venerdì 28 dicembre 2007

Genesis, revelations (2)

Ecco le prime impressioni ricavate dalla lettura di Genesis Revelations, anche se è ancora "in progress".

- La prima considerazione è sul prezzo: quaranta-nove Euro sono veramente troppi.
- Bellissime foto, e non mi riferisco solo a quelle scattate durante gli spettacoli dove fasci di luci colorate spiccano sullo sfondo scuro e neppure a quelle famosissime che fissano i personaggi scenici impersonati da Peter. Le foto bellissime sono quelle in bianco e nero che ritraggono dei bravi ragazzi intensamente applicati a strimpellare sui loro strumenti con passione e ingenuità e con pochi mezzi.
- Veramente avvincente il racconto che procede in parallelo dando voce ai vari protagonisti. Ne viene fuori un caleidoscopio di informazioni che lascia al lettore la possibilità di cogliere diverse prospettive.
- Interessante scoprire attraverso le parole dei compositori come è avventa la nascita di alcuni pezzi famosissimi come Stagnation, The knife, The musical box, Supper's ready, Apocalypse 9/8...

Alcune frasi mi sembrano da incorniciare:

Peter Gabriel: Molti musicisti amano suonare, più che comporre, vivono la scrittura come qualcosa che si deve fare per arrivare al prossimo assolo. Per noi, invece, comporre era il fulcro dell'attività.

Antony Philipps: Fu fantastico potersi dimenticare della sequenza strofa, ritornello, strofa, ritornello. E' una soluzione che ha le sue virtù, ma può essere limitante, soprattutto nella musica strumentale. La nostra creatività era finalmente libera, ci sentivamo addosso una carica straordinaria.

Peter Gabriel: ...facevamo buona musica e avevamo la sensazione di essere entrati in territori inesplorati.

Peter Gabriel: Quando ottenemmo un colloquio....ascoltò la registrazione, sorrise e disse: "Bene ragazzi. Qualunque cosa stiate facendo, continuate, ma non datevi alla musica, perché non ce la farete mai".

Antony Philipps: Tenemmo uno spettacolo al nord, dove c'era più gente sul palco che fra il pubblico. Ci consigliarono di smettere.





venerdì 21 dicembre 2007

Genesis, revelations

Anch'io, come buona parte dei cinquantenni quando sento nominare i Genesis, mi agito sulla sedia, illumino la mia espressione, ripenso a quelle sonorità irripetibili.
Naturalente è alla formazione originale dei Genesis che mi riferisco. Quello che è successo dopo il 1975, è un'altra storia; una band che casualmente ha mantenuto il nome e alcuni componenti dell'originale gruppo.
ll concerto di quest'estate fa farte delle delusioni.




(From Genesis to revelation), Nursery cryme, Trespass, Foxtrot, Genesis live, Selling England by the pound, The lamb lies down on Broadway: un concentrato di creatività melodica e strumentale, indovinate scelte nei timbri sonori, costruzione di rif originali, intensità nell'esecuzione. Non per niente molti giovani di oggi continuano ad apprezzare.
Ora esce questo libro, "Genesis Revelations" (Ed. De Agostini), da non mancare per chi vuole rivivere la storia del quintetto.

Io me lo sono regalato per Natale, ed ora è sotto l'Albero.

Vedi anche impressioni durante la lettura: qui



mercoledì 19 dicembre 2007

Via del Commercio

Potrebbe benissimo essere il nome di una strada del famosissimo gioco del Monopoli. Ma non è così (controlla qui), è il nome di una via nel quartiere di Nervi, all'estrema periferia est di Genova.

Come il nome suggerisce era, fino qualche decennio fa, una piccola zona industriale insediata nella minuscola e stretta valle creata dal torrente Nervi; un torrente sempre secco, salvo una volta l'anno quando le piogge autunnali lo facevano diventare improvvisamente minaccioso a causa dei possibili straripamenti; negli spazi rubati alle colline incombenti trovavano posto vari magazzini, una fabbrica di apparecchiature dentarie e un'altra di profumato cioccolato, vari artigiani svolgevano le loro attività.
Sulla stretta strada, che costeggiava il percorso tortuoso del torrente, si arrampicavano i palazzi costruiti negli anni sessanta, quelli che ospitavano gli immigrati siciliani, calabresi e napoletani.
Per questo motivo il quartiere era visto con un po' di disprezzo: da lì proveniva la piccola criminalità, lì si concentravano le famiglie numerose, nel greto del torrente secco giocavano i chiassosi ragazzacci, i ragazzi del fiume.
Ancora più a monte, oltre il cimitero, oltre la cava, la strada si interrompeva nel letto del torrente, per riprendere qualche centinaio di metri oltre. Gli ultimi casolari contadini, Mulinette, abitati da altri immigrati, infine, prima che l'acqua raccolta dalle colline sparisse sotto i sassi, si poteva fare un tuffo in qualche laghetto d'acqua limpida, regno delle rane e delle anguille.

Poi un bel giorno, ma io non abitavo più lì, un progetto di copertura del letto del fiume, del quale si fantasticava da sempre, trasformò la zona. La strada raddoppiò la sua larghezza, qualche aiuola abbellì i bordi, le case furono ridipinte, le fabbriche se ne andarono in cerca di spazi più adeguati.

Ma i miei sogni, che spesso sono ambientati in quella strada, non hanno recepito il cambiamento, tutto è rimasto come negli anni settanta.
Non così nell'ultimo sogno della serie, dove invece mi sono ritrovato a guardare, dalla costa della collina, il paesaggio sottostante, con crescente stupore.
Là dove la strada si interrompeva confondendosi con il letto del torrente, sorgeva un ponte e oltre ancora una schiera di lussosi villini abbarbicati al ripido costone del monte: un alberello, un box, un'aiuola, e di nuovo: un alberello, un box, un'aiuola.
Poi la strada saliva lungo la piccola valle, oltre i piloni dell'autostrada, per ricongiungersi nell'altro versante ad un'altra nuovissima strada panoramica, tagliando in due tronconi i boschi di castagni e di pini che ancora oggi resistono.
Sempre nel sogno, guardavo con apprensione l'orrenda opera estetica e ne valutavo con ansia anche i rischi rispetto alla furia delle piogge autunnali.

Per fortuna mi sono svegliato, era un sogno. Per strada, verso l'ufficio, ci pensavo ancora e mi sono reso conto che la realtà non è poi così distante: la speculazione sta trasformando S.Ilario, ha inglobato la chiesetta di S.Rocco un tempo raggiungibile solo a piedi, altri cantieri delimitati da barriere in plastica rossa si intravvedono verso l'interno della valle, i vecchi ruderi di casolari diventano improvvisamente ville e il costo dei terreni si impenna. La valle di Via del Commercio è proprio lì sotto, con le sue ferite antiche e nuove.
Chissa se era un sogno o una premonizione.

venerdì 14 dicembre 2007

Quiz sulla vita eterna

Ho un quiz da sottoporre a chi passa per di qua.

Chi ha scritto queste parole? A me sono piaciute.

Naturalmente, prima si risponde, poi si controlla su Google; altrimenti non vale.


"L'eliminazione della morte o anche il suo rimando quasi illimitato metterebbe la terra e l'umanità in una condizione impossibile e non renderebbe neanche al singolo stesso un beneficio.

Ovviamente c'è una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittorietà interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non è stata creata con questa prospettiva. Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda più profonda: che cosa è, in realtà, la «vita»? E che cosa significa veramente «eternità»?

La parola «vita eterna» cerca di dare un nome a questa sconosciuta realtà conosciuta. Necessariamente è una parola insufficiente che crea confusione. «Eterno», infatti, suscita in noi l'idea dell'interminabile, e questo ci fa paura; «vita» ci fa pensare alla vita da noi conosciuta, che amiamo e non vogliamo perdere e che, tuttavia, è spesso allo stesso tempo più fatica che appagamento, cosicché mentre per un verso la desideriamo, per l'altro non la vogliamo.

Possiamo soltanto cercare di uscire col nostro pensiero dalla temporalità della quale siamo prigionieri e in qualche modo presagire che l'eternità non sia un continuo susseguirsi di giorni del calendario, ma qualcosa come il momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità".




mercoledì 12 dicembre 2007

Questione di luce

La strada che conduce verso casa è immersa nel buio della notte. E' un buio speciale perché i lampioni, le insegne, le luci dalle finestre, tutto, senza alcuna eccezione, è spento.
Anche il cielo è invisibile: senza stelle e senza luna, senza l'ombra delle nuvole.
Un'oscurità globale dove le indistinte forme degli alberi e dei marciapiedi si differenziano solo per l'intensità del nero che sembrano emanare.
Nell'avvicinarsi alla mia abitazione, se possibile, il buio diventa ancora più denso e l'avanzare dei passi è guidato solo dal ricordo dei luoghi nella mia memoria.

Si apre il portone svelando il profilo di una figura che mi invita a rientrare. Un filo di luce illumina quanto basta il breve cammino che rimane da percorrere; entro nell'atrio illuminato.
Da lì posso gettare lo sguardo verso la strada deserta dove il buio sembra voler inglobare avidamente la luce che ha interrotto brevemente l'oscurità.
Il portone si richiude alle mie spalle.
Penso che l'ascensore mi riporterà a casa, ma non è così: mi ritrovo al piano superiore.
Un cartello nel pianerottolo avverte: "ENEL - benvenuti e buon Natale".
Che beffa: ENEL, è l'ente erogatore della luce; dovrebbe esserlo, ma qualcosa non va per il verso giusto. Niente che si possa associare ad un buon Natale.

(sogno 10/12)

Forse l'interruttore generale della luce che accende il proprio mondo è davvero a due passi da casa. Non ne siamo consapevoli.

martedì 11 dicembre 2007

Poltiglia italiana

Di pochi giorni fa la notizia che secondo uno studio del Censis, la coesione sociale italiana è diventata della consistenza di una poltiglia; per citare il Corriere : "il Paese si disperde in una poltiglia di massa, una mucillagine di elementi individuali e di ritagli umani tenuti insieme da un tessuto sociale inconsistente".

E' quello che facilmente si constata camminando sulle strade dei nostri quartieri.
Ecco il racconto, di una nostra amica; un fatto avvenuto nel centro di Genova in pieno giorno.

Su un autobus poco affollato, la nostra amica, che chiameremo Antonella, viene pesantamente apostrofata da tre extra comunitari. Non parlano italiano, ma gesti e sguardi sono pesantemente allusivi alla sfera sessuale.
Spaventata, cerca un rifugio accanto ad altri passeggeri. Si "arremba" un poco contro una signora che sta per scendere, cercando di attirare la sua attenzione. E infatti la ottiene: "Guardi che io non posso andare più in là di così", viene rimproverata.
Finalmente il bus si ferma, le portiere si aprono e le due donne scendono; Antonella cercando di scusarsi abbozza: "Mi scusi per prima, ma ero spaventata, quei tre tipi..."
La donna si ferma a guardarla in faccia e con aria impettita e risolutiva la interrompe: "Non mi interessa!".
Se subito dopo ad Antonella tremavano le gambe non era per la minaccia dei tre imbecilli ma per la risposta della signora per bene.

lunedì 10 dicembre 2007

Fa bene alla salute

Riccardo mi segnala un blog su De Mello , in lingua inglese. E' un autore che cito spesso perchè ritengo che il suo approccio alla Religione sia molto comprensibile e adatto a chi proviene da altre culture.

Il sito oltre a contenere vari link interessanti per chi vuole approfondire il suo pensiero, ricorda che i testi di De Mello sono considerati pericolosi dalla Congregazione per lla Dottrina della Fede Cattolica.
Ma bisognerebbe ricordare che i libri di Padre Anthony sono stati scritti in un contesto multireligioso, per aiutare seguaci di altre religioni, atei e agnostici nella loro ricerca spirituale; non sono da intendersi come un manuale di istruzione sulla dottrina cristiana o sui dogmi.

Infatti i suoi libri, nonostante i divieti, continuano ad essere seguiti e letti.

Sapete com'è in queste cose, magari bisogna aspettare un pochino, giusto qualche secolo e poi verrà riconosciuta la sua grandezza, anche ufficialmente.

In tutta trasparenza mi sento di esprimere:

Leggere Anthony de Mello, fa bene alla salute (interiore).


giovedì 6 dicembre 2007

Spezzare le catene

Alle parole del Dalai Lama accosto quelle di Anthony de Mello a ribadire in cosa consiste la religione.

La religione non è una questione di rituali
o di studi accademici.
Non è un tipo di culto
o compiere delle buone azioni.
La religione consiste
nello sradicare le impurità del cuore.
Questa è la via da percorrere per incontrare Dio.


Anthony de Mello

Non fare confusione

Il Dalai Lama, è uomo saggio che non cerca proseliti:

"E' più salutare rimanere con la propria fede di cuore, quella di nascita, altrimenti si rischia di far confusione".
"La religione del cuore è quella cui si appartiene" nulla vieta, comunque, "di imparare anche dalle altre".

«Nonostante le differenze filosofiche, tutte le maggiori tradizioni religiose danno lo stesso messaggio pratico: amore, compassione, perdono, tolleranza e disciplina morale, perciò tutte le tradizioni hanno qualcosa in comune».

lunedì 3 dicembre 2007

Soggiorno

"Venite, accomodatevi qui".
Qui dove? Dové che facciamo mettere comodi i nostri ospiti?
Nel salotto di casa naturalmente, l'abbiamo pensato a questo scopo: un divano largo e basso, se c'è spazio a sufficienza lo facciamo girare ad angolo. Abbiamo disposto un tavolinetto dove poter posare qualche bicchiere o un piccolo vassoio.
Ora ci sistemiamo, noi e la coppia di amici che stiamo ospitando. Comincia un balletto di movimenti accennati, che porterà ad una formazione.
Come se fosse una partita di calcio dove l'allenatore decide lo schema: 4-4-2, 4-3-3 e così via.
A volte i due uomini e le due donne si siedono accanto e avviano discorsi separati e differenti: due sessi a confronto; ma un'altra volta è la coppia ospitante che si pone di fronte agli ospiti: due unità a confronto.
Poi le varianti: per favore una sedia alta, altrimenti mi addormento. Io qui vicino al calorifero, sono infreddolita (o vicino alla finestra perché scoppio dal caldo).

Inevitabilmente da qualche parte troneggia una Tivvù. Siamo abbastanza consapevoli da capire che deve essere spenta (a meno che l'obiettivo non sia proprio guardare insieme un film o una partita) perché è un ostacolo all'ascolto reciproco.

Il corpo dei nostri ospiti, lentamente, si abitua all'ambiente che abbiamo preparato. Gli occhi si muovono per cogliere i segni.
Una libreria, uno scaffale dove fanno mostra di sè i soprammobili, una lampada, qualche pianta, il colore delle pareti e i quadri che abbiamo scelto, un tappeto.
Chissà cosa stiamo comunicando? Ostentazione, esibizione, sfoggio; oppure: artificiosità, mimetizzazione, simulazione, banalità o ancora: discrezione, semplicità, essenzialità, linearità, sobrietà, vitalità, naturalezza, spontaneità.
Magari non ce lo siamo chiesti ed ora avvertiamo solo un disagio o il conforto.
La stanza che abbiamo scelto come salotto, dove è posizionata? Nel punto più freddo della casa oppure sul lato più bello della facciata? E' grande a sufficienza per farci stare comodi, o purtroppo abbiamo dovuto accontentarci di qualcosa di insufficiente? Quali rimedi abbiamo pensato per ridurre i difetti?

Comunque sia, il tempo per le schermaglie iniziali, è passato; se abbiamo vissuto bene i gesti dell'accoglienza nell'ingresso, ora seduti nelle poltrone e nel divano, siamo pronti ad ascoltarci.
Già, pronti. Ascoltarsi, come se fosse semplice; come se fosse un'operazione scontata.
C'è a chi non basta una vita per imparare a farlo.

Incontro un cosìdetto amico:
"Ciao come va al lavoro". Già, penso, è a conoscenza dei cambiamenti in atto. Comincio a raccontare, accenno una preccupazione. Lui mi interrompe "Ah, sapessi anch'io quante preoccupazioni". Ed io sto lì con la mia frase monca, il pensiero non espresso, bloccato per dieci interminabili minuti ad ascoltare i suoi problemi.
Chissà quante volte l'ho fatto anch'io, inconsapevolmente, con persone che avevano bisogno di confidarsi con me.

Nella figura in basso un uso alternativo del salotto di casa mia da parte di tutti i soggetti di sesso maschile da anni sedici ad anni cinquantaquattro.