sabato 25 aprile 2015

Partenone

"Ma come si fa a tornare da Atene senza averlo visto e aver scattato qualche foto?" Questo è quello che mi son detto.
Orologio alla mano c'erano due ore per andare a visitare il Partenone e tornare in tempo per riprendere il programma della conferenza alla quale stavo partecipando.



In un baleno, jeans, maglietta e pedalare, che poi per fortuna l'hotel era proprio lì vicino.


 Con calma, la sera, mi sono andato a rivedere la storia di questo tempio che mi ha suscitato una riflessione personale.


Il tempio è nato per  onorare una divinità pagana. Dopo pochi anni lo avevano già distrutto i Persiani, ma poi viene ricostruito.


Poi, per quasi mille anni (!), diventa una Chiesa cristiana passando dagli Ortodossi ai Cattolici e poi ancora agli Ortodossi, una delle più venerate e visitate da pellegrini.


Finché non viene il turno degli Islamici che la trasformano in una Moschea inaccessibile agli stranieri. e passano i secoli...


La storia non è finita perché i Veneziani decidono di bombardarla dal mare, riuscendo a fare proprio un bel botto perché i difensori l'avevano intanto trasformata in una polveriera, un deposito di munizioni! Segue saccheggio, come da norma di questi casi...


Mi fermo qui. La mia riflessione è solo questa:


Riusciremo mai a costruire un "Tempio" che non si distrugge per mano di altri uomini? Riusciremo mai a tenere il "nostro" Dio, fuori dalle nostre beghe?
Che pazienza, fiducia e speranza nel Futuro deve avere questo Dio che ha alitato il "soffio di vita" nel cuore di un mammifero così instabile, prepotente e arrogante.
Ma la realtà è questa: l'ha fatto.



mercoledì 15 aprile 2015

quattro principi sociali



Sto rileggendo, un po' per volta, la Evangelii Gaudium per provare ad assimilarne  le proposte e le idee, spesso spettacolari, che contiene.

Ieri mi sono imbattuto in quattro principi, che derivano da grandi postulati della Dottrina Sociale della Chiesa e che riguardano alcune "tensioni bipolari" caratteristiche di ogni realtà sociale (riferimento da 221 a 237).

"Tensione bipolare" non è un termine proprio facile, ma insomma è come dire che ci sono nella realtà sociale aspetti che sono opposti fra loro, come il polo positivo e quello negativo di un magnete, ma lo stare lì in mezzo per trovare l'equilibrio, senza buttarsi di qua o di là, comporta un vantaggio e una comprensione maggiore della realtà.

Solo ad enunciali si capisce quale contributo strepitoso potrebbero fornire ad uno sviluppo sociale  veramente in favore dell'umanità.
Eccoli:

  • Il tempo è superiore allo spazio
  • L’unità prevale sul conflitto
  • La realtà è più importante dell’idea 
  • Il tutto è superiore alla parte  

Lo spazio rappresenta il subito, l'ora, il tornaconto immediato, lo spazio locale. Il tempo è una dimensione di prospettiva, il fare guardando alle prossime generazioni, al futuro.
Bellissimo il riferimento alla parabola della zizzania (cfr Mt 13, 24-30). Lì si descrive un aspetto importante dell’evangelizzazione, che consiste nel mostrare come il "nemico" può occupare lo spazio del Regno e causare danno con la zizzania, ma è vinto dalla bontà del grano che si manifesta con il tempo. 

A me insegnavano: "meglio una cosa imperfetta in unità, che una perfetta in disunità". Quante volte si sperimenta la verità di questo motto in famiglia e in parrocchia, molto meno nell'ambiente di lavoro o nelle vicende politiche pubbliche!
Comunque la lettera del Papa evidenzia che di fronte ai conflitti c'è chi va avanti come se nulla fosse, lavandosene le mani, mentre altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri e perdono l’orizzonte. L'atteggiamento modello è «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9)

Il terzo principio sembra semplice. La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento.

Infine l'ultimo punto riguarda la globalizzazione e la localizzazione; entrambe sono importanti per non rimanere chiusi in un ambito ristretto col rischio  della meschinità quotidiana e viceversa per non cadere nell'universalismo astratto e globalizzante, come passeggeri mimetizzati del vagone di coda, che ammirano i fuochi artificiali del mondo, che è di altri... 
E d'altronde, il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. 
Altra esperienza che abbiamo occasione di vivere più spesso di quanto crediamo.

Mi rendo conto che la mia sintesi è inadeguata e imprecisa, naturalmente meglio andare a rileggersi il testo originale da soli. 

martedì 7 aprile 2015

Fior di pera

Questo alberello di pero non ne vuol sapere di crescere, ma nel frattempo ci regala questi bellissimi fiori.
Per quanto riguarda i frutti, come per ognuno di noi, ci vuole pazienza e saper aspettare il tempo giusto.



domenica 5 aprile 2015

Scacce e non chiamatele focacce

Mamma Salvina ci ha lasciato tanti anni fa, ma grazie soprattutto a qualche mese trascorso in casa sua quando Maria Teresa aspettava Marianna, abbiamo imparato a fare la scacce alla sua maniera.

Con gli anni abbiamo consolidato una tradizione tutta nostra secondo la quale le scacce si fanno a pasquetta e sono la base per la classica scampagnata, possibilmente con degli amici.

Per noi c'è una versione, chiamiamola così: classica, i cui ingredienti sono ricotta, cipolla, piselli, prezzemolo, formaggio grana (conditi con olio, sale e un po' di pepe).
Poi le varianti: con salsiccia e sugo, con salsiccia e piselli con patate, melanzane, peperoni (diciamo contorno mediterraneo), oppure prosciutto e mozzarella e via così, largo alla fantasia.

Nel filmato ho ripreso la caratteristica chiusura che io chiamo a libretto. Per me è un passaggio fondamentale! Non solo per la particolare forma che prende la scaccia, ma perché crea un doppio strato di ripieno separato dalla sfoglia.
Poi prima di infornare una spennellata d'olio qualche buco con la forchetta nella parte superiore e via, si attende il miracolo.



In questo preciso momento la prima delle due infornate è quasi pronta è in casa si sta spandendo un profumo delizioso tanto che, nonostante il pranzo di Pasqua - cioè ingolfo da cibo oltre il livello di guardia - verrebbe voglia di aprire il forno e infilarsi una scaccia  direttamente in bocca.

E' invece no, dopo la cottura si seguirà il rito annuale, secondo le norme di mamma Salvina.
Le scacce saranno coperte con uno strofinaccio umido e il tutto avvolto con delle tovaglie spesse in modo che l'umido della stoffa si trasmetta alla crosta e la mantenga morbida fino a domani.

Che dire: la tecnologia fa miracoli ma per quanto riguarda il profumo, bisogna accontentarsi della mia descrizione: fragranza di pane cotto, di grano croccante e di olio che sfrigola, dolcezza di cipolle e di piselli cotti sventagliati in tutti gli angoli della casa insieme all'aroma delle salsicce il cui grasso svapora ed è sostenuto dal pizzico del finocchietto.








mercoledì 1 aprile 2015


Salvatore Adamo

La notte... l'attesa

Il primo grande romanzo di un indimenticabile poeta e cantautore


Passando da un Belgio brumoso in cui la polvere di carbone sembra avere coperto ogni cosa a una Sicilia inondata di sole, il racconto di tutta una vita accompagna il lettore pagina dopo pagina come una melodia bellissima.

«Al calar della sera eravamo partiti da Vittoria, villaggio natale di mio padre, per trascorrere la giornata dell’indomani a Scoglitti, la spiaggia popolare più vicina, a quindici chilometri, ovvero a sette ore di carretta… Ci risvegliammo all’alba sulla riva del Mediterraneo in un fantastico fiammeggiare di corallo. Un’ostia immensa s’innalzava sull’orizzonte incandescente: il sole! Che bellezza! Guardavamo tutti e nove affascinati, senza parlare, incapaci di dare un giusto significato alle nostre parole senza rischiare la rovina e la perdita di quella briciola di eternità che ci era offerta.» 
Fazi Editore - febbraio 2015


Papà Toledo, ogni volta che in televisione appariva Salvatore Adamo mi raccontava che veniva da Vittoria e che il suo papà, prima di emigrare in Belgio, lavorava nella bottega di nonno Vincenzo. Nella mia immaginazione di bambino questo fatto mi faceva apparire il cantante come un parente prossimo e mi faceva nascere un moto di orgoglio, naturalmente immotivato.

Sul percorso Vittoria - Scoglitti fatto col carretto, ho invece il ricordo di mamma Salvina che raccontava quanto, anche allora, quella strada fosse trafficata. 
Lei la faceva in bicicletta, un po' seguendo il nonno Emanuele, un po' pedalando a rotta di collo per conto suo e rischiando, in più di una occasione, di finire sotto le ruote di un carro o scalciata dalle zampe di un cavallo.

Oggi, se cerchi su google foto di quella strada, trovi auto rovesciate, caschi distrutti, sagome per terra e sangue.