mercoledì 28 novembre 2012

matrimonio in Italia: di meno e più tardi

Molti quotidiani on-line di oggi riportano la notizia che, secondo le statistiche aggiornate dell'ISTAT, in Italia ci si sposa di meno e più tardi.

Certo ce ne rendevamo conto tutti "a naso", ma il conforto dei numeri evidenzia in modo impietoso questa tendenza.
Chi, come me e Mariateresa, si occupa di preparazione al matrimonio lo scopre anno dopo anno: le nuove coppie che desiderano sposarsi in chiesa sono poche e cresce la loro età media; ma in realtà basta guardare i propri figli, i loro amici e amiche, i figli e le figlie degli amici...

L’età media del primo matrimonio negli uomini è ora di 34 anni e quella delle donne di 31 anni (circa 7 anni di differenza rispetto ai dati del 1975). 
Sono inoltre diminuiti di 39 mila in 4 anni i matrimoni religiosi. 

A provocare il rinvio delle" prime" nozze (così c'è scritto, perché poi ci sono anche le statistiche dei successivi matrimoni) sono diversi fattori: 

Da una parte ci si orienta sempre più verso le unioni di fatt,o anche in presenza di figli o comunque si allungano le convivenze pre-matrimoniali.

Dall'altra è soprattutto la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine ad accentuare la tendenza; qui intervengono svariate motivazioni ognuna con differente impatto:
- l’allungamento dei tempi necessari al completamento della formazione scolastica, 
- le difficoltà sempre crescenti nel trovare  lavoro,
- la condizione di precariato del lavoro stesso, 
- la difficoltà di acquistare un’abitazione. 

In realtà sono decenni che queste cause vengono elencate, comunque, ad oggi, possiamo senz'altro aggiungere all'interminabile lista dei guasti provocati dalla crisi economica, anche  un aumento del senso di incertezza e insicurezza nei giovani.

Per aggiungere il carico finale, ci metterei pure - nessuno si offenda - che altre statistiche confrontando il comportamento dei giovani nel resto dell'Europa, affibbiano ai nostri figli l'etichetta di "mammoni". 
E in effetti, sembrano pensare in molti,  perché esporsi a rischi di scelte importanti quando tutto sommato un tetto è garantito e un rapporto affettivo con un partner comunque fruibile?

Mi rendo conto che per molte persone questi numeri non segnalano nessun fenomeno "negativo" ma solo un marcato cambiamento sociologico e comportamentale rispetto al passato.
Secondo me, al di là delle considerazioni religiose e morali, il matrimonio è una fonte inesauribile di energia per la coppia e di sostegno alla comunità sociale.
Certo, non un qualsiasi matrimonio: non fanno testo quelle coppie che si accontentano di "durare tanto" senza badare alla qualità del loro rapporto.
Che serve poter dichiarare venti, trenta quaranta anni di matrimonio se dietro c'è una vita fatta di tran-tran, senza impulsi vitali, senza una continua ricerca del bene reciproco, senza la volontà di superare i propri limiti e quello del coniuge, senza l'ebrezza di affrontare insieme le sfide della vita...?

...quindi in un certo senso il matrimonio non è qualcosa da "ripristinare" in una versione del passato più o meno recente ma una sfida da raccogliere per il futuro.

Che dire? Qualche settimana fa i vescovi italiani hanno pubblicato delle nuove linee guida per la preparazione dei giovani al matrimonio. Nelle conclusioni si scrive: " Riveste grande importanza la testimonianza di sposi e di  famiglie che vivono nella verità la loro vocazione". 

"Su questa strada voi assicurate un  servizio non solo religioso o ecclesiale, ma  anche sociale, contribuendo a costruire la città dell’uomo"

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