mi portava dal sarto a prendere le misure: "fermo Enzo"... "su con la testa"... "non gonfiare la pancia"..."sei proprio un ometto".
Passavano in fretta le ore dei pomeriggi in quell'ambiente rassicurante, circondato da pezzetti di stoffa blu, grigi e "avana" che riempivano il mio campo di battaglia; da fili bianchi per imbastire le cuciture che aderivano ai miei calzoni come una calamita; dove aghi e spilli sfuggiti al controllo, ogni tanto, mi pungevano un braccio o una gamba.
La ricordo anche canticchiare canzoni (senz'altro degli anni sessanta) come Papaveri e papere, La casetta in Canada, Carissimo Pinocchio, Le mille bolle blu. Cantava senza timore per la sua poca intonazione e io la ascoltavo volentieri.
La macchina da cucire Singer, stava lì inconsapevole testimone di un legame che si alimentava in ristretti spazi condivisi e lunghi tempi trascorsi insieme.

(*** aggiornato 21/11/2013)

1 commento :

Anonimo ha detto...

Oh si, la Singer...la mia fantastica Singer accanto alla scrivania! Anche ora, dismessa e riconvertita a ricovero di squadre da disegno e vecchie scatole di sigarette , riecheggia di un ticchettìo metallico ora lentissimo ora rapido ed incalzante. Era mia nonna Nina (Luigina), ricurva sul tracciato di cucitura che per magia si meterializzava sotto il suo sguardo vigile.
Ed ero io a terrorizzarla con lo sparo della mia pistola a fulminanti, ogni volta estasiato dal medesimo rito quotidiano in un mondo che apparteneva a quella stanza, a quella casa.
Era lei ogni volta a maledirmi per poi abbracciarmi ed esclamare: "Bella stella!".
Continua a parlare, la mia Singer, dall'angolo buio del tempo, sottratta alle manie d'ordine e pulizia di mogli e fidanzate. E così sarà per sempre!