https://cajetanusparvus.com/2020/11/13/la-paura-di-vivere/
Appunti sparsi per documentare come si cambia; non perchè il tempo che passa ci invecchia, ma perchè ognuno può assecondare un profondo e intimo movimento interno. Cambiare è svelare progressivamente se stessi, essere consapevole delle proprie passioni, illuminare le relazioni con le persone che si amano.
sabato 14 novembre 2020
venerdì 2 ottobre 2020
Trichilum vs Trichos
Nobilità alle spalle?
Per me è sempre stato scontato che il cognome (pronunciato sdruciolo) proviene dal greco antico thrix trichos - capello
ma trovo ....
Antica famiglia siciliana, di chiara ed avita virtù, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di illustri genealogisti, andrebbe ricercata in un soprannome, basato, a sua volta, su una modificazione del termine latino "trichilum" (=fonte a tre bocche d'uscita), probabilmente, ad indicarne una caratteristica del luogo dell'abitazione della famiglia. In ogni modo, tal casato venne, verosimilmente, venne ammesso ai privilegi del cavalierato, in seguito alla partecipazione, sotto i vessilli aragonesi, connotata da coraggio e virtù, di un Martino Trichini alla guerra d'Otranto, del 1481, contro il turco invasore. Ma, d'altronde, la famiglia Trichini, in ogni epoca, sempre riuscì a distinguersi, grazie agli elevati personaggi, a cui diede i natali. Tra questi, senza nulla levar al valore degli omessi, ricordiamo: Giuseppe, fidato milite di re Giacomo I d'Aragona; Severino, tra gli illustri uomini che furono mandati per rappresentare re Alfonso, all'incoronazione dell'imperatore Federico ...
Stemma della famigliaDi rosso alla banda scaccata d'argento e di nero di tre file accompagnata da due rose d'oro poste una in capo e una in punta.
... Chissa!! Trichilum vs Trichos
venerdì 15 maggio 2020
Da Omelia papa Francesco 15/05/2020 Santa Marta
Nel Libro degli Atti degli Apostoli vediamo che nella Chiesa, c’erano tempi … di pace, tempi di persecuzioni, e c’erano anche tempi di turbamento.
… Questa gente ... aveva ridotto ... il dogma a un’ideologia: “si deve fare questo, e questo, e questo…”. Una religione di prescrizioni, e con questo toglievano la libertà dello Spirito.
La perfezione della strada per seguire Gesù era la rigidità: “Si deve fare questo, questo, questo, questo…”. Questa gente, questi dottori “manipolavano” le coscienze dei fedeli e, o li facevano diventare rigidi o se ne andavano.
Per questo, io mi ripeto tante volte e dico che la rigidità non è dello Spirito buono, perché mette in questione la gratuità della redenzione, la gratuità della risurrezione di Cristo.
… E anche nei nostri tempi abbiamo visto alcune organizzazioni ...
Dove c’è rigidità non c’è lo Spirito di Dio, perché lo Spirito di Dio è libertà.
Lo spirito della rigidità sempre ti porta al turbamento: “Ma questo l’ho fatto bene? Non l’ho fatto bene?”. Lo scrupolo. Lo spirito della libertà evangelica ti porta alla gioia, perché è proprio questo che Gesù ha fatto con la sua risurrezione: ha portato la gioia!
Il rapporto con Dio, il rapporto con Gesù non è un rapporto così, di “fare le cose”: “Io faccio questo e Tu mi dai questo”.
«Voi siete miei amici» “Non vi chiamo servi, vi chiamo amici”. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» Questa è la gratuità.
Chiediamo al Signore che ci aiuti a discernere i frutti della gratuità evangelica dai frutti della rigidità non-evangelica, e che ci liberi da ogni turbamento di coloro che mettono la fede, la vita della fede sotto le prescrizioni casistiche, le prescrizioni che non hanno senso.
Mi riferisco a queste prescrizioni che non hanno senso, non ai Comandamenti.
Che ci liberi da questo spirito di rigidità che ti toglie la libertà.
lunedì 11 maggio 2020
PUPAZZO DI NEVE
Il nonno
stava davanti e tirava la fune della slitta.
Sulla slitta
era seduto Nipotino.
Un passo più
indietro la nonna chiudeva la fila.
Nipotino era
incantato perché non aveva mai né visto né tanto meno toccato la neve, non aveva
mai scrollato il ramo di un albero pieno di neve provocando una cascata di
polvere bianca.
Arrivati
davanti a una casetta semisepolta dalla neve, i tre decisero di fare una sosta.
“Prendiamo
un po’ di sole”
disse la Nonna.
Figurarsi,
stare fermi con la testa in su, gli occhi chiusi… Nonno e Nipotino potevano
resistere al massimo il tempo di contare fino a dieci.
“Uno …
due … sette… otto … Ehi Nipotino
potremmo costruire un pupazzo di neve!”.
“Nipotino
mettiti i guanti!”
Gridò Nonna quando vide che Nipotino scuoteva le mani gelate una contro
l’altra.
Intanto il
pupazzo veniva su. Le manciate di neve si compattavano una sopra l’altra fino a
diventare una grande palla. Sopra, un’altra palla, un po’ più piccola per fare
la testa del pupazzo.
Un rametto a
far da naso - un naso molto particolare a dir il vero. Il berretto del nonno in
cima alla testa. Una pigna a formare la bocca.
“Nonno
mancano gli occhi!”
disse Nipotino precipitandosi dalla Nonna.
“Nonna, Nonna guarda nella tua
borsa. Abbiamo bisogno degli occhi”.
Nonna aveva
già rinunciato a prendere il sole e si sentiva coinvolta in questa
entusiasmante impresa.
“Ecco” disse Nonna. “Due bottoni! Chissà
come sono finiti qua”.
Uno rosso l’altro piccolo e bianco. Nipotino,
trionfante, li mise sopra al naso del pupazzo.
Ecco fatto, uno sghembo e
simpatico pupazzo era lì a far bella mostra di sé.
Il tempo di
fare una foto e poi venne l’ora di tornare indietro, i visi rossi per il freddo,
per l’aria e per il sole che scottava.
Pupazzo di
neve rimase lì – e dove altro poteva andare senza gambe per muoversi.
Pupazzo di
Neve, tirò un sospiro. Quanta bellezza. Che felicità aver ricevuto questo dono:
avere due occhi per guardare la valle, un naso – molto particolare a dire il
vero – per odorare la resina degli alberi, una bocca per assaporare il gusto
della neve un po’ ghiacciata.
Quando scese
la sera di addormentò, “Grazie” pensò. Poi venne un altro giorno di
sole, poi uno col vento e un altro ancora con una pioggia insistente.
Il primo a
cadere fu quell’invadente naso, poi l’occhio rosso, la pigna e infine anche il
secondo bottone. Alla fine dell’inverno, del pupazzo, le uniche tracce rimaste erano
due bottoni spaiati adagiati su un letto di foglie, rami secchi e pigne.
Ehi! Ma non
siate tristi.
Pupazzo di neve si era solo trasformato.
Era diventato acqua, si
era unito ad altra acqua e saltando, precipitando, riposandosi un po’ quando
era stanco, aveva raggiunto il mare!
Poi la sua
avventura era continuata. Trasportato dalle correnti aveva raggiunto i mari
caldi. In quel viaggio aveva incrociato una famiglia di tonni grandi così, aveva
cavalcato le onde e si era immerso in profondità.
Poi in un
giorno, molto, molto caldo, il sole l’aveva fatto salire in cielo. Era
diventato Nuvola.
Viaggiare sotto forma di Nuvola è molto vantaggioso. Si gira il mondo. Non una, ma tante
volte!
Da lassù gli
aerei ti passano in mezzo facendoti il solletico e se ti abbassi fino all'altezza degli alberi con una spinta fai tintinnare le foglie che è meglio
di un concerto della banda municipale.
Così tra il
dire e il fare, saranno passati … che dico, tre, quattro anni.
Poi Nuvola,
che non aveva mai dimenticato di aver avuto due occhi, un naso – in verità un
po’ particolare - e una bocca, trascinato da una corrente di aria fredda salì
più in alto e si trasformò … in neve… Insieme a tanti altri fiocchi venne giù
nel silenzio più assoluto, di notte. In un prato accanto a una casetta
semisepolta di neve, si adagiò.
Il nonno
stava davanti e tirava la fune della slitta.
Sulla slitta
era seduti Nipotino Grande e Nipotino Piccolo.
Un passo più
indietro la nonna chiudeva la fila.
Nipotino più
piccolo era incantato perché non aveva mai né visto né tanto meno toccato, la neve,
non aveva mai scrollato il ramo di un albero pieno di neve provocando una
cascata di polvere bianca.
Arrivati
davanti a una casetta semisepolta dalla neve, i quattro decisero di fare una
sosta.
“Nonno
facciamo un pupazzo di neve, come ieri”.
“Non era
ieri” rispose il
nonno “Era tre anni fa”.
“A me
sembra ieri”
insistette deciso il Nipotino Grande.
Insomma, che
in men che non si dica, un pupazzo di neve venne su tutto sorridente.
“Ehi
Nonno” disse pensoso
Nipotino Grande, “Mi sembra proprio lo stesso pupazzo di ieri”.
“Erano
tre anni fa, ma sì, che strano sembra proprio lo stesso identico”.
A Pupazzo di
neve scappava da ridere, ma non aveva la voce per farsi sentire, solo la pigna
che faceva da bocca per il gran ridere saltò via e cadde per terra.
CHE FINE HA FATTO LA STELLA COMETA?
C’era una
volta una stella cometa… UN MOMENTO, ma …
Lo sai cos’è
una stella cometa?
È una grande
pietra, grande come una città, fatta di polvere e ghiaccio.
La Stella
Cometa di cui parliamo, come tutte le stelle comete, veniva dal lontano spazio.
Un viaggio
interminabile, senza poter parlare con nessuno. Neanche una coperta per
scaldarsi.
Correva
veloce, vedeva scorrere lentamente dei puntini luminosi, le Vere Stelle che
brillavano di luce propria.
“Hai un
appuntamento luminoso”. Chissà come gli era venuto quel pensiero. “Hai un
appuntamento luminoso”.
Ma le cose
cambiano, si sa. Infatti, una delle stelle luminose divenne sempre più grande,
sempre più vicina. Era il Sole. Talmente vicina da provare per la prima volta il
Calore. La parte rivolta verso il Sole cominciò a sciogliersi e la Stella
Cometa diventò brillante di una luce riflessa.
Poi si girò e rimase senza
fiato! Non era più una palla di pietra, ora aveva una lunghissima coda fatta di
polvere di luce.
Non poteva crederci, era molto più bella della coda di un
pavone, molto più grande di un arcobaleno, molto più luminosa di tutte le
stelle lontane…
Fece un
mezzo giro intorno al Sole, inondata dal suo calore che era come un grande
abbraccio d’Amore e, piena di energia, cambiò direzione a tutta velocità.
Venne il
momento in cui davanti a sé, un po’ a sinistra, cominciò ad ingrandirsi un altro
puntino che diventava sempre più grande.
Una palla di un blu intenso, con strisce bianche che si muovevano intorno.
Il pianeta Terra.
Quando fu
più vicina ebbe la sensazione di essere spiata.
Ma si guardò attorno, era sola,
come lo era stata finora.
In verità
aveva ragione. Nel pianeta Terra, (tre) uomini Saggi, la stavano guardando da
tempo studiavano i suoi movimenti e la sua direzione. Discutevano fra loro.
Nel
loro essere Saggi, aspettavano un Evento Speciale: la nascita di un Bimbo-Re.
E quella
Stella così luminosa puntava proprio verso la Terra.
Sarebbe arrivata fra non
molto.
Era il Segno che aspettavano. Presero con sé i cammelli, i regali che
avrebbero portato al Bimbo-Re e partirono nella stessa direzione della Stella
Cometa.
Stella
Cometa si sentiva attratta verso la Terra, quella palla blu sempre più grande.
Una forza che non sapeva spiegare, l’attirava in quella direzione.
“Hai un
appuntamento luminoso”.
Erano le parole che ricordava. Aveva un appuntamento e
non l’avrebbe mancato, fosse con chi fosse…
In una calda
notte arrivò a passare sopra a una terra bellissima.
C’era un grande lago, un
fiume, più in la un deserto, tante colline.
La Stella Cometa era bellissima.
Al
massimo del suo splendore, la coda lunga come non era mai stata.
Si sentiva un
po’ come una sposa che va verso lo sposo.
E poi dall'alto li vide.
Tre uomini
Saggi che si avvicinavano e guardavano verso il Cielo, verso la Stella Cometa e
poi in avanti la strada.
E le parve
di riconoscere altre luci come avessero grandi ali; cantavano.
E vide altri
uomini, i pastori, che correvano verso una grotta.
E poi lo
vide, era Un Bimbo.
Era un Re.
Al colmo
della felicità la stella Cometa si tuffò nell'atmosfera del pianeta Terra.
Al
contatto con l’aria, il ghiaccio e la polvere sprigionarono tutta la luce e
l’energia che possedevano. Minuscoli fuochi con bagliori gialli, azzurri, e
bianchi sprizzavano e si disperdevano nell'aria.
Ora della
Cometa, in apparenza, non era rimasto più niente.
Aveva annunciato a tutti
l’arrivo del Bimbo-Re-della-Luce, ed ora in milioni di piccole particelle, faceva
parte lei stessa del pianeta Terra.
Era arrivata al suo appuntamento Luminoso.
IL TESORO DI TONI
Toni, viveva
circondato da gente semplice, in una piccola casa, di piccolo paese dal curioso
nome, Paese-Qui, circondato da verdi colline rotonde e campi di terra rossa
dove nodosi alberi ricchi di foglie si tenevano compagnia a distanza.
Toni era
apprendista falegname. Lavorava nel paese Vicino. Ogni mattina saliva sua
bicicletta blu, ben curata, lucidata, freni in ordine, sellino imbottito,
campanello squillante. In effetti Toni non possedeva tante cose. Oltre alla
bicicletta, aveva una borsa di pelle consumata dove teneva i suoi attrezzi di
lavoro. Una pialla, una sega dai grossi denti, un martello ricurvo … cose così.
Quella
mattina, come tutte le mattine, salì sulla bicicletta in direzione di Paese
Vicino. Quella notte era venuto un acquazzone e la strada era ancora umida. Ad
una curva più stretta, in discesa, Toni perse il controllo della bicicletta e
in un attimo si trovò a volare oltre il fosso, gambe all’aria, atterrando in un
campo di terra rossa, proprio accanto ad un albero nodoso. Si rialzò: uno
strappo ai pantaloni sulle ginocchia, un graffio nel gomito, un colpo alla
spalla. Tutto sommato era ancora intero e anche la bicicletta, sarebbe bastato
togliere un po’ di fango.
Stava per ritornare
nella strada, quando un raggio di sole illuminò qualcosa proprio accanto Alberobello nodoso.
Incuriosito,
Toni si avvicinò all'albero. C’era qualcosa che spuntava seminascosto nella
terra. Con le mani scavò, tolse il fango e rimase con gli occhi spalancati. Era
un cristallo rosso, con tante facce luccicanti. Tornò a scavare lì vicino e
trovò altre pietre con striature verdi, dorate e argentate, così tante che ci
sarebbe voluto un carretto per portarle via. Non poteva credere ai suoi occhi.
Era pieno di gioia. Aveva trovato un Tesoro!
Pensate che
era un Tesoro arrivato direttamente dal Cielo un posto lontano, nascosto e
profondo. Non era un tesoro qualunque come quelli che nascondono, che so i
pirati o i ladri dopo una rapina. Infatti, solo coloro che avevano un cuore che
sa amare, poteva vederlo. Per gli altri quelle pietre erano solo sassi senza
valore.
Con le mani
coprì di nuovo il Tesoro, poi risaltò sulla bicicletta e andò al lavoro.
“Ho scoperto
un Tesoro straordinario, se fosse mio, cambierebbe la mia vita per sempre!” si
continuava a ripetere. “C’è un solo modo per poterlo avere. Devo comprare il Campo
in cui è nascosto”.
Soldi
proprio non ne aveva. L’unica soluzione era vendere tutto quello che possedeva.
Quando
arrivò il sabato, lucidò per bene la sua bicicletta, e pulì per bene i suoi
attrezzi. Poi andò al mercato per vendere la sua merce.
Ne ricavò un
intero sacchetto di monete; non granché in verità.
DUE FRATELLINI
In una bella famiglia vivevano due fratellini. Il più grande
si chiamava Primo, il più piccolo Secondo.
Primo era un po’ geloso.
Di nascosto guardava il fratellino
e pensava: “Ma chi ce l’ha mandato questo qua. Stavo così bene. Se lui non ci
fosse potrei mangiare tutta la cioccolata invece di dividerla. Avrei il doppio
di giocattoli. Poi, quando voglio parlare, mamma e papà non dovrebbero sempre
dirmi – aspetta che sta parlando tuo fratello, non lo interrompere qui e non lo
interrompere là… - Non si potrebbe rispedirlo da dove è venuto? Se potessi, basterebbe
un attimo, pin-pum-pan!”.
D’altro canto, anche Secondo guardava con sospetto il
fratello più grande e pensava: “E dire che all’inizio mi sembrava un eroe!
Invece mi tocca sempre ripararmi dai suoi colpi, poi mi devo accontentare del
giocattolo più piccolo e come se non bastasse papà e mamma dicono sempre – no
questo non lo puoi fare, questo neanche, sei piccolo aspetta di crescere come
tuo fratello… Che noia! Se potessi, basterebbe un attimo, pin-pum-pan!”.
Quella stessa sera mamma e papà lanciarono l’idea:
“Prendiamo la macchina e andiamo tutti insieme a vedere i grandi fuochi
d’artificio. Dicono che sarà un evento spettacolare!”
In effetti era uno spettacolo. Nel cielo della notte apparivano
scie luminose che formavano di volta in volta giganteschi fiori azzurri e
gialli, fontanelle altissime di luce che scendevano come l’acqua, palle di
tutti i colori, ali d’angelo, razzi di fuoco... I colpi uno dietro l’altro
sembravano un assolo di batteria Ska e Metal Rock.
Poi un sibilo più acuto e forte degli altri che entrava
nelle orecchie ZZZZSSHHHHHHHH. Una esplosione da far tremare il cuore dentro al
petto… Pin-Pum-Pan!
Secondo, spaventatissimo, portò le mani alle orecchie,
chiuse gli occhi, forte forte. Primo, non stava certo meglio. Piegò la testa
sotto le ginocchia e chiuse gli occhi con le mani davanti alla faccia.
Quando Primo riaprì gli occhi si trovava nella sua
cameretta. Solo. Suo fratello, pin-pum-pan, non c’era più. “Non ci posso
credere. Il mio sogno si è avverato. Questi sono tutti miei, tutti miei!”
Sapete, la cosa veramente strana era che anche Secondo,
riaprì gli occhi dopo lo spavento. E anche lui si trovava nella sua cameretta.
Solo. Suo fratello, pin-pum-pan, non c’era più. “Non ci posso credere. Il mio
sogno si è avverato. Questi sono tutti miei, tutti miei!”
Come in due mondi paralleli, erano diventati entrambi figli
unici.
Primo, saltava, tirava fuori tutti i giocattoli, si
precipitava sulle caramelle, sognava gelati enormi tutti per sé. Si sentiva il
Re-Unico, finalmente.
Poi accese la TV. Un po’ di cartoni animati. “Ehi in questo
canale c’è Cross-man! Secondo, Secondo” Chiamò con tutto il fiato. “Secondo
vieni c’è Cross-man il tuo preferito!”.
Ma nessuno rispose, Secondo non c’era. L’aveva tanto
desiderato… ed ora cosa succedeva... si sentiva solo. Con un grande sospiro
mormorò: “Mi manca quel piccoletto! Come vorrei fosse qui.”
Beh, ormai l’avete capito anche a Secondo stava succedendo
la stessa cosa. L’eccitazione di avere tutto per sé e poi la solitudine. “Come
vorrei fosse qui, quel fratellone così forte!”.
La macchina guidata dal papà saltò sopra una buca, ops! uno
scossone e uno strappo.
“Ehilà ragazzi. Vi siete svegliati? Come avete fatto ad
addormentarvi? Proprio sul più bello dei fuochi d’artificio. Crollati come due
pere mature dall'albero. Dai fra poco siamo a casa”.
Primo allungò la mano verso il fratellino e incontrò la mano
di Secondo che cercava la sua.
Con le manine strette una sull'altra in un attimo stavano di
nuovo dormendo.
Sereni e insieme.
domenica 12 aprile 2020
Il seme che aveva un Nome
Pasqua 2020: Pasqua di quarantena, nella qiuale non posso vedere nessuno dei miei quattro nipotini, se non attraverso lo schermo di un cellulare o di un computer.
Per loro ho scritto un racconto, attingendo ad un tema molto utilizzato per parlare di vita nuova: quello del seme.
Se ne stava appeso sull’albero a testa in giù…
No non era
una scimmia …
No, neppure un serpente ….
Insomma, lasciatemi il tempo di raccontare ….
Dicevo se ne stava sull’albero a testa in giù, attaccato a
un ramo, gli piaceva farsi cullare dal vento. Da lassù poteva gustare il calore
del sole e la luce delle stelle.
I grilli cantavano un ritmo punk che lo rendeva felice, si
sentiva al sicuro, si sentiva speciale.
E così lasciava passare i giorni e le settimane.
Tutti i suoi fratelli erano già volati via o caduti giù a
terra. Una famiglia di piccoli semi che erano cresciuti dentro al guscio.
Nessuno aveva loro spiegato da dove provenissero e dove
sarebbero andati, ma chissà perché, loro lo sapevano.
Sarebbero cresciuti e un giorno, qualcuno sarebbe diventato
un nuovo albero.
Come? Chissà questo era per tutti un mistero.
Questo piccolo seme sapeva anche di avere un nome: Pasqualino.
E intanto continuava a rimanere lì appeso al ramo, a
divertirsi, a fare il solletico ai bruchi che gli passavano vicino.
Il fatto è che lui aveva un segreto. Lui sapeva di essere
un seme speciale.
Quindi i misteri erano due: come avrebbe fatto a diventare
un nuovo albero, lui così minuscolo e, perché aveva un nome, Pasqualino, che lo
rendeva così “speciale”?
Tutto cambiò il giorno in cui sul ramo si poggiò l’uccello Nero-come-la-notte.
Aprì e chiuse le sue ali, gettò un rauco grido e si guardò attorno con occhi
liquidi.
Con un gesto crudele artigliò il guscio, lo strappò dal
ramo e prese il volo, portandosi dietro anche il piccolo seme Pasqualino.
Chiuso fra gli artigli del
rapace Pasqualino aveva paura e non capiva cosa stesse succedendo. Gridava:
“Dove sono? Cosa sta succedendo? Voglio scendere!”.
Poi di colpo l’uccello Nero-come-la-notte
lasciò andare la sua preda che cadde a terra. Il seme si staccò definitivamente
dal suo guscio e rotolò a terra, lontano.
Per un attimo Pasqualino si
illuse. Rimase lì, fermo, tremante.
Tutto immobile.
Ma durò poco, senza più il
sostegno del guscio, il primo vento che passò di lì lo sollevò e lo trascinò
via di campo in campo, di strada in strada. Pesanti scarponi lo calpestarono e
lo graffiarono, finché non rimase sommerso da una grande zolla di terra rossa.
Lì sotto la terra, il seme
Pasqualino cominciò a ripensare nuovamente al suo destino.
Ora però si sentiva confuso, solo; aveva paura, era al
buio. “Forse era tutto un inganno”, pensò, “Non diventerò mai un grande albero,
non saprò mai perché ho un nome”.
Troppi pensieri. Pasqualino lentamente si
addormentò coperto da una terra morbida, umida, calda.
Pasqualino dormì un giorno intero, poi ne passò ancora un
altro e il piccolo seme non si svegliava, al terzo giorno successe una cosa
incredibile.
Il seme si spaccò e proprio in quel punto venne su un piccolo
germoglio che si fece strada fra la terra fino a spuntare fuori timidamente:
era di un verde brillante e aveva già due minuscole foglioline.
Pasqualino era di nuovo sveglio e si guardò con meraviglia.
Non era più un seme, era… insomma cos’era? Una minuscola pianta, ma aveva tutto
quello che gli serviva per diventare un albero: l’acqua della pioggia, il
calore del sole alternato al fresco della notte, la brezza del vento.
Ecco era tutto vero, quello che era successo a lui sarebbe
successo anche ai suoi fratelli semi che vivevano nel suo vecchio guscio.
Chissà dove erano adesso, trasportati dal vento!
Poi gli venne in mente che aveva un altro mistero ancora da
risolvere. Lui aveva un nome si chiamava Pasqualino! Cos’altro doveva ancora
succedere?
Quando già era cresciuto abbastanza perché gli uccellini
potessero poggiarsi sui suoi delicati rametti, arrivò un uccello Bianco-come-la-luce.
“Ciao Pasqualino” Gli disse l’uccello. “Ehi ma tu conosci
il mio nome! Come fai a saperlo?”
Gli rispose Bianco-come la-luce: “Oh! Certo che lo so, tu
sei Speciale. Tu sei Unico e insieme sei Primo!”
Pasqualino, non ebbe più bisogno di spiegazioni. Tutto scorreva
dentro di sé.
Lui è l’Albero-che-vivrà-per sempre. Non ci sarà bisogno di
seguire il ciclo delle stagioni. Lui è sempre-vivo perché – ora lo vede
chiaramente - contiene in sé tutti gli autunni, gli inverni, le primavera e le estati.
Pasqualino sa ora di contenere anche il sole e i grilli che
suonano il punk, il vento ballerino e quello impetuoso e perfino i bruchi a cui
fare il solletico.
Lui contiene tutti i semi del mondo e i tutti i frutti della
terra.
Insomma, Pasqualino è proprio la Vita stessa.
L’uccello Bianco-come-la-luce volò via.
Pasqualino pensò: “questo posto è proprio un paradiso!”
lunedì 17 febbraio 2020
Cammino Francese 2019
Il Cammino di Santiago da Saint Jean Pied de Port a Santiago raccontato da Massimo ed Enzo
Giugno-Luglio 2019 -800 Km indimenticabili, vesciche comprese!
Cammino Francese 2019-1 Pirenei-Navarra (link al canale You-Tube)
Cammino Francese 2019-2 La Rioja (link al canale You-Tube)
Cammino Francese 2019-3 Mesetas (link al canale You-Tube)
Cammino Francese 2019-4 Castilla y Leon (link al canale You-Tube)
Cammino Francese 2019-5 Galizia e Santiago (link al canale You-Tube)
Cammino Francese 2019-6 L'Oceano (link al canale You-Tube)
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