mercoledì 25 aprile 2007

Montjuic tour

Il 25 Aprile, se si è in trasferta a Barcellona, è un giorno di lavoro come tutti gli altri.
Imperativo di oggi era rompere la routine ufficio-ristorante.
Come si fa? Ci si porta dietro una tuta e un paio di scarpe da jogging, si mettono 20 euro in tasca per prendere un taxi per andare e tornare (a proposito meno costosi che in Italia e più efficienti), ci si fa accompagnare davanti allo Stadio Olimpico di Montjuic, e si comincia a correre verso il Castello. Il parco è ben tenuto, intorno alle mura è tracciato un percorso ginnico con vista mozzafiato sul porto e sulla città. Così mentre si corre si ammirano dall'alto la sagrada Familia in lontananza, la Catedral, la torre Agbar, il villaggio olimpico, la stazione marittima, il WTC, il porto container, il museo d'arte Catalano, la torre di Calatrava.
Un'ora se n'è andata senza rendermene conto. Di sicuro non ho fatto il record mondiale di maratona...

martedì 24 aprile 2007

San Giorgio a Barcellona

Torno a parlare della festa di Sant Jordi (San Giorgio) a Barcellona perchè ho preso qualche informazione.
I protagonisti della leggenda sono il famoso dragone, la bella principessa e il cavaliere San Giorgio.
La festa, il 23 Aprile, è una delle più popolari della Cataluna ed ha una tradizione di 500 anni.
La particolarità sta nel fatto che viene celebrata, per le strade, comprando, dagli innumerevoli banchetti, un libro e una rosa.
Infatti quando san Giorgio, uccise il dragone, appena in tempo per impedirgli di divorare la principessa, dalla ferita mortale sgorgò una meravigliosa rosa rossa, che il cavaliere regalò alla principessa in segno del suo amore.
Ricordando questo gesto, ogni anno gli uomini regalano alla propria donna questo fiore. In cambio le donne donano agli uomini un libro. Il motivo in questo caso è legato ad un fatto reale. Il 23 Aprile 1616 è il giorno in cui sono morti due grandi scrittori: Willian Shakespeare e Miguel de Cervantes (Don Quixote). Si celebra quindi il piacere della lettura.

A dir la verità l'effetto visivo della rambla e del paseo de Gracia, affollati come un branco di sardine in un acquario, non è stato uno spettacolo nè romantico nè culturale. Evidentemente il lato consumistico anche in questo caso ha preso il sopravvento. La tradizione si sta espandendo in varie parti del mondo, compresa l'Italia. Per me è una novità.

Stasera ho mangiato, guidato da Diego, in una trattoria del centro storico. Tavolacci di legno, odore di carne e pesce alla brace. Un posto dove un turista non si fiderebbe ad entrare da solo. Cibo a prezzo economico e semplice, ma meglio di quei falsi ristoranti per turisti che propinano spazzatura.

lunedì 23 aprile 2007

Barcellona e la rosa

Oggi post da Barcellona.
E' iniziata una trasferta che finirà Venerdi prossimo.
Giornata difficile, un po' perchè è iniziata alle cinque del mattino, ma soprattutto perchè l'Alitalia ha perso il mio bagaglio.
La valigia mi è stata recapitata poco fa in albergo. Ma che patire!
E'bello potersi lavare i denti con il proprio spazzolino. Come si apprezzano certi gesti scontati come sapere che domani mattina avrò la biancheria intima per cambiarmi, che stanotte dormirò col mio pigiama. Ormai avevo perso la speranza...
In città pur essendo un giorno lavorativo, c'è aria di festa. La rambla e piazza de Catalunya sono piene di turisti e catalani. Si avanza come salmoni controcorrente.
E' la festa di San Giorgio e per le strade è pieno di banchetti di libri e di rose.
Infatti oggi le spine ci sono state, però ora che la mia valigia disfatta è qui accanto a me tutta la giornata prende un'altro aspetto. E poi stasera ho mangiato la Paella, così subito, tanto per gradire.

giovedì 19 aprile 2007

Martello e Mantello

Pochi giorni fa curiosavo nella rete. Chi è Madeleine Delbrel?
Claudio riportava una sua frase nel blog di pensieri&parole, ma io non la conoscevo.
Così nel sito di Madeleine Delbrel, leggo un po' di biografia e qualche stralcio tratto dai sui scritti. Mi colpisce una affermazione. Ma per capirla bisogna sapere che Madeleine, era cresciuta in un ambiente borghese e scristianizzato, a vent'anni attraverso la preghiera era rimasta, come dirà lei stessa, “abbagliata" da Dio. Vivrà in seguito in un sobborgo parigino operaio e marxista.
A chi, in ambito cattolico, criticherà la sua scelta esporrà un semplice pensiero:
Dio non ha mai detto : Amerai il prossimo tuo come te stesso eccetto i comunisti”.

E i miei pensieri avevano improvvisamente associato, certi atteggiamenti aggressivi che ultimamente sento prendere campo nel mondo cattolico. "Crociate-contro" che finiscono per dimenticare che gli interlocutori sono dei fratelli.
Sulla rete, forse perchè la comunicazione è asincrona e non consente di "vedere" il proprio interlocutore, eccedere in verbosità, radicalizzare il proprio punto di vista, offendere e azzittire, diventa una progressione quasi impercettibile
Stamane il ricordo, nel blog ingenuo di Riccardo, di Igino Giordani, politico italiano della costituente e cristiano impegnato nella vita privata e pubblica, assertore del dialogo con gli avversari, ha fatto ciak con l'altra frase.
Lui diceva di se stesso, che fino ad un certo punto della sua vita si sentiva di essere "il martello degli eretici", ma dopo una esperienza di maturazione si impegnò ad essere "il mantello di Dio".
Riporto qui parte del commento che ho lasciato.


"Purtroppo oggi l'intolleranza cresce anche sulla rete, vedo post e commenti di bravissime persone che conosco, ma che per "difendere" delle idee, dei valori cristiani, scivolano nell'aggressione verbale e fanno diventare i documenti dei vescovi o del papa dei martelli da dare in testa agli avversari, che dimenticano che comunisti, gay, libertini, arrampicatori sociali, gente superfiale, fascisti, cinesi, mussulmani, non credenti, violenti, tutti, sono, prima di tutto, fratelli. Che esplicito, in ogni intervento sulla dottrina, sulla morale, sulla politica, sulla società, dovrebbe campeggiare, a caratteri cubitali una verità di vita vissuta "Ama il prossimo tuo come te stesso" . Igino l'aveva ben chiara e la esprimeva con forza ed impeto."

martedì 17 aprile 2007

Acqua stagnante

Un uomo cammina lungo il sentiero che attraversa l'ampia pianura dove piccoli boschi popolati da alberi dagli alti fusti si alternano a cespugli disordinati di rovi.
Ha smesso di piovere. Un lungo, interminabile, insistente cadere di pioggia che il terreno non è riuscito ad assorbire. Ma quando piove in una zona pianeggante, l'acqua non sa più dove andare e allora si allarga in pozze sempre più larghe, seguendo i contorni di quei piccoli dislivelli che gli vengono offerti. La terra si trasforma in un alto strato di fango appiccicoso dove camminare diventa faticoso, improduttivo, noioso. Se anche si provano a scavare piccoli solchi per liberare il sentiero dal pantano, si ottiene, semplicemente, di spostare un po' più in là la pozzanghera, senza comunque riuscire ad asciugare il percorso.
Si rimpiange il terreno ripido incontrato in altre tappe del percorso, dove l'impetuoso correre dell'acqua modella il terreno, lo trasforma, fa affiorare gli strati nascosti di roccia. Magari si dimenticano i pericoli corsi, le frane che potevano travolgere il viandante o cancellare improvvisamente la strada da percorrere. C'è vita nell'acqua che si muove, c'è un senso di inedia in quella ferma.

(foto tratta da Flickr.com)

domenica 15 aprile 2007

L'unica cosa costante nella vita è il cambiamento

Tratto da "Come aiutare i ragazzi ad aiutare se stessi" di Perry Good (Armando Editore).
La chiave di ogni solida relazione sta nell'accettare che essa dovrà CAMBIARE.
Nessuna relazione cambia così tanto come la relazione genitore-figlio. I bambini crescono di continuo, mentalmente e fisicamente, e i genitori devono continuamente adattarsi a questi cambiamenti.

Lo so, con tre figli: una sposata (25), l'altro che è appena entrato nel mondo del lavoro (22), l'ultimo adolescente (15), dovrei essere un esperto. Non è così, accetto suggerimenti...
Comunque l'idea che l'unica cosa costante nella vita è il cambiamento, è profondamente rispondende alla realtà.
Io allargherei il concetto non solo alla relazione genitore-figlio, ma anche a quello della coppia.
Chi sa che la radice del fallimento di tante famiglie stia proprio in una mancanza cronica di consapevolezza del cambiamento. Si tende sempre ad applicare lo stesso modello. Lo schema utilizzato nella fase iniziale del rapporto. E poi non ci si schioda da lì, con frustazioni, delusioni, fughe, coazione a ripetere gli stessi errori.

giovedì 12 aprile 2007

L'emozione del cibo siciliano

E' consolidata abitudine in casa mia che il Lunedi dell'Angelo si preparino le focaccette ("scacce").
E' una specie di calzone ripieno (ripiegato a forma di libretto) cotto in forno. Il ripieno interno può essere molto vario. Quello che prepariamo noi è formato da ricotta, prezzemolo, cipolla, formaggio, olio, sale, pepe.
Mia moglie, genovese, ha fatto in tempo ad imparare la ricetta direttamente da mia mamma, parecchi anni fa, incluso un piccolo segreto post-cottura per mantenere morbida la crosta e non farla seccare.

Quest'anno ci siamo però cimentati, per il giorno di Pasqua, in una ricetta famosissima, ma mai sperimentata in casa: gli arancini siciliani!
La preparazione non è difficile ma è un po' lunga.
Può sembrare ridicolo, ma quando ho preso in mano il primo pugno di riso, l'ho appallottolato e ho scavato al suo interno lo spazio per il ripeno, ero emozionato!
A dir la verità le prime arancine erano abnormi e con poco ripieno, ma velocemente ho aggiustato il tiro e raggiunto un buon equilibrio.
La friggitura è stata pittosto lenta perchè ho immerso nell'olio due arancine per volta. Vedere la progressiva indoratura della crosta fino ad assumer il caratteristico colore è stato uno spettacolo.
Riguardo agli ingredienti e alla preparazione mi sono reso conto che ci sono moltissime varianti.
Per esempio molte ricette includono lo zafferano per ingiallire il riso, ma altre prevedono che l'effetto si ottenga con la parte liquida del ragù.
In alcuni casi è consigliata l'uso di carne tritata di vitello in altre non è richiesto. Ed ancora il formaggio da usare è il caciocavallo o può andare bene il pecorino?
La pallottola di riso va passata anche nella farina prima che nell'uovo sbattuto e nel pangrattato?
E così via con una serie interminabile di varianti.
Per il momento non ho capito qual è la ricetta originale quindi senza assumermi responsabilità scrivete nel motore di ricerca "arancini siciliani" o "arancine siciliane" o... (sembra che anche sul nome ci sia da discutere) e provate, di sicuro per me è una esperienza DA RIFARE!

martedì 10 aprile 2007

Il palazzo della regina e la carrozzella

Questa volta vi porto a "vedere", attraverso il mio racconto, lo spettacolo di un grandioso castello e di una amabile regina che improvvisamente si dissolve nel momento del bisogno.

La rocca, costruita sulla cima di una parete di roccia, domina il piccolo porticciolo ricavato nell'insenatura naturale. Forse una volta i re e le regine scendevano nella spiaggia attraverso dei ripidi scalini che aggiravano lo strapiombo. Oggi una maestosa, alta, elegante costruzione, ospita un ascensore che cala i suoi ospiti fino ai giardini che dalla base della parete giungono fin sul bordo della banchina, a ridosso del mare.
Dalla posizione in cui mi trovo, torre di salita e castello formano un'unica grande struttura. Colonne di marmo chiaro si innalzano interrotte da balconi e nicchie che contengono statue extra-large, mosse da meccanismi rodati dal tempo e dalla bravura di qualche artigiano. Al battere delle ore si innescano movimenti di corpi scolpiti che ruotano e suoni di campane.
Anch'io come tanti altri turisti guardo a bocca aperta dal basso all'alto quest'opera imponente e vistosa.
"Ci saranno tanti ascensori lì dentro" dico alla Regina che mi sta accanto. Lei invece di rispondermi ride di gusto, amichevole, con l'aria di chi avrebbe ben altri spettacoli da mostrare. Poi scocca l'ora, le statue iniziano a muoversi, i colli si allungano per vedere meglio.
Mi sento spingere alle spalle. Mi sposto di uno scalino. Mi sento ancora spingere alle spalle. Avanzo ancora un po' ma un albero dall'alto fusto mi copre la visuale. Mi sposto di lato per far passare chi mi sta premendo alle spalle, voglio tornare indietro di due passi.
Dietro di me c'era un disabile in carrozzina, spingeva, ma in realtà si ancorava a me. Con sorpresa mi rendo conto che rotola in avanti, in discesa, non sembra poter controllare il suo mezzo. E' una situazione di pericolo. Cerco di bloccare al volo le ruote, gli tendo una mano, lui la afferra, ma poi con rabbia la ritira di nuovo e si lascia cadere a terra mentre la carrozzina riprende la sua corsa a velocità crescente.
"Cosa hai fatto!". Mi rimproverano vicino a me. "Ma non è colpa mia" mi difendo. Sono indeciso, mi fermo per soccorre l'uomo a terra, che non sembra neppure ammaccato o inseguo e recupero la sua carrozzina? Decido per la seconda soluzione ma del trabiccolo non c'è più traccia. Sembra essersi disintegrato in minuscoli rottami che spuntano sparpagliati fra i cespugli in fondo al viale.
Torno indietro con grande disagio e imbarazzo.

Sogno del 6/4


Il castello imponente e la familiarità con la Regina rappresentano una situazione di presunto benessere che in realtà svanisce mentre si subisce una pressione fastidiosa e insistente. Si vorrebbe nascondere dietro uno strato di buone maniere la rabbia istintiva per liberarsene.
L'incapacità di valutare gli effetti provoca il senso di colpa.

venerdì 6 aprile 2007

La nave mercantile

Può un sogno (4/5) rovinare un tramonto sul mare? Può, e racconto come.

Immaginare di essere in una grande casa condominiale e attraverso una finestra scoprire la vista del mare e della foce ad estuario di un largo fiume.
Proprio nella traiettoria dove il sole si avvicina all'orizzonte un castello in controluce e dei pini marittimi che si affacciano sul vuoto degli scogli.
Macchina fotografica alla mano, si cerca di fissare il momento, ma nell'obiettivo si intrufola una nave mercantile che attraversa la foce per passare nel mare aperto.
Una grande nave che avanza decisa e che improvvisamente vira tutta a tribordo, sbanda di poppa, forse spinta anche dal vento e sbatte violentamente contro un'altra piccola imbarcazione che proprio in quel momento incrocia nel tratto di mare. Un urto che disintegra il motoscafo e lo fa affondare insieme al suo equipaggio, lasciando sulle onde, beffardamente piatte, un mozzicone di scafo. Poi come se il mare fosse un'autostrada affollata, sopraggiunge di gran carriera un'altra nave e un'altra ancora, innescando inevitabili e violenti tamponamenti marini.
La macchina fotografica non funziona, il pulsante premuto si rifiuta di fissare quel momento di angoscia.

A parte il ricordo di qualcosa di simile che è avenuto nella realtà, qualche mese fa, nello stretto di Messina, cerco di fissare almeno un elemento di questo sogno.
La nave mercantile che travolge quello che incontra sul suo cammino e prosegue incurante. Io, a persone così potrei dare nome e cognome, le conosco! Capaci di mandare in fumo, col loro "passaggio", anche i momenti più belli, quelli che sono frutto di impegno e tenacia. E poi devi ricostruire e vorresti che il momento non ci fosse mai stato che il click della memoria si rifiutasse di memorizzare il passaggio.

giovedì 5 aprile 2007

Brioche avvelentata

MariaTeresa ha affrontato un argomento che per tanti genitore è "caldo".
L'orario di rientro a casa dei figli.
Fare le tre o le quattro di mattina è diventato "un obbligo", se non lo fai non sei trend o semplicemente ti sentiresti escluso, diverso, imbranato...
Poi c'è questa abitudine di lasciare una brioche sul tavolo per la mamma...

L'argomento mi ha suscitato qualche riflessione. (Come non potrebbe tenendo che conto che i figli di cui parla Mariateresa sono anche i miei?).
Riporto qui sotto il commento che ho fatto al suo post.

Difficile fare un discorso generale, perchè la relazione genitore-figlio, solo per sommi capi assomiglia a quella dei "manuali".
Comunque ci provo:
"...però capite pure noi ragazzi...".
E' vero i ragazzi vanno capiti, ero ragazzo io quando ho sentito questa frase la prima volta ed è stata compagna nella crescita dei miei figli, mi permetto di dire, che è stata quasi come un tabù intoccabile, comunque almeno come un chiodo fisso.
"...mi hai fatto vivere la mia vita, come è giusto che sia..."
Anche questo è un refrain consolidato e sacrosanto. Non è forse quello che desideravo io quando ero ragazzo?
Sì, infatti, non ho imposto il tipo di studi ai miei figli, ho assecondato il loro sentire, non ho imposto a tutti i costi i miei valori religiosi, li ho indirizzati finchè ho potuto cercando di essere soprattutto testimone, ma poi sono come vogliono essere.
Non li ho costretti a studiare musica, a primeggiare a tutti icosti per far contento il papà e la mamma, a prendere dieci a scuola con il ricatto "devi farlo per me, per amore mio".
E mi fermo qui.
Ma...
Qualcosa stride!
Udite udite anche i figli hanno dei doveri!
L'ho detto! Anatema!
C'è un dovere nell'essere genitori che è quello di trasmettere valori, ma anche equilibrio e buonsenso. In definitiva dare gli strumenti per poter affrontare la vita da adulti. Che è un po' diverso da "lasciami fare quello che voglio, ne ho il diritto".
Un genitore si preoccupa di un figlio anche quando ha trenta anni? Non è strano, non è, di per sè, un atteggiamento malato. Poi vediamo caso per caso ma di per sè sarebbe strano il contrario.

Tornando sulla brioche avvelenata, il mio essere adulto mi dice che tornare regolarmente alle tre del mattino non è normale, che qualcosa si è "rotto" nella percezione dei ritmi che scandiscono la vita quotidiana.
Rispondo alla "sposina" con un'altra domanda: "quando smetterai di preoccuparti per il tuo piccolo, ora che sei mamma?".

lunedì 2 aprile 2007

Garibaldi

Quest'anno si festeggia il 200mo anniversario dalla nascita di Giuseppe Garibaldi (Nizza 4 Luglio 1807).
Ne parlo perché nella mia infanzia, in qualche modo, questa figura storica, rappresentò un simbolo importante.
La scoperta della sua figura risale al 1960, avevo 7 anni e si celebrava il centenario della spedizione dei Mille (5 Maggio).
Tutti gli alunni della scuola elementare fummo portati al cinema a veder un film celebrativo dell'impresa.
Rimasi affascinato dalle camicie rosse, dalle battaglie corpo a corpo, dalle cariche della cavalleria. Improvvisamente presi coscienza che si parlava della Sicilia, la terra in cui ero nato, che mi trovavo a Genova da dove la spedizione era partita. Così, in un lampo, Garibaldi divenne il mio eroe, colui che aveva unificato e saldato le mie origini e il mio presente.

Tengo ancora gelosamente custodito, sgualcito dalle decine di riletture e dall'usura del tempo, un libro che in quell'occasione mi fu regalato.
"Garibaldi e i Mille" di Mino Milani patrocinato dal Comune di Genova (Cino del Duca editore), con un'introduzione scritta dall'allora sindaco Vittorio Pertusio.

La partenza
La sera dl 5 Maggio, Genova visse ore indimenticabili di poesia. Mai si erano veduti, per le strade, tanti visi nuovi: mai uditi tanti dialetti, tante canzoni forestiere. E mai occhi di mamma, di sposa di fidanzata erano apparsi così pieni di lacrime...
Nella dolcezza del tramonto, una grande folla si avviava a Quarto. Il mare era azzurro e tranquillo; il sole scendeva nel cielo senza nubi. Spirava una brezza dolce, che carezzava i cespugli oltre le scogliere...

Lo sbarco
La Sicilia apparve, il giorno dopo, 11 Maggio, mentre il sole brillava alto nel cielo del mattino. Dapprima, non fu che una visione confusa - come lontani banchi di nubi -: poi, quando si profilò la costa, quando azzurre nella lontananza, apparvero le montagne... "Sicilia!", si gridò, "Terra! La Sicilia!".
I volontari si accalcarono alla murata; il Generale ed i suoi ufficiali lasciarono la mensa, corsero in coperta...: la Sicilia!
La salutarono con grida d'entusiasmo, alle quali seguì un lungo silenzio pieno di commozione.

domenica 1 aprile 2007

Esiste Dio?

Esiste Dio? Si, esiste.
Esiste Dio? No, non esiste.
Qual è la risposta?
Non c'è risposta perché non c'è domanda.
Se non puoi dire niente di lui che è al di là dei pensieri e delle parole, come puoi chiedere qualcosa su di lui? (1)

...E' la domanda che non ha senso.
Dio non si può conoscere, e l'esperienza che si può avere è quella della nube-della-non-conoscenza.
Magari ci sei dentro, ma non lo vedi. Navighi a vista nell'oscurità e qualunque cosa tu faccia questa oscurità e questa nube restano sempre tra te e Dio. Apprestati dunque a restare in questa oscurità più a lungo che puoi (2).
Per oscurità si intende una mancanza di conoscenza, proprio come una cosa che non conosci o non ricordi è 'oscura' per te, dal momento che non riesci a vederla. Per questo motivo la chiamo nube della non-conoscenza, che si frappone fra te e il tuo Dio (3)

Se Dio c'è, lo conoscerai solo quando potrai incontralo faccia-a-faccia (4). Non ti giudicherà, ma saprai se hai sprecato la tua vita inutilmente perdendo tempo solo a conformarti a rigide regole religiose o sperperando tutto il tuo bene interiore nella piatta sciattura di una vita superficiale, nel disprezzo dell' amore.
Saprai se hai amato e ti giudicherai per sempre.

Se non c'è, non ci sarà alcun giudizio, ma se la tua vita sarà stata vissuta con integrità interiore, nella ricerca del meglio per te e per le persone che ami, se avrai cercato di allargare questo cerchio positivo di valori secondo le tue capacità, allora avrai colto l'unica tua occasione di qui all'eternità per vivere "quella strana casualità di atomi e molecole" in modo intelligente, al meglio di quanto l'avanzamento dell'evoluzione potesse fare.


(1) Un minuto di saggezza di A. DeMello - cap. "dimostrazione"
(2) La nube della non conoscenza di Anonimo del XIV secolo - cap.3
(3) idem - cap.4
(4) S.Paolo, prima lettera ai Corinzi - 13,12: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente.