giovedì 14 giugno 2007

Il cammino e la meta

Fondamentalismo: prendo la definizione su Wikipedia.

Per fondamentalismo si intende genericamente qualunque interpretazione letterale dogmatica di testi sacri (o loro equivalenti, fuori dell'ambito religioso) che assuma i relativi precetti a fondamenti (della religione, tipicamente) rifiutando ogni ideologia in contrasto con essi.

Fondamentalismo fa rima con integralismo e fanatismo.

Esprimere le proprie convinzioni forti, su argomenti come il senso della vita, Dio e l'Uomo, senza entrare in conflitto con chi ha maturato idee radicalmente diverse, è difficile!
Può sembrare un'impresa ardua conciliare la fede per valori "assoluti", cioè che si ritengono veri-sempre a prescindere dal tempo, dal contesto sociale e culturale, con il diffondersi di culture che si basano proprio sul "relativismo" dei valori.
A complicare un possibile dialogo, va aggiunto che i comportamenti "fondamentalisti" (per estensione del significato della parola) sono spesso regola anche nel campo "laicista".

Qualche giorno fa ho partecipato ad una conferenza, il cui tema era "il camino" [il pellegrinaggio verso Santiago di Compostela].
Molti, molti spunti su cui riflettere e un'intensa partecipazione dei relatori ne hanno fatto una impagabile serata.

Il cammino è per antonomasia la metafora della vita. Si presta bene a significare che la si può interpretare in modi diversi.
"L'importante è essere in cammino, non raggiungere una meta", dice qualcuno. "Senza meta rimane un vagabondaggio privo di senso" risponde l'altro.
E' il tema del Dubbio.
C'erano una volta le Certezze, poi arrivò il Dubbio, crebbe così tanto da diventare lui stesso valore fondante, totem della cultura contemporanea...
Eppure il dubbio è compagno, è amico, di ogni uomo. E' quella cosa che ti fa apprezzare le diversità, comprendere e condividere le difficoltà del prossimo, il dubbio è la condizione privilegiata di una vera ricerca interiore.

Un dialogo, alternativo al fondamentalismo, può essere sviluppato proponendo di fare un passo avanti, certo non uno indietro. Dalla Certezza, al Dubbio, dal Dubbio alla Domanda.
Durante il cammino, si convive con il dubbio della strada e con la certezza di desiderare una meta, di domandarla, a se stessi o a Dio, poco importa.

Dialogare, credere nel dialogo, per un credente, significa ammettere che la verità, pur essendo Una, si illumina agli occhi dell'umanità, un po' per volta, attraverso la freccia del tempo, i balbettii e gli errori del percorso.
Chi ci ascolta deve cogliere la volontà di voler costruire un futuro, non di ripristinare un passato: l'eldorado del Medioevo, quando al centro del pensiero c'era Dio.
In realtà non c'era Dio, c'era una sua imperfetta immagine.
Quale sarebbe la nostra comprensione del "senso della vita" senza il contributo dell'umanesimo, senza il romanticismo, senza il positivismo e tutte le altre correnti filosofiche che si sono succedute dopo il medioevo.
E così nel campo dell'arte. All'ispirazione totalmente religiosa, nella pittura, nella scultura, nella musica, si sono affiancare altre sensibilità che hanno valorizzato l'uomo, le sue attività, le sue opere, le sue passioni. E la scienza non sarebbe forse ancora condizionata dal compito di dover confermare l'ordine apparente della verità indicata dalla Bibbia?

Tutti gli uomini partecipano al piano di salvezza. Se si parte da questa consapevolezza, allora l'Oggi, che ci coglie in una fase di mutazione, l'oggi incluso-tutto, anche quello che ci appare come una involuzione del pensiero, come una negazione delle "Verità", è solo la premessa per un Domani in cui, abbandonati i sentieri perdenti, scartate le mete inconcludenti, saremo più ricchi di Domande.
Se è stato così negli ultimi duemila anni, perché mai non dovrebbe essere altrettanto vero per il futuro?
Non è un atteggiamento rinunciatario e passivo. Se dobbiamo farlo, proclamiamo ad alta voce i valori nei quali crediamo: "quella" pace, "quella" giustizia, "quel" uso della scienza, "quel" modello di famiglia, "quella" centralità della Vita, "quella" etica...ma facciamolo ascoltando, ascoltando, ascoltando, comprendendo, comprendendo, comprendendo. Affermando piuttosto che negando.

Chiudo, inevitabilmente, con un dubbio su quello che ho appena scritto.
Mi sono cimentato in discorsi un po' difficili, pur sapendo che da ingegnere del bit, mi manca la formazione e la competenza filosofica, teologica e letteraria, per utilizzare i termini corretti, le citazioni necessarie per valorizzare il pensiero, per nascondere i punti deboli. Se qualcuno "esperto" dovesse leggermi abbia comprensione e apprezzi lo spirito.

L'ho fatto più per mettere ordine ai miei pensieri che per rispondere a qualcuno; l'ho fatto perché in un blog di "come si cambia" interrogarsi sul cammino dell'uomo è centrale.
Il "camino" di Santiago deve essere una esperienza fenomenale, se percorso con l'atteggiamento giusto. Ho letto che chi parte viene, tra l'altro, equipaggiato con un libretto dalla copertina nera rigida e l'elastico per tenerlo chiuso, è il Moleskine il diario del viandante. Anch'io ne possiedo uno (più di uno); per me rappresenta, simbolicamente, la mia ricerca interiore, la disponibilità a cambiare, il mio cammino.

2 commenti :

Riccardo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Riccardo ha detto...

Penso che anche chi non è credente possa intraprendere un "cammino", di Santiago o no, ma sopratutto interiore. Di cambiamento.

E lo stesso - esattamente - vale per chi crede e che sbaglia, quando pensa di aver "consolidato" qualcosa, e di "possedere" qualcosa.

"Beato chi trova in te la sua forza decide nel suo cuore il santo viaggio" vuol dire secondo me ciò che dici tu. Il viaggio da ciò che ci siamo costruiti (o altri hanno costruito "su di noi") verso la verità, e per questo occorre "la forza".

Ti ho linkato su ricir.tumblr.com.