venerdì 28 dicembre 2007

Genesis, revelations (2)

Ecco le prime impressioni ricavate dalla lettura di Genesis Revelations, anche se è ancora "in progress".

- La prima considerazione è sul prezzo: quaranta-nove Euro sono veramente troppi.
- Bellissime foto, e non mi riferisco solo a quelle scattate durante gli spettacoli dove fasci di luci colorate spiccano sullo sfondo scuro e neppure a quelle famosissime che fissano i personaggi scenici impersonati da Peter. Le foto bellissime sono quelle in bianco e nero che ritraggono dei bravi ragazzi intensamente applicati a strimpellare sui loro strumenti con passione e ingenuità e con pochi mezzi.
- Veramente avvincente il racconto che procede in parallelo dando voce ai vari protagonisti. Ne viene fuori un caleidoscopio di informazioni che lascia al lettore la possibilità di cogliere diverse prospettive.
- Interessante scoprire attraverso le parole dei compositori come è avventa la nascita di alcuni pezzi famosissimi come Stagnation, The knife, The musical box, Supper's ready, Apocalypse 9/8...

Alcune frasi mi sembrano da incorniciare:

Peter Gabriel: Molti musicisti amano suonare, più che comporre, vivono la scrittura come qualcosa che si deve fare per arrivare al prossimo assolo. Per noi, invece, comporre era il fulcro dell'attività.

Antony Philipps: Fu fantastico potersi dimenticare della sequenza strofa, ritornello, strofa, ritornello. E' una soluzione che ha le sue virtù, ma può essere limitante, soprattutto nella musica strumentale. La nostra creatività era finalmente libera, ci sentivamo addosso una carica straordinaria.

Peter Gabriel: ...facevamo buona musica e avevamo la sensazione di essere entrati in territori inesplorati.

Peter Gabriel: Quando ottenemmo un colloquio....ascoltò la registrazione, sorrise e disse: "Bene ragazzi. Qualunque cosa stiate facendo, continuate, ma non datevi alla musica, perché non ce la farete mai".

Antony Philipps: Tenemmo uno spettacolo al nord, dove c'era più gente sul palco che fra il pubblico. Ci consigliarono di smettere.





venerdì 21 dicembre 2007

Genesis, revelations

Anch'io, come buona parte dei cinquantenni quando sento nominare i Genesis, mi agito sulla sedia, illumino la mia espressione, ripenso a quelle sonorità irripetibili.
Naturalente è alla formazione originale dei Genesis che mi riferisco. Quello che è successo dopo il 1975, è un'altra storia; una band che casualmente ha mantenuto il nome e alcuni componenti dell'originale gruppo.
ll concerto di quest'estate fa farte delle delusioni.




(From Genesis to revelation), Nursery cryme, Trespass, Foxtrot, Genesis live, Selling England by the pound, The lamb lies down on Broadway: un concentrato di creatività melodica e strumentale, indovinate scelte nei timbri sonori, costruzione di rif originali, intensità nell'esecuzione. Non per niente molti giovani di oggi continuano ad apprezzare.
Ora esce questo libro, "Genesis Revelations" (Ed. De Agostini), da non mancare per chi vuole rivivere la storia del quintetto.

Io me lo sono regalato per Natale, ed ora è sotto l'Albero.

Vedi anche impressioni durante la lettura: qui



mercoledì 19 dicembre 2007

Via del Commercio

Potrebbe benissimo essere il nome di una strada del famosissimo gioco del Monopoli. Ma non è così (controlla qui), è il nome di una via nel quartiere di Nervi, all'estrema periferia est di Genova.

Come il nome suggerisce era, fino qualche decennio fa, una piccola zona industriale insediata nella minuscola e stretta valle creata dal torrente Nervi; un torrente sempre secco, salvo una volta l'anno quando le piogge autunnali lo facevano diventare improvvisamente minaccioso a causa dei possibili straripamenti; negli spazi rubati alle colline incombenti trovavano posto vari magazzini, una fabbrica di apparecchiature dentarie e un'altra di profumato cioccolato, vari artigiani svolgevano le loro attività.
Sulla stretta strada, che costeggiava il percorso tortuoso del torrente, si arrampicavano i palazzi costruiti negli anni sessanta, quelli che ospitavano gli immigrati siciliani, calabresi e napoletani.
Per questo motivo il quartiere era visto con un po' di disprezzo: da lì proveniva la piccola criminalità, lì si concentravano le famiglie numerose, nel greto del torrente secco giocavano i chiassosi ragazzacci, i ragazzi del fiume.
Ancora più a monte, oltre il cimitero, oltre la cava, la strada si interrompeva nel letto del torrente, per riprendere qualche centinaio di metri oltre. Gli ultimi casolari contadini, Mulinette, abitati da altri immigrati, infine, prima che l'acqua raccolta dalle colline sparisse sotto i sassi, si poteva fare un tuffo in qualche laghetto d'acqua limpida, regno delle rane e delle anguille.

Poi un bel giorno, ma io non abitavo più lì, un progetto di copertura del letto del fiume, del quale si fantasticava da sempre, trasformò la zona. La strada raddoppiò la sua larghezza, qualche aiuola abbellì i bordi, le case furono ridipinte, le fabbriche se ne andarono in cerca di spazi più adeguati.

Ma i miei sogni, che spesso sono ambientati in quella strada, non hanno recepito il cambiamento, tutto è rimasto come negli anni settanta.
Non così nell'ultimo sogno della serie, dove invece mi sono ritrovato a guardare, dalla costa della collina, il paesaggio sottostante, con crescente stupore.
Là dove la strada si interrompeva confondendosi con il letto del torrente, sorgeva un ponte e oltre ancora una schiera di lussosi villini abbarbicati al ripido costone del monte: un alberello, un box, un'aiuola, e di nuovo: un alberello, un box, un'aiuola.
Poi la strada saliva lungo la piccola valle, oltre i piloni dell'autostrada, per ricongiungersi nell'altro versante ad un'altra nuovissima strada panoramica, tagliando in due tronconi i boschi di castagni e di pini che ancora oggi resistono.
Sempre nel sogno, guardavo con apprensione l'orrenda opera estetica e ne valutavo con ansia anche i rischi rispetto alla furia delle piogge autunnali.

Per fortuna mi sono svegliato, era un sogno. Per strada, verso l'ufficio, ci pensavo ancora e mi sono reso conto che la realtà non è poi così distante: la speculazione sta trasformando S.Ilario, ha inglobato la chiesetta di S.Rocco un tempo raggiungibile solo a piedi, altri cantieri delimitati da barriere in plastica rossa si intravvedono verso l'interno della valle, i vecchi ruderi di casolari diventano improvvisamente ville e il costo dei terreni si impenna. La valle di Via del Commercio è proprio lì sotto, con le sue ferite antiche e nuove.
Chissa se era un sogno o una premonizione.

venerdì 14 dicembre 2007

Quiz sulla vita eterna

Ho un quiz da sottoporre a chi passa per di qua.

Chi ha scritto queste parole? A me sono piaciute.

Naturalmente, prima si risponde, poi si controlla su Google; altrimenti non vale.


"L'eliminazione della morte o anche il suo rimando quasi illimitato metterebbe la terra e l'umanità in una condizione impossibile e non renderebbe neanche al singolo stesso un beneficio.

Ovviamente c'è una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittorietà interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non è stata creata con questa prospettiva. Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda più profonda: che cosa è, in realtà, la «vita»? E che cosa significa veramente «eternità»?

La parola «vita eterna» cerca di dare un nome a questa sconosciuta realtà conosciuta. Necessariamente è una parola insufficiente che crea confusione. «Eterno», infatti, suscita in noi l'idea dell'interminabile, e questo ci fa paura; «vita» ci fa pensare alla vita da noi conosciuta, che amiamo e non vogliamo perdere e che, tuttavia, è spesso allo stesso tempo più fatica che appagamento, cosicché mentre per un verso la desideriamo, per l'altro non la vogliamo.

Possiamo soltanto cercare di uscire col nostro pensiero dalla temporalità della quale siamo prigionieri e in qualche modo presagire che l'eternità non sia un continuo susseguirsi di giorni del calendario, ma qualcosa come il momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità".




mercoledì 12 dicembre 2007

Questione di luce

La strada che conduce verso casa è immersa nel buio della notte. E' un buio speciale perché i lampioni, le insegne, le luci dalle finestre, tutto, senza alcuna eccezione, è spento.
Anche il cielo è invisibile: senza stelle e senza luna, senza l'ombra delle nuvole.
Un'oscurità globale dove le indistinte forme degli alberi e dei marciapiedi si differenziano solo per l'intensità del nero che sembrano emanare.
Nell'avvicinarsi alla mia abitazione, se possibile, il buio diventa ancora più denso e l'avanzare dei passi è guidato solo dal ricordo dei luoghi nella mia memoria.

Si apre il portone svelando il profilo di una figura che mi invita a rientrare. Un filo di luce illumina quanto basta il breve cammino che rimane da percorrere; entro nell'atrio illuminato.
Da lì posso gettare lo sguardo verso la strada deserta dove il buio sembra voler inglobare avidamente la luce che ha interrotto brevemente l'oscurità.
Il portone si richiude alle mie spalle.
Penso che l'ascensore mi riporterà a casa, ma non è così: mi ritrovo al piano superiore.
Un cartello nel pianerottolo avverte: "ENEL - benvenuti e buon Natale".
Che beffa: ENEL, è l'ente erogatore della luce; dovrebbe esserlo, ma qualcosa non va per il verso giusto. Niente che si possa associare ad un buon Natale.

(sogno 10/12)

Forse l'interruttore generale della luce che accende il proprio mondo è davvero a due passi da casa. Non ne siamo consapevoli.

martedì 11 dicembre 2007

Poltiglia italiana

Di pochi giorni fa la notizia che secondo uno studio del Censis, la coesione sociale italiana è diventata della consistenza di una poltiglia; per citare il Corriere : "il Paese si disperde in una poltiglia di massa, una mucillagine di elementi individuali e di ritagli umani tenuti insieme da un tessuto sociale inconsistente".

E' quello che facilmente si constata camminando sulle strade dei nostri quartieri.
Ecco il racconto, di una nostra amica; un fatto avvenuto nel centro di Genova in pieno giorno.

Su un autobus poco affollato, la nostra amica, che chiameremo Antonella, viene pesantamente apostrofata da tre extra comunitari. Non parlano italiano, ma gesti e sguardi sono pesantemente allusivi alla sfera sessuale.
Spaventata, cerca un rifugio accanto ad altri passeggeri. Si "arremba" un poco contro una signora che sta per scendere, cercando di attirare la sua attenzione. E infatti la ottiene: "Guardi che io non posso andare più in là di così", viene rimproverata.
Finalmente il bus si ferma, le portiere si aprono e le due donne scendono; Antonella cercando di scusarsi abbozza: "Mi scusi per prima, ma ero spaventata, quei tre tipi..."
La donna si ferma a guardarla in faccia e con aria impettita e risolutiva la interrompe: "Non mi interessa!".
Se subito dopo ad Antonella tremavano le gambe non era per la minaccia dei tre imbecilli ma per la risposta della signora per bene.

lunedì 10 dicembre 2007

Fa bene alla salute

Riccardo mi segnala un blog su De Mello , in lingua inglese. E' un autore che cito spesso perchè ritengo che il suo approccio alla Religione sia molto comprensibile e adatto a chi proviene da altre culture.

Il sito oltre a contenere vari link interessanti per chi vuole approfondire il suo pensiero, ricorda che i testi di De Mello sono considerati pericolosi dalla Congregazione per lla Dottrina della Fede Cattolica.
Ma bisognerebbe ricordare che i libri di Padre Anthony sono stati scritti in un contesto multireligioso, per aiutare seguaci di altre religioni, atei e agnostici nella loro ricerca spirituale; non sono da intendersi come un manuale di istruzione sulla dottrina cristiana o sui dogmi.

Infatti i suoi libri, nonostante i divieti, continuano ad essere seguiti e letti.

Sapete com'è in queste cose, magari bisogna aspettare un pochino, giusto qualche secolo e poi verrà riconosciuta la sua grandezza, anche ufficialmente.

In tutta trasparenza mi sento di esprimere:

Leggere Anthony de Mello, fa bene alla salute (interiore).


giovedì 6 dicembre 2007

Spezzare le catene

Alle parole del Dalai Lama accosto quelle di Anthony de Mello a ribadire in cosa consiste la religione.

La religione non è una questione di rituali
o di studi accademici.
Non è un tipo di culto
o compiere delle buone azioni.
La religione consiste
nello sradicare le impurità del cuore.
Questa è la via da percorrere per incontrare Dio.


Anthony de Mello

Non fare confusione

Il Dalai Lama, è uomo saggio che non cerca proseliti:

"E' più salutare rimanere con la propria fede di cuore, quella di nascita, altrimenti si rischia di far confusione".
"La religione del cuore è quella cui si appartiene" nulla vieta, comunque, "di imparare anche dalle altre".

«Nonostante le differenze filosofiche, tutte le maggiori tradizioni religiose danno lo stesso messaggio pratico: amore, compassione, perdono, tolleranza e disciplina morale, perciò tutte le tradizioni hanno qualcosa in comune».

lunedì 3 dicembre 2007

Soggiorno

"Venite, accomodatevi qui".
Qui dove? Dové che facciamo mettere comodi i nostri ospiti?
Nel salotto di casa naturalmente, l'abbiamo pensato a questo scopo: un divano largo e basso, se c'è spazio a sufficienza lo facciamo girare ad angolo. Abbiamo disposto un tavolinetto dove poter posare qualche bicchiere o un piccolo vassoio.
Ora ci sistemiamo, noi e la coppia di amici che stiamo ospitando. Comincia un balletto di movimenti accennati, che porterà ad una formazione.
Come se fosse una partita di calcio dove l'allenatore decide lo schema: 4-4-2, 4-3-3 e così via.
A volte i due uomini e le due donne si siedono accanto e avviano discorsi separati e differenti: due sessi a confronto; ma un'altra volta è la coppia ospitante che si pone di fronte agli ospiti: due unità a confronto.
Poi le varianti: per favore una sedia alta, altrimenti mi addormento. Io qui vicino al calorifero, sono infreddolita (o vicino alla finestra perché scoppio dal caldo).

Inevitabilmente da qualche parte troneggia una Tivvù. Siamo abbastanza consapevoli da capire che deve essere spenta (a meno che l'obiettivo non sia proprio guardare insieme un film o una partita) perché è un ostacolo all'ascolto reciproco.

Il corpo dei nostri ospiti, lentamente, si abitua all'ambiente che abbiamo preparato. Gli occhi si muovono per cogliere i segni.
Una libreria, uno scaffale dove fanno mostra di sè i soprammobili, una lampada, qualche pianta, il colore delle pareti e i quadri che abbiamo scelto, un tappeto.
Chissà cosa stiamo comunicando? Ostentazione, esibizione, sfoggio; oppure: artificiosità, mimetizzazione, simulazione, banalità o ancora: discrezione, semplicità, essenzialità, linearità, sobrietà, vitalità, naturalezza, spontaneità.
Magari non ce lo siamo chiesti ed ora avvertiamo solo un disagio o il conforto.
La stanza che abbiamo scelto come salotto, dove è posizionata? Nel punto più freddo della casa oppure sul lato più bello della facciata? E' grande a sufficienza per farci stare comodi, o purtroppo abbiamo dovuto accontentarci di qualcosa di insufficiente? Quali rimedi abbiamo pensato per ridurre i difetti?

Comunque sia, il tempo per le schermaglie iniziali, è passato; se abbiamo vissuto bene i gesti dell'accoglienza nell'ingresso, ora seduti nelle poltrone e nel divano, siamo pronti ad ascoltarci.
Già, pronti. Ascoltarsi, come se fosse semplice; come se fosse un'operazione scontata.
C'è a chi non basta una vita per imparare a farlo.

Incontro un cosìdetto amico:
"Ciao come va al lavoro". Già, penso, è a conoscenza dei cambiamenti in atto. Comincio a raccontare, accenno una preccupazione. Lui mi interrompe "Ah, sapessi anch'io quante preoccupazioni". Ed io sto lì con la mia frase monca, il pensiero non espresso, bloccato per dieci interminabili minuti ad ascoltare i suoi problemi.
Chissà quante volte l'ho fatto anch'io, inconsapevolmente, con persone che avevano bisogno di confidarsi con me.

Nella figura in basso un uso alternativo del salotto di casa mia da parte di tutti i soggetti di sesso maschile da anni sedici ad anni cinquantaquattro.

lunedì 26 novembre 2007

Gli esami

esiste un modo di dire: "Gli esami non finiscono mai".
Non dovrebbe essere così, al contrario, sono sempre troppi gli esami a cui siamo sottoposti, o ai quali ci sottoponiamo da soli in una sorta di accanimento molesto.
Anche senza essere esperti è fin troppo facile associare ad un sogno sugli esami da superare, un momento di incertezza, l'idea che quello che si sta facendo è legato ad un giudizio esterno che condizionerà il proprio futuro.
E' un sogno che cade in un periodo di attività lavorativa frenetica legata alla contingenza di una cessione d'azienda: un nuovo ruolo da trovare, nuovi interlocutori, il desiderio di essere apprezzato.

Comunque un messaggio dall'interno a cui rispondere, rispolverando le tecniche della lentezza, moltiplicando le micro occasioni per svincolarsi dalla prigione del "rendimento" a cottimo.
Che meraviglia quando si riesce a dire a se stessi : "E finalmente basta esami!".


L'orologio sulla parete dell'aula che ospita gli esaminandi scorre inesorabile. Il mio elaborato è ancora in bianco, non riesco a capire neppure il significato della domanda, figuriamoci abbozzare una soluzione. Mi decido a intraprendere l'unica strada percorribile: copiare. Estraggo un foglio nascosto fra le pieghe di un libro, contiene passo-passo tutti i passaggi per completare l'esercizio. E' incredibile ma anche così, anche con i risultati davanti agli occhi, il quesito e il procedimento mi risultano completamente oscuri. Procedo come se dovessi ricalcare un disegno con la carta velina e copio schemi e formule incomprensibili. Un membro della commissione si avvicina al mio banco, precipitosamente nascondo con un braccio il foglietto, mentre l'esaminatore scruta il mio elaborato e compiaciuto mi incoraggia: "Bravo, sei sulla strada giusta". Già ma ora ci vorrebbe, da parte mia, una domanda, un'osservazione qualsiasi per confermare la mia capacità. In realtà rimango assolutamente muto incapace di commentare un qualcosa sul quale non ci capisco niente.
(sogno 26/11)

giovedì 22 novembre 2007

Come sei diventato blogger?

Come sei diventato blogger?

Ricevo da Riccardo e rispondo con piacere alle domande, di questo "meme" il cui percorso inverso è il seguente:
ricevuto da P|xeL , lui lo ha ricevuto da Napolux, che lo ricevuto da Julius

Cosa ti ha spinto a creare un blog?

Ad un certo punto della mia vita pensavo di aver fatto delle scelte definitive. Pensavo che non sarei più cambiato (e neanche lo desideravo). Ma grazie ad una grande difficoltà, ho riscoperto le mie radici. Ad un certo punto ho sentito il bisogno di fissare da qualche parte le idee che mi bollivano dentro e trovandomi più a mio agio con una tastiera che con una penna, ecco che il blog mi è parso lo strumento giusto. Inoltre il blog mi permette di condividere i miei "cambiamenti" con quelle poche persone che mi seguono ma a cui tengo molto.

Il tuo primo post?
Risale al Giugno 2005, sfogliando il blog il primo post sembra questo disegno di papà regalo di mia figlia nel 2000 (l'originale è in vista sul mio comodino), in realtà il primo post scritto per essere un post è un sogno: l'angelo dei sogni

Il post di cui ti vergogni di più

In tutta onestà, nessuno.

Il post di cui sei più fiero

Tanti, perchè nei miei post rivelo spesso parti nascoste e ilmio lato debole, cose che di persona direi solo ad un amico di lunga data: i miei sogni, i miei ricordi d'infanzia (per esempio il tram), le mie idee.

Il prossimo livello, se desiderano rispondere, è per Paolo, MariaTeresa, Carlo, poi non mi dimentico dei miei vicini di 2000blogger jackventura, michelinux (al suo nuovo blog), Alessandro Corsini, e ioamofirenze

domenica 18 novembre 2007

Di che indirizzo sei?

Quando compili un modulo facilmente arrivi al riquadro in cui devi compilare un indirizzo.
Spesso la casella, sbrigativamente, viene etichettata con "Via", e allora tu, che abiti in un "lungoqualcosa" o in "spianata", devi barrare con la penna o specificare diversamente negli appositi spazi -che non bastano mai-.
Oppure, se il modulo è on-line, puoi aprire una cosidetta "list box" dove puoi scegliere fra varie alternative, dove non troverai mai "Scaletta" nè tanto meno "Varco". Niente di grave direte, ma un po', in fondo in fondo, infastidisce che non sia stato contemplato il tuo stradario.

Quando poi mi sono reso conto che per qualcuno esiste una specie di gerarchia sociale nel dichiarare il proprio indirizzo, allora ho capito che il problema è più serio del previsto.
Vuoi mettere - ragiona qualcuno - abitare in "Corso" o in "Viale", quanto sia socialmente qualificante rispetto all'anonimità di una "Via", "Strada", "Piazza"? Senza neanche confronto con chi dovrebbe sottovoce dire che abita in "Vicolo" o "Fossato".
Seguendo la stessa logica, chi si sente molto ambientalista dovrebbe ambire abitare in un "Poggio", al "Belvedere" o alla "Marina", affinchè la sua consapevolezza sia certificata anche all'anagrafe.
Mentre invece dovrebbe provare un senso di transitorietà e precarietà chi deve accontentarsi di "Rampa", "Accesso", "Distacco", roba da aggiungere a lato l'indirizzo di uno psicologo.

Mi sono divertito a guardare lo stradario di Genova e, salvo dimenticanze, ecco quello che ho trovato.
Ho provato a raggruppare secondo un criterio di libera associazione mentale.

viale, corso: decisamente i primi della classe, distinzione signorile e garbata.
via, strada, piazza: la banalità di tutti i giorni.
stradone: quell'accrescitivo, non inganna nessuno, anzi svela il senso di inferiorità.
piazzetta: molto trend, quando viene buio si comincia a vivere, ti spacci da giovane anche oltre i quarant'anni.
piazzale, piano, spianata, rotonda, largo: ma che convivi con i camionisti?
parco, villetta, giardini: un altro mondo, che non si abbassa a competere.
molo, calata, isola, diga, pontile marina, porticciolo: scusate ma voi sapete cos'è il mare? Fatevi la coda per venire a vederlo.
galleria, portici: la ricchezza di un tempo, quando non c'erano i centri commerciali.
sentiero, viottolo, fossato, poggio, belvedere: "là dove c'era l'erba ora c'è una città".
passo, traversa, varco, accesso, rampa, distacco: già detto, se mi scrivete vi passo l'indirizzo di un buon psicologo.
sottopasso, sottopassaggio, cavalcavia: mi spiace davvero tanto, tutto il mio cordoglio.
lungofiume, lungomare, lungoparco, lungotorrente: signori, sarà lungotorrente ma cercare di intrufolarsi con il lungomare è proprio da sfacciati!
salita, discesa, scalinata, scaletta: e va beh, ma ve la siete cercata voi, ora per la spesa alla coop non venite a disturbarmi.
crosa, crosino: se non siete di Genova domandatemi cosa sono.
vicolo, vico: il fascino della città vecchia, con le case che si scaldavano una attaccata all'altra.
porta, mura, viadotto: le vestigia del passato.

giovedì 15 novembre 2007

Roba vecchia

Le terrazze, nei tetti della citta vecchia, sono uno spettacolo nello spettacolo. Si aprono oltre porte di alluminio o di legno spesso sgangherate; panni, stesi con corde improvvisate, si alternano ad antenne tv semiarrugginite; sopra mattonelle barcollanti ondeggiano ombrelloni rabberciati; oltre la ringhiera, nei cornicioni, ciuffi d'erba consolidano le loro radici nella terra che il vento ed il tempo accumulano; altre terrazze, più in là, altri abbaini, altri panni stesi, cavi che scendono e si intersecano disordinatamente.
Magicamente l'insieme assume un aspetto affascinante, armonico e profondamente vissuto.

Nel mio sogno salgo sulla terrazza e mi guardo intorno in questo variopinto paesaggio; il mio sguardo si ferma sugli oggetti accatastati accanto al muro: roba vecchia, materassi macchiati, divani scoloriti dall'acqua e sfondati, sedie di legno sgretolate, pezzi di bicicletta sparpagliati.
Un disordìne che sa di abbandono e stride con la povera e pulita dignità degli altri tetti.

Vorrei portare via tutto questo ciarpame ma non so da dove cominciare, non so come fare...


Di quale parte vecchia di me stesso, mi devo disfare?

martedì 13 novembre 2007

domenica 11 novembre 2007

Ratatouille e... come si cambia

Ratatouille, pur essendo un cartone animato (con una animazione sbalorditiva), offre tanti spunti di riflessione.
Riporto un dialogo fra il topino Remy e il suo papà che cerca di dissuaderlo.

-> No, non ci credo, mi stai dicendo che il futuro può essere soltanto questo?

-> Sì, è così che stanno le cose, non puoi cambiare la natura.
-> Cambiare, fa parte della natura, è quella parte della natura che possiamo influenzare, e comincia solo quando lo decidiamo noi.
-> Dove vai?
-> Con un po' di fortuna, avanti!


Qui un sito per leggere Commenti, recensioni, frasi celebri ed altro.

Qui invece la La ricetta.

venerdì 9 novembre 2007

Cambiamenti azionari... e non solo

Ecco, ora la notizia è pubblicata: dal 1° Dicembre sarà pienamente operativo il passaggio di Costa Container Lines in Hamburg Sud.

Le prime voci interne in primavera, poi gli articoli sulla trattativa in corso, a partire da Agosto; da Settembre la due-diligence che precede la definizione finale della trattativa.

Mi posso un po' sbottonare e, forse, si capiscono molti sogni ansiogeni che ho cercato di fissare, nel blog, nei mesi scorsi.

E' proprio il caso di dire: Opportunità o Problema?

Ma in questo contesto non voglio affrontare l'argomento dal punto di vista professionale ma da quello strettamente umano.

Il resto lo affido al mio blog Informatica e Organizzazione.

Se c'è una cosa difficile è stare nel guado, in una di quelle situazioni in cui non hai più quello che avevi prima, le tue certezze costituite dal ruolo, dalle abitudini consolidate, dagli equilibri nei rapporti, e non hai/sai ancora il quello che verrà dopo.

Il verbo più azzeccato, secondo me è "stare".

Occorrerebbe stare. Non farsi prendere dall'ansia, non precipitare le cose, non trarre affrettate conclusioni.

Occorrerebbe continuare a proporsi positivamente. Non concentrasi sul cestino che qualcuno ti sta chiedendo di posare a terra, e neppure soffermarsi troppo su quel momento più o meno lungo in cui in mano non hai niente, ma guardare oltre per individuare il prossimo cestino che potrebbe anche essere migliore.

Appunto bisognerebbe...potrebbe...Vuol dire che qualche volta ci si riesce e qualche volta no.

Questo vale come atteggiamento interiore, perchè poi il risultato finale dipende anche da altri che decidono per te, qualche volta senza di te.

In questi giorni la morte di Enzo Biagi e la citazione di una sua frase: "Una delle cose peggiori che un uomo può fare è togliere il lavoro ad un'altra persona".


domenica 4 novembre 2007

Du iu nnou London?

Finalmente Londra!
Aggiungo un'altra bandierina alla lista delle nazioni "visitate".
E' proprio come si dice in giro. Londra è una citta cosmopolita. In questi giorni di elevata densità di turismo si sentiva parlare napoletano, veneto, romano ed emiliano!
Scherzi a parte, più dei monumenti, per quanto famosi e imponenti siano, rimane impresso soprattutto il contatto con l'ambiente: non solo etnie diverse ma anche sovrapposizione di culture completamente differenti.
Con assoluta naturalezza si incontrano donne chiuse nel loro velo islamico o avvolte dai vestiti tradizionali indo-pachistani oppure calibrate dentro strepitose minigonne mozzafiato.
Ragazzi con pantaloni penzolanti e uomini in perfetto stile "city of London". Affollati negozi di fama internazionale e poveri appiattiti contro il muro.
Perfino l'interpretazione del clima è assolutamente personale, per cui convivono nello stesso istante, indipendentemente dalla temperatura esterna, maniche corte e abbottonati giubbotti in pelle.

La cosa più complicata: comprare i francobolli.
La cosa più semplice: girare con la metropolitana.
La cosa più scontata: la cabina telefonica rossa.
Il posto più affollato: Portobello road.
Il posto più tranquillo: lungo il Tamigi.
Il posto più lontano: l'albergo ad Epping.

giovedì 1 novembre 2007

2 Novembre: le cose dei morti

Halloween: la festa più antipatica dell'anno si avvicina.
Sì, antipatica perchè piovuta dal niente, senza radici, venuta come un alieno da un altro pianeta a cancellare la ricorrenza dei "morti", la ricorrenza della commemorazione dei defunti.
Nella mia Sicilia, questa festa era molto sentita dai bambini. A casa mia i regali non arrivavano con Gesù Bambino ma con il giorno dei morti, il 2 Novembre.
La parola "morti" non aveva nessun riferimento spaventoso, nessun incubo, nessuna maschera da indossare per esorcizzare la paura.
I "morti" erano i bisnonni, i nonni, gli zii e le zie che ci avevano dato il loro affetto e che, anche se erano non più fra noi, continuavano ad amarci.
Scusate se è proprio un'altro messaggio educativo rispetto ad Halloween.

Il pathos era enorme, i preparativi dei genitori erano segreti e misteriosi c'era anche una poesia da recitare:
"Armi santi, armi santi/ io sugnu unu e vuatri tanti/ Mentri sugnu 'ni stu munnu di guai/ cosi ri morti mittitimìnni assai".
(anime sante, anime sante, io sono uno voi siete tante, mentre sono qui in questo mondo di guai, "cose dei morti" mettetemene tante)
"Le cose dei morti", sono i regali. Quella parola: "cose" è dolce e profonda come il tempo, spalanca e allarga il significato di regalo perchè racchiude tutti i valori, tutta la fatica, tutta la riconoscenza.

Ma oltre a raccogliere regali, la festa era un'occasione per mangiare dolci speciali fatti di frutti di marzapane, di marmellata solida di mele cotogne, di "canistreddi", di biscotti "crozzi ‘i mottu", (ossa di morto) e di frutta secca.

Attingo ai miei ricordi.
Trovo le corse verso la casa di Zi' Peppina, una donnina bassa e ricurva perennemente vestita di nero, che mi accoglieva sempre con grande tenerezza e mi regalava una manciata colma di dolcissima uva passa.

Trovo il racconto della Zia Mariuzza che con la voce, imita la nonna Salvatrice che dice: "Sono i morti e non gli abbiamo preso niente, la mamma è in campagna, andiamo noi a comprargli qualche cosa". Poi, segue un impreciso elenco di regali, tra cui spicca una trombetta per suonare, un carrozzino, un cavallino e tanti altri giocattoli (la zia ha delle incertezze, non ricorda più). Infine l'imitazione della mia voce di piccolo "Enzo mangialegnate" che con tono stridulo, saltellando per lo stupore e per l'eccitazione del momento, esclama: "...e sono tutti miei, sono tutttti mieeei".

per saperne di più: qui, qui, qui.

lunedì 29 ottobre 2007

Le voci di dentro

Le voci di dentro.
Commedia di Edoardo DeFilippo che ho visto al Teatro della Corte di Genova.

Protagonisti i sogni. Non che possano fotografare direttamente la realtà, ma è grazie a loro che si svelano i veri sentimenti delle persone. Sogni che permettono di guardare, come oltre ad un buco del muro, verso una realtà fatta di sentimenti, di relazioni, di sospetti, di malafede.
"...Ammè non m'abbruci. Era o core, era il cuore mio che per non essere bruciato, se n'è uscito dalla pancia e si è messo a correre. Fèrmate " Strillavo io, "Fermati, io comme campo senza core..."

Amara commedia di E. De Filippo dove l'uomo saggio ha smesso di parlare perchè se il mondo è sordo, tanto vale essere muti.
Dove il protagonista aspetta una risposta che possa alleviare il senso di sfiducia negli uomini che lo circondano. Ma la risposta, che pure, sotto la forma dei botti provocati dai fuochi d'artificio, arriva, non è decifrabile.
"M'à parlato (zi' Nicola) ma nunn'aggio capito, non ci possiamo capire più. Non si capisce".

Rimane solo la sconsolante constatazione delle meschinità.
"Assassini...avete sospettato uno dell'altro..io vi ho accusato...e voi lo avete creduto possibile...un assassinio nel bilancio della famiglia... la stima che ci mette a posto la nostra coscienza, che ci dà la possibilità di guardarci dentro... la fiducia scambievole, la possibilità di guardarci negli occhi..."

Si rimane soli con un futuro da ricostruire. Aggiungo io, magari ripartendo dai sogni colorati, ricordo della giovinezza spensierata.
"Quando ero ragazzo tenevo un sacco di sogni, ma belli, mi parevano uno spettacolo di operetta di teatro, e quando mi svegliavo facevo tutto il possibile per addormentarmi un'altra volta per vedere se era possibile di sognarmi il seguito."

mercoledì 24 ottobre 2007

Entrare in contatto con i propri sentimenti

Dedicato a una persona che mi ha confidato qualcosa...

Ma va bene per tutti, Antony De Mello è il maestro di "come si cambia". Abbiate la pazienza di arrivare fino in fondo anche se è un post un po' lungo.

Brano tratto da "Scopri te stesso e riprenditi la vita".

La prima cosa da fare è entrare in contatto con i sentimenti negativi di cui non si è consci.
Un sacco di gente ha dei sentimenti negativi, senza rendersi conti di averli. Un sacco di gente è depressa, senza rendersi conto di esserlo. E' solo entrando in contatto con la gioia che si rende conto di quanto sia stata depressa. Non si può affrontare un cancro che non si è individuato. Non ci si può liberare degli insetti nocivi che infestano la propria azienda agricola, se non ci si è resi conto della loro presenza.
La prima cosa da raggiungere è la consapevolezza dei propri sentimenti negativi.
Quali sentimenti negativi? La malinconia, per esempio.
Ci si sente malinconici e di cattivo umore. Si prova odio nei confronti di se stessi, o dei sensi di colpa. La vita sembra non avere scopo, nè senso.
Ci si sente feriti, nervosi e tesi.
Prima di tutto, entrate in contatto con questi sentimenti.
Il secondo passo è capire che il sentimento è dentro di voi, non nella realtà. E' una cosa talmente evidente, ma le persone lo sanno? Non lo sanno, credetemi. Hanno il master e sono rettori di universita', ma non hanno capito questo.
A scuola non mi è stato insegnato a vivere. Mi è stato insegnato tutto il resto. Come ha detto qualcuno: "Ho avuto un'ottima istruzione. Mi ci sono voluti degli anni per farmela passare".
La spiritualità è tutta qui, sapete? Disimparare. Disimparare tutte le scemenze che vi sono state insegnate.
I sentimenti negativi sono dentro di voi, non nella realtà. Dunque, smettete di tentare di cambiare la realtà. E' una follia!
Smettete di tentare di cambiare l'altro. Sciupiamo le nostre energie e il nostro tempo cercando di cambiare le circostanze esterne, cercando di cambiare il nostro coniuge, il nostro capo, i nostri amici, i nostri nemici e tutti gli altri.
Non dobbiamo cambiare nulla.
I sentimenti negativi sono dentro di (voi). Nessuna persona al mondo ha il potere di rendervi infelici. Nessun evento al mondo ha il potere di turbarvi o farvi del male. Nessun evento, nessuna condizione, nessuna situazione, nessuna persona. Nessuno vi ha mai detto questo: vi è sempre stato detto il contrario. Ecco perchè vi trovate nei pasticci, adesso. Ecco perchè siete addormentati. Nessuno ve l'ha mai detto, ma è evidente.
Supponiamo che la pioggia rovini un pic-nic. Chi è a reagire in modo negativo? La pioggia, o (voi)? E cosa provoca questo sentimento negativo? La pioggia o la vostra reazione? Quando sbattete il ginocchio contro il tavolo, il tavolo sta benissimo. Si occupa di fare quel che dovrebbe - e, cioè, il tavolo. Il dolore è nel vostro ginocchio, non nel tavolo.
I mistici continuano a tentare di farci capire che la realtà va bene così com'è.
La realtà non è problematica. I problemi esistono soltanto nella mente umana. Anzi, potremmo aggiungere: nella mente umana stupida, addormentata.
Togliete gli esseri umani da questo pianeta, e la vita continuerebbe, la natura continuerebbe a svilupparsi in tutta la sua bellezza e la sua violenza. Dove starebbe il problema? Nessun problema.
Voi avete creato il problema. Voi siete il problema. Vi siete identificati con il "me", ed è questo il problema. Il sentimento è dentro di voi, non nella realtà.
Mai identificarsi con quel sentimento. Non ha niente a che vedere con l'"io".
Non definite la vostra essenza in termini di quel sentimento. Non dite: "Sono depresso".
Se volete dire:"C'è depressione" va bene. Se volete dire che c'è malinconia, va bene. Ma non dite:"Sono malinconico" - perchè, in questo modo, vi definite alla luce di quel sentimento.
E' questa illusione, è questo il vostro errore. In questo momento c'è una depressione, ci sono dei sentimenti feriti, ma così sia, lasciateli stare.
Passeranno. Tutto passa, tutto. Le vostre depressioni e le vostre emozioni non hanno niente a che vedere con la felicità. Quelle sono solo oscillazioni del pendolo. Se cercate eccitazione ed emozioni, preparatevi alla depressione. Volete la vostra droga? Preparatevi ai contraccolpi. Il pendolo oscilla da un estremo all'altro.
Questo non ha niente a che vedere con l'"io", nè con la felicità. E' il "me".
Se ve lo ricorderete, se lo ripeterete a voi stessi un migliaio di volte, se proverete questi tre passi un migliaio di volte, ci arriverete. Magari vi basteranno tre volte, o anche meno. Non lo so: non ci sono regole. Ma fatelo mille volte, e farete la più grande scoperta della vostra vita.
...
Ma non è necessario appartenere a qualcuno, a qualcosa, o a un gruppo. Non è nemmeno necessario innamorarsi.
E' necessario amare. E' tutto qui: questa è la vostra vera natura. Ma la verità è che mi state dicendo che volete essere desiderati. Volete essere applauditi, volete essere attraenti, con tutte le scimmiette che vi corrono dietro. State buttando via la vostra vita. (Svegliatevi)! Non ce n'è bisogno. Potete essere felici e beati senza tutto questo.
...
Come si possono cambiare le cose? Come potete cambiare voi stessi? Ci sono molte cose da capire qui, o meglio, una sola cosa che si può esprimere in molti modi.
Immaginate un paziente che va dal dottore per dirgli di cosa soffre.
Il dottore dice: "Bene, ho capito i suoi sintomi. Lo sa cosa farò? Prescriverò un farmaco al suo vicino!".
Il paziente risponde: "Grazie mille, dottore: mi sento già molto meglio".
Non è assurdo? Eppure è proprio quel che facciamo tutti noi. La persona addormentata pensa sempre che si sentirà meglio se sarà qualcun altro, a cambiare. Si soffre perchè si è addormentati, però si pensa: "Come sarebbe meravigliosa la vita se qualcun altro cambiasse; come sarebbe meravigliosa la vita se il mio vicino cambiasse, mia moglie cambiasse, il mio corpo cambiasse".
Vorremmo sempre che fosse qualcun altro a cambiare, in modo da sentirci meglio. Ma vi siete mai accorti che anche se vostra moglie cambia, o vostro marito cambia, su di voi non ha alcun effetto? Siete vulnerabili tanto quanto prima; addormentati tanto quanto prima.
Siete voi ad avere bisogno di cambiare, ad aver bisogno della medicina.
Continuate a insistere: "Mi sento bene perchè il mondo va bene". (Sbagliato)!
"Il mondo va bene perchè io mi sento bene". E' quel che dicono tutti i mistici.

lunedì 22 ottobre 2007

Chiudi gli occhi e tieni ben aperta la mente

"Chiudi gli occhi e tieni ben aperta la mente" è la frase con la quale si incoraggiano i due ragazzi protagonisti del film Un ponte per Terabithia.

Sembra un altro paradosso, un gioco per ragazzi, o al massimo un proverbio orientale.
Eppure se si tengono "gli occhi chiusi e la mente aperta” si può davvero andare oltre, imparare, acquistare consapevolezza, crescere.

C'è un'occasione quotidiana per farlo. I nostri sogni! Imparare a riconoscre i segni dei sogni sarebbe imparare a leggere una parte fondamentale di noi stessi.

Chiudere gli occhi può significare staccare ogni tanto la spina del 'tutto logico', del 'tutto programmato' e lasciarsi vincere dalla propria creatività.

giovedì 18 ottobre 2007

Ogni viaggio comincia da vicino

Conosco qualcuno che quando ha letto questa frase, che ho fotografato quest'estate a S.Giulio di Orta, ha esclamato "Che banalità!".
Ora l'ha capita.
Quando ti senti con il culo per terra, un fallimento ti blocca e ti sembra che recuperare sarà impossibile, quando le difficoltà ti sembrano insuperabili, la fatica insopportabile o ti senti inadeguato, non pensare a tutto il percorso che hai davanti, alla mole degli ostacoli, fai come il marciatore che si concentra e pensa solo al prossimo passo che dovrà fare.
"Un passo, uno solo ce la posso fare".


Ogni viaggio comincia da vicino

mercoledì 17 ottobre 2007

Quando chiedere scusa

Nel giro di una settimana mi è capitato due volte di citare una storiella di Nasruddin con persone che stavano tentando di scusarsi e il cui risultato era quello di peggiorare la situazione.
Li ho interrotti e raccontato quanto segue:

Un giorno Nasruddin disse al re che qualche volta le scuse non sono necessarie e che anzi l'effetto che provocano non fa che aggravare l'azione iniziale. Sfortunatamente il sovrano era di parere contrario e si sa che spesso chi detiene il potere non accetta di essere contraddetto.

"Impossibile. Provamelo o ti faccio decapitare" disse il re.
Posso immaginare che il saggio, con un inchino, si congedò senza aggiungere altro.
Il giorno dopo mentre stavano guardando il giardino dalla veranda, Nasruddin amorevolmente diede una pacca al sedere del re.
"Nasruddin, che cosa stai facendo?" disse il re, scioccato.
"Mi scusi vostra altezza, pensavo che fosse la regina...", fu la risposta.

Inutile aggiungere che il nostro beniamino non ebbe la testa tagliata, per quella volta.


lunedì 15 ottobre 2007

Missione: salvare l'ambiente ad ogni costo

Oggi è il

Bloggers Unite - Blog Action Day

Breve racconto di fanta-ecologia.

"E' incredibile!" disse Ozy "Tutti i giorni le stesse notizie inquietanti sullo stato dell'ambiente nel mondo; se va avanti così non riusciremo più a respirare".
Erano mesi che ci meditava sopra, ma ormai si era convinto che non ci fosse altra soluzione se non quella di passare alla lotta armata.
"La difesa nel nostro piccolo mondo è prioritaria rispetto alla legalità e ad ogni tolleranza".
L'unico modo per sconfiggere gli eco-terroristi era scendere sul loro stesso terreno di lotta.
Le notizie sul monitoraggio dello strato dell'Ozono nell'atmosfera non lasciavano spazio a interpretazioni.
Da qualche parte nel mondo c'erano centrali sovversive che immettevano nell'aria quantità sempre crescenti di veleno. I terroristi si erano installati in zone remote e irraggiungibili e da lì con differenti tecniche perseguivano i loro fini malefici.
Immense zone di savana erano state riconvertite con la coltivazione di archeo-piante che ogni giorno contribuivano a degradare l'ambiente.

Era pur vero, lui abitava in un piccolo paradiso.
Ozy aprì la finestra è inalò a fondo le fragranze che giungevano ai suoi recettori odorosi.

Come non apprezzare quell'aroma gradevole e caratteristico di tetraidrofurano che il vento portava con sé insieme alle nebbie basiche e ai vapori lievi di ammonio-cloro.
Il fiume, appena più in là, scorreva denso e lento, con le sue meravigliose striature argentee e ramate dovute alla presenza dei metalli pesanti.
Una leggera pioggia acida scendeva come ogni mattina, spazzolando gli angoli dell' Urbania e sterminando quelle tenaci forme di flora verde che cercavano di attecchire negli angoli più esposti.

Sì, avrebbe lasciato questo posto incantevole per mettersi a disposizione della comunità.

Lui era stato assegnato al gruppo Europeo.
Gli altri erano già partiti, verso La-grande-Pianura dove la foresta, nonostante tutti gli sforzi, aveva ripreso a crescere, producendo incalcolabili danni a causa dell'ossigeno immesso ogni notte nell'atmosfera.
Verso Le-Alti-Montagne, dove (che ribrezzo gli faveva il solo pensiero) bisognava bloccare un nuovo afflusso di acqua trasparente, inodore, con bassissime percentuali di additivi organici che si produceva a causa dall'accumulo crescente di ghiacci oltre i tremila metri.
Ma la sua missione sarebbe stata quella più pericolosa, lo scontro con il nemico.
Già il nemico.
Da un incalcolabile numero di generazioni quella sotto-specie di viventi era vissuta semi-agonizzante nelle sacche delle vallate più nascoste e inaccessibili. D'altronde loro erano uno scherzo della natura, un errore genetico sopportato dall'evoluzione.
Bisognava sterminarli quando erano pochi.
Ora invece...si erano inventati una storia inverosimile secondo la quale c'era stato un tempo in cui loro sarebbero stati i padroni della Terra, e oggi sarebbero i sedicenti sopravvissuti di un'eldorado nel quale la superficie del pianeta era solcata da fantasiosi laghi e fiumi; dove invece delle steppe sconfinate che rallegrano il cuore c'erano boschi e foreste di flora che trasformava l'energia del sole in energia chimica liberando ossigeno.
Ossigeno. Ecco la pazzia, ecco la mostruosità, ossigeno, per i loro apparati respiratori mutanti: i polmoni.

Ma ora tutte queste bestie che avevano alzato la testa, a causa di qualche variazione nel ciclo di emissione dei raggi Z-gamma della Stella Madre che illumina il cielo, ora avevano i giorni contati.
Quelle macchine che demineralizzavano e spogliavano l'acqua, la scomponevano nei componenti elementari e ripompavano ossigeno nel circolo vitale, sarebbero state spazzate via insieme ai nuovi barbari.

Ozy, richiuse la finestra, indossò le protezioni e le armi che gli erano state consegnate e si diresse verso l'appuntamento con la Storia.

giovedì 11 ottobre 2007

La casa

I due sposi entrano nella casa che hanno appena acquistato.
Una intensa luce proviene dalla finestra del salone. Corrono ad affacciarsi, a dilatare il loro cuore di fronte al panorama di alberi verduriosi, di colline dolcevoli e di un placido fiume che scorre nelle vicinanze.
Dall'altra parte si apre una porta che conduce nell'orto dietro la casa, dove, accovacciato al sole, un gatto sonnecchia mentre una pecorella bruca ciuffi di erba rigogliosi.
Nella stanza degli ospiti due letti a castello sono già montati per accogliere gli amici che vorranno trascorrere il fine settimana con loro.
Questa casa è una meraviglia, è un sogno divenuto realtà, è...
Una leggera vibrazione interrompe i loro pensieri. Un tremito crescente sotto i loro piedi. Barcollando tornano ad affacciarsi alla finestra.
Lo stupore è di molto superiore al panico: l'orizzonte sembra inclinarsi lentamente mentre loro scivolano di lato.
Tutta la casa si sta piegando come una nave che vira improvvisamente o come un ponte levatoio che...
Un ponte levatoio. La casa è su un ponte levatoio. La casa è il ponte levatoio.
Il tono grave del suono di una sirena segnala il passaggio dell'imbarcazione sotto di loro, poi, lentamente, la casa di adagia nuovamente nella posizione di riposo e aspetta.
Silenzio denso di indescrivibili veloci pensieri. Occhi negli occhi, smarriti.
Poi il lampo: gestire l'inevitabile!
I due sposi riprendono il giro della loro tenera abitazione e fantasticano. Gli amici che verranno, la loro sorpresa, l'invidia sulle labbra di alcune persone, l'originalità dell'esperienza, i mobili rizzati ai muri per non cadere, il tavolo fissato al pavimento con le posate a calamita, l'acqua che scorre qualche decina di metri sotto i loro piedi, la luce intensa che proviene dalla finestra del salone.

(elaborato da un sogno del 9/10)

Ma si stanno facendo andar bene quel che c'è, chiudendo gli occhi alla realtà e subendola, o stanno affrontando la vita dal verso giusto perchè imparano a valorizzare quello che hanno?

martedì 9 ottobre 2007

Blog Action Day

Il 15 Ottobre si avvicina!

Scrivi un articolo sul tuo blog che si colleghi ad una problematica di tua scelta riguardante l'ambiente.
Io ho preparato un breve racconto che pubblicherò Lunedi prossimo.

Bloggers Unite - Blog Action Day

lunedì 8 ottobre 2007

Se non fossi un informatico

Cammino per strada, il tragitto è quello casa-ufficio che percorro quattro volte al giorno (automobile messa all'indice).

Spesso il pensiero è in continuità con le problematiche del lavoro: una decisione sofferta da prendere, un progetto che non decolla, la risposta da inviare al collega...
Questa volta c'è lo spazio per un gioco.
Se non fossi un informatico, cosa vorrei essere? Se, come mi raccontavano i miei genitori, dall'età di quattro anni, non avessi sempre risposto di voler diventare un ingegnere (sarà poi vero?), Cosa mi sarebbe piaciuto diventare?

  • Un musicista di strumenti a fiato (ma non di musica classica, il pop progressivo è la mia bandiera).
  • Un falegname, anzi un ebanista (e qui siamo sulle orme del papà).
  • Uno scrittore (forse i miei blog sono un timido approccio).
  • Un insegnante (come mi piace spiegare agli altri quello che ho capito!)
  • Un pensatore (veramente volevo scrivere un mistico ma chissa se si capisce).

giovedì 4 ottobre 2007

Il lupo di Gubbio

"Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d'Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini; in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s'appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s'eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo. E per paura di questo lupo e'vennono a tanto, che nessuno era ardito d'uscire fuori della terra. Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano; e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co'suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo.

Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così: "Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona". Mirabile cosa a dire!

Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere ......."

dai Fioretti, capitolo XXI






Se nella vita si incrocia un lupo e ci si convince di essere sbranati, certamente così sarà.
C'è un altro atteggiamento, che nasce da una consapevolezza interiore positiva di se stessi, che permette di giocare le proprie possibilità; a volte il lupo non è brutto come appare.

mercoledì 3 ottobre 2007

Austria

Vienna - Schonbrunn
Vienna, la casa Hundertwasser
Innsbruk - Il tettuccio d'oro

Salisburgo - Camminare sulle uova



martedì 2 ottobre 2007

Come cambia una zucca

Vienna, Palmenhouse.
Prima me l'hanno presentata come contenitore per una porzione di gnocchi alla zucca.



Poi ci siamo conosciuti meglio e abbiamo fatto quattro risate insieme...

mercoledì 26 settembre 2007

Pessimismo e Felicità

Fra i tanti, ancora un racconto con protagonista Nasruddin per riflettere che cambiare atteggiamento nei confronti della vita è sempre possibile. Che nessuno è condannato a convivere con il pessimismo.

Alla fine della sua vita Mulla Nasruddin dichiarò che aveva sempre vissuto nella tristezza, ma che ora, all'improvviso, si sentiva felice. Tutti gli abitanti del villaggio rimasero sconvolti, stupiti da quella notizia: quell'uomo era sempre stato depresso, triste, aveva sempre visto il lato oscuro delle cose, come mai ora era tanto allegro. Era sempre stato un pessimista, vedeva sempre spine in ogni cosa. Una volta ebbe un raccolto eccellente: tutti i suoi meli erano carichi di frutta, e un vicino gli disse: "Ora, finalmente, non potrai lamentarti. Questo raccolto farà cadere su di te una pioggia d'oro, che mi dici, Nasruddin?" E Nasruddin, immerso nella tristezza più nera disse: "Va tutto bene, ma dove troverò ora mele marce per nutrire i maiali?" Un uomo simile sarà sempre infelice, perfino di fronte a un raccolto eccellente vede difficoltà. All'improvviso quest'uomo divenne felice, era naturale che tutto il villaggio fosse incuriosito, per cui gli chiesero in coro cosa mai fosse successo, e Nasruddin rispose: "Ho imparato a collaborare con l'inevitabilità della vita. Dopo anni di lotta, ho compreso qualcosa. Ora ho deciso che ciò che deve essere, deve essere. D'ora in poi collaborerò con l'inevitabile, per cui non ho più motivo di essere infelice. Ecco perché sono felice!"

martedì 25 settembre 2007

Verità

Nasruddin è il protagonista di una lunghissima serie di racconti della tradizione Sufi. A volte viene calato nella parte dell'idiota o dello sciocco, altre volte in quella di un grande saggio.
Comunque sia le sue storie servono sempre per riflettere.

A proposito della "Verità" argomento che ho trattato nel mio racconto "Il prisma cangiante", ecco la versione che vede protagonista Nasruddin.


Un giorno Mullah Nasruddin e il Diavolo stavano camminando e conversando amabilmente quando sul loro sentiero Nasruddin vide un frammento di Verita'. Non disse niente al Diavolo per impedire che cadesse preda dei suoi artigli, ma il Diavolo capi' e disse a Nasruddin che per lui non valeva la pena di raccogliere una scheggia cosi' piccola per nasconderla "tanto, se la raccolgono gli uomini, ci fanno subito una Chiesa ed io non corro alcun pericolo".


lunedì 24 settembre 2007

Incertezza

Eì una giornata che si preannuncia con un cielo azzurro elettrico e l'aria tersa.
Di buon mattino sono già sul molo dove intendo trascorrere qualche ora in compagnia di un avvincente libro, sotto il sole che abbronza.
Non c'è ancora nessuno, posso scegliere il posto migliore!
Sì, qui può andare bene. Qualche minuto e decido di spostarmi in un'altra posizione.
Cominciano ad arrivare persone.
Mi sposto ancora, non sono sicuro di avere sfruttato al meglio la possibilità di scegliere dove sistemermi.
Individuo dall'altra parte un buon sito, mi alzo e vado in quella direzione. Purtroppo qualcuno arriva prima di me. Rimango lì fermo, a qualche metro, a rimuginare con disappunto la mia poca prontezza.
Poi mi giro per tornare al mio posto ma oramai anche quello è occupato. Mi rendo conto che devo prendere velocemente una decisione, sono rimaste ormai poche zone libere a altra gente continua ad arrivare.
Mi affretto verso una sporgenza. Eccomi ci sono. Questo posto l'ho conquistato.
Sono effettivamente un po' stretto fra una grassa signora e un bambino invadente, ma riprendo in mano la lettura appena iniziata e provo a concentrarmi.
Un senso di fastidio mi pervade. Improvvisamente mi rendo conto che, il sole, ancora basso ad est è già sparito. Sono completamente in ombra.
Mi alzo, scuoto la fastidiosa sabbia che mi ha riempito una scarpa e me ne vado.

(sogno 20/9)

Qualcosa del genere mi è successo nella vita reale, al cinema.
MariaTeresa ed io, siamo andati a vedere Cento Chiodi di Olmi, in un piccolo cinema d'essai. Siamo entrati con qualche minuto d'anticipo e con stupore abbiamo scoperto che c'eravamo solo noi.
Abbiamo valutato dove sederci con grande calma e poi ci siamo predisposti ad una visione privata, già un po' sparapanzati.
A pochissimi minuti dall'inizio della proiezione è arrivata una nuova coppia di persone, poi ancora un'altra che si è piazzata proprio davanti a noi...
Ci siamo spostati, nel frattempo una coda di persone ininterrotta è andata riempiendo la sala e morale della favola...ho visto il film da una posizione laterale con la testa e il corpo piegati a cercare un varco visibile verso il grande schermo!

venerdì 21 settembre 2007

Sir Biss

Sir Biss diventa improvvisamente dolcile e sorridente.
Qui a sinistra il suo miglior risultato.

"O me l'ha fatta o me la deve fare"

mercoledì 19 settembre 2007

Cibo

  • Pretendere un cibo diverso da quello servito nel self-service e poi consumarlo in piedi, isolato dal resto delle persone.
  • Arrabbiarsi perché il cibo non è sufficiente per tutti i componenti della famiglia e allora procurarsi grande padella in cui friggere qualcos'altro, da soli.
  • Partecipare ad un banchetto con tante portate, dilungarsi sulla preparazione del risotto all'erba luisa, ma comprendere solo alla fine che il salone era affittato "a tempo".

(tre sogni sparsi nell'ultima settimana)



L'azione del mangiare fa parte dei bisogni primari.
I miei figli quando hanno un problema sentimentale, dicono di sentire lo stomaco chiuso.
Io invece sotto stress mangio di più, mangio male, più in fretta, non mastico.

C'è una sensazione di vuoto che il cibo può colmare. A seconda delle circostanze è possibile una reagire con un diverso tipo di eccesso.

Ma in questi tre episodi di sogni sul cibo, mi sembra prevalere il rapporto con chi il cibo lo prepara (figura che alla fine può sempre ricondursi al ruolo protettivo di una mamma).

Vedo la presenza di un bambino capriccioso:
"Voglio un cibo diverso, che sia mio e solo mio e vado a consumarlo sa solo, lontano dagli altri".
"Non hai preparato abbastanza cibo, io sono rimasto senza, è la dimostrazione che non mi ami".
E nell'ultima situazione, ancora un risentimento:
"Il cibo è buono e abbondante ma, per tutto questo, io sto pagando un prezzo troppo alto".

A proposito di risotto all'erba luisa. Ho cercato in rete se esiste una ricetta, io non l'ho trovata. Scartando i liquori e i decotti, quello che si avvicina di più sono "raviore" una ricetta del ponente ligure che prevede la preparazione di fagottini di pasta, ripieni di erbe selvatiche tra cui, appunto l'erba luisa.

venerdì 14 settembre 2007

Il Prisma

Il prisma cangiante

E' lì visibile a tutti, non si nasconde.
Tutti ne parlano, chi lo guarda, chi lo venera, chi ironizza, chi lo studia, chi ne scrive.
C'è una sola certezza: ognuno lo vede diverso.
Voglio dire, se davanti a te hai una tazza gialla e chiedi al tuo vicino cos'è, ti dirà che è una tazza, tutt'al più la forma gli potrà sembrare bizzarra, ma entrambi direte che è gialla, che è capiente o non lo è affatto, e su questo punto, eventualmente, ci sarà solo bisogno di mettersi d'accordo su cos'è capiente rispetto a che cosa.
Ma se davanti ad una tazza gialla, un'altro comincia a dire che è un coltello, un altro che è un armadio, e così via, la cosa non vi sembrerebbe affatto normale.
Ebbene le cose stanno proprio in questi termini.
In quel mondo, in quel tempo, quel particolare oggetto ha questa proprietà: ognuno lo vede diverso!
Così, succede che, coloro che condividono la stessa percezione, si aggregano per fare gruppo e si sentono solidali fra loro.
Più sono, più si sentono rafforzati nelle loro certezze, si radicalizza e si rafforza in loro quel particolare tipo di percezione. Si tramandano la loro verità sul prisma, attraverso scuole, libri, parlatori-girovaghi.

Ma come spiegare la differenza fra chi vede il prisma come una cosa vagamente sferica e chi invece si indigna perchè è inequivocabilmente assimilabile a un cubo?
Oppure, come conciliare le posizioni di chi, avendolo toccato, riceve al tatto la stessa sensazione di morbidezza di una spugna immersa nell'acqua o di chi ne avverte la forza, l'impenetrabilità, la durezza?
Sarà vero che emana calore o bisognerebbe credere a quelli che insegnano ad assaporarne i lievi profumi? C'è da fidarsi della propria percezione più di quella degli altri?

Mi chiedete se c'è qualcuno che bara. Certo che c'è qualcuno che bara! Qualcuno che per convenienza, per debolezza, per tornaconto, per superficialità si schiera di qui o di là, più in sa o più in drè.
C'erano perfino ciechi che dicevano di vederlo in tutta la sua opacità e sordi che giuravano di sentire l'emissione di un sibilo provenire dalle sue profondità.
Ma il fenomeno era troppo vasto per essere spiegato con un complotto o con la malafede generale!

Veramente, bisogna ammettere che, in buona fede, quel prisma si manifestava in maniera differente alla gente, indipendentemente che fosse colta o analfabeta, che provenisse dalle antiche regioni del centro o dai nuovi popoli del dentro.
La questione andava avanti da molto tempo.
Molto tempo significa: migliaia di anni.
Generazioni di individui si succedevano perdendo la memoria delle proprie origini, delle proprie radici culturali, dei propri usi, dei propri eroi, ma la disputa sul prisma continuava ad infiammare senza sosta gli animi.

Che io, al quale tocca raccontare questa storia, il prisma, possa definirlo cangiante è già una interpretazione che, se fossi in quel mondo e in quel tempo, mi attirerebbe parecchi guai.
"Il prisma non è cangiante, il prisma è sempre se stesso, immutabile nel tempo, nello spazio, punto di riferimento ineffabile. Sarebbe meglio scrivere il Prisma con la "P" grande, pretendono o rassicurano alcuni gruppi.

Forse dovrei ripartire dal titolo:

Il prisma (o il Prisma) che per qualcuno è cangiante e per qualcuno no.
O se preferite:
Il Prisma (o il prisma) che per qualcuno non è cangiante per qualcuno sì.
O se preferite...
... capisco che mi devo fermare e correre qualche rischio altrimenti il mio racconto si arena appena iniziato.

Un P(p)risma. Voi pensate a un cristallo. Quegli agglomerati di materia cristallina che colpiti dalla luce del sole sparpagliano i colori come un mazzo di carte da ramino posato sul tavolo da gioco. Ma non è così, è solo la mia approssimazione, la mia incapacità di trovare le parole nel vocabolario che mi costringe ad usare questa metafora.
Cos'altro potrei dire? Che il prisma è una cosa, è un'idea, forse è viva, magari è inanimata, è un'opinione, è soprannaturale, è magica, è antica. E' colorata senza avere colori, ha forma senza avere forma, la si prova interiormente e la si descrive esteriormente. Altro non faccio che confondervi le idee.

Parlerò allora dei gruppi che si sono creati intorno alla sua definizione, anche se, in verità, non mancano i battitori liberi.
La fazione dei "caleiodoscopi" è quella che sostiene una natura deterministica dell'oggetto. Ci sono leggi ben precise, sconosciute ma rigorose che rendono il prisma cangiante. Un giorno, loro ne sono convinti, sapranno prevedere il suo stato attuale con assoluta precisione e forse, a quel punto, potranno anche controllarlo a loro piacimento, per ripetere le loro parole. E' il partito dei ricercatori neo-scientifici, secondo il loro punto di vista l'unico modello di interpretazione aperto e razionale.
Ma i membri di un'altra aggregazione, pur apprezzando la posizione dei "caleiodoscopi" perché riconosce esplicitamente il "cangiamento" sono forti assertori di una interpretazione molto più relativistica. Il prisma "è ciò che ognuno pensa che è". Bisogna, secondo loro, accettare una visione soggettiva. Per questi adepti è la sensibilità che emerge giorno per giorno dalla cultura e dal progresso, che determina l'interpretazione attuale di cosa il prisma è.
Oggi, dicono i "lanternini" (così si chiamano), emerge con assoluta evidenza che il prisma è di forma "osburgalenga" che la sua superficie è "proto matricepilena", domani si vedrà, ma sia ben chiaro che ognuno può esprimere liberamente una interpretazione differente. I "lanternini plus" aggiungono: "Purché non si pretenda di mettere la "P" grande, che non ci si intestardisca con quella vecchia tradizione della immutabilità, coloro che la sostengono sono irrimediabilmente intransigenti e intolleranti e per questo vanno messi alla gogna, sbeffeggiarti e umiliati fino a ridurli a vivere nei loro buchi e ficcargli... ".
Il gruppo a cui si riferiscono è quello dei "persemprini" che in realtà non è un gruppo compatto, ma estremamente variegato. L'unica cosa che li unisce è la "P" grande e l'immutabilità della loro interpretazione.
Il Prisma è una sfera perfetta. No, il Prisma è molti Prisma che formano un tutt'uno. Ma quando mai! Il Prisma è mio. Vecchie idee, il Prisma è l'essenza della Tenue-Energia.
E non finisce qui. E' difficile da credere, ma in quel mondo scoppiano guerre perché al grido di "Il Prisma è Grande" si uccidono gli infedeli, i quali infedeli, da parte loro, non si sentono affatto tali, perché sono convinti che il Prisma stesso ha rivelato loro la sua natura e la strada per conoscerlo.

Ora mi state chiedendo di trarre le conclusioni, di dire la mia.
Il prisma è...è prima di tutto scomodo. Perché comunque lo rigiri, trovi nuove domande e se lo guardi senza pregiudizi devi ammettere che qualunque cosa tu dica è frutto di qualche convinzione che sta a monte e che ti condiziona nel descriverlo.
Il prisma puoi solo...amarlo. Ecco, per quello che ho capito io, è l'unica cosa di veramente sensato che puoi fare. Amarlo. Amarlo perché in quell'anelito c'è tutto e ci sono tutti (con e senza "T" grande).
Solo l'Amore può contenere l'incapacità di conoscere il P(p)risma.

Ma per fortuna queste cose non succedono nel nostro mondo. Da noi non ci sono guerre che scaturiscono da diverse ideologie, religioni e tradizioni. Noi abbiamo imparato a rispettarci. Se un prisma comparisse nel nostro mondo, sapremmo accettare senza intolleranze il differente punto di vista di ognuno.
E se questo nostro punto di vista avesse delle implicazioni sociologiche o morali o economiche, sapremmo tener conto uno dell'altro. Non abbiamo bisogno di essere rigidi, di salvare a tutti i costi i principi e la faccia. A noi interessa l'uomo, il suo benessere profondo, la sua salvezza per sempre. Come siamo fortunati, noi.

PS: Vorrei pubblicare la foto del prisma ma purtroppo essendo "cangiante" e/o "immutevole", la fotocamera è riuscita a fissare solo questa immagine poco significativa.