lunedì 9 ottobre 2006

Telefonare al proprio passato

E se attraverso il telefono si potesse richiamare il proprio passato?
Se componendo il vecchio numero di telefono (un vecchio telefono nero di bachelite sopravvissuto al tempo) dall'altra parte rispondesse un "se stesso" ancora bambino?
Non sarebbe l'occasione per chiarire tanti aspetti della propria vita e della propria adolescenza, per gettare una luce nuova sui nostri genitori?

Sembra essere questo lo spunto che anima il romanzo di W.Veltroni, "La scoperta dell'alba".

Mi sembra una metafora e un'idea che si può raccogliere anche senza telefono di bachelite, perchè comunque, alla nostra infanzia dove c'è la chiave di ciò che siamo oggi, possiamo arrivare tramite una linea di "chiamata" interiore che è aperta o attende di essere aperta, volendola cercare...

2 commenti :

Anonimo ha detto...

Lo spunto è interessante, e credo che accomuni molti di noi,anche più di quanti non siano disposti ad ammetterlo. Mi sono sorpreso spesso,ultimamente,e senza aver letto il libro di Veltroni,a immaginare proprio una scena del genere,di alzare il telefono,che pure non è più il vecchio telefono grigio a disco,comporre un vecchio numero ormai non più in uso, sentire comunque lo squillo: il primo di avviso, e poi la telefonata vera,come d'abitudine; immaginare il filo che si perde in una nebbia fitta,e dall'altra parte del banco ecco rispondere lei, la ragazzina di sedici anni che fu il mio primo grande amore... diciassette, quasi diciotto anni fa. E mi risponde con la stessa voce,lo stesso entusiasmo, ne intuisco il sorriso splendente che era un inno alla gioia di vivere della gioventù, ancora inconsapevole del peso delle scelte e delle quotidianità, e il suo indimenticabile sguardo di bambina meravigliata, e prendiamo il solito appuntamento per il successivo sabato pomeriggio, per andare ai parchi di Nervi sulla "nostra" panchina... E poi... riapro gli occhi, vedo allo specchio il primo ingrigirsi delle tempie di un trentacinquenne che va per i trentasei,lo sguardo di un'altra donna poco più giovane che non si decide a diventar mia moglie,una casa che non è più la mia stanza con i poster del cantante preferito,con il giradischi e il pianoforte, passato, quest'ultimo, nel salone, circondato da copie di normative amministrative da studiare per lavorare e rendere sempre al meglio. E mi si stringe il cuore, sopraffatto da una nostalgia struggente, disperata, per quel tempo in cui per essere Felici, bastava la panchina di un parco.
MG

Vincenzo Trichini ha detto...

Ho abitato a Nervi fino a quando mi sono sposato, 27 anni fa.
Conoscevo a memoria tutte le panchine del parco.
Il contatto con il nostro passato è prezioso e anche la nostalgia è un sentimento che qualche volta coccola e avvolge. Ma il fine ultimo di questa chiamata interiore è andare avanti non bloccare il presente.
Vedi il post "Colpi d'ala".