Nella prosperità l'uomo non comprende… (Sal 49,21)
Conosciamo tutti l’ospedale, per ragioni diverse. Certamente vi siamo nati e vi abbiamo generato i nostri figli e figlie. Ci andiamo per esami, analisi, visite e controlli; qualcuno è di casa perché ci lavora, altri purtroppo per problemi di salute, anche gravi. Luogo di attese, paure, speranze, sofferenze certo, ma anche luogo di ricchezza e profondità delle relazioni. Lì gli affetti conoscono un’ atmosfera tutta speciale, si fanno più intensi, più veri, si rinsaldano, si acquietano. È la forza della fragilità che ci fa toccare con mano il senso e lo spessore del nostro vivere, ci fa avvertire la preziosità dei nostri legami, ci mette in contatto con la dimensione Altra della vita, dove efficienza, produttività, prestigio, bella apparenza non entrano a dare sostanza e valore al nostro esserci. Perché nella malattia, nella sofferenza, ognuno è quello che è, spogliato di tutto quanto è accessorio, rivestito solo delle sue qualità umane, abitato da un unico profondo desiderio di ciò che veramente conta: vici- nanza e affetto, comprensione e tenerezza, considerazione e stima, dialogo e ascolto. Si tratta semplicemente dell’essenziale, di ciò che fa bella e umana la nostra vita, sempre. E per tutti, malati e sani, i momenti del soffrire possono svelare l’autentico modo di stare al mondo, quello calmo, pacato, paziente, generoso, consa- pevole, con lo sguardo volto al Signore, Colui che non ci fa mai mancare la sua vicinanza e la sua Tenerezza.
(Dove siamo di casa - L'Ospedale. Fascicolo della Diocesi di Milano per la Famiglia)
Appunti sparsi per documentare come si cambia; non perchè il tempo che passa ci invecchia, ma perchè ognuno può assecondare un profondo e intimo movimento interno. Cambiare è svelare progressivamente se stessi, essere consapevole delle proprie passioni, illuminare le relazioni con le persone che si amano.
lunedì 17 febbraio 2014
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